Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 31/5/2014, 31 maggio 2014
PRONTI, VIA, 42 TOCCHI QUEL GOL DI NEESKENS CANTO DEL CIGNO DELLA MAGIA OLANDESE
[Monaco 1974] –
La fantasia cede il potere nell’esatto istante in cui lo conquista, ossia quando la nuvola bianca di gesso si alza dal dischetto e si spegne nell’aria con uno spruzzo capriccioso, Sepp Maier si tuffa a destra e il pallone entra in porta dritto e basso, al centro. Un attimo dopo Johan Neeskens raccoglie abbracci arancioni. Ecco. L’Arancia Meccanica comincia a morire adesso, solo che ancora non lo sa. Come un cigno. Olympiastadion, Monaco, 7 luglio 1974. Dopo 88” Olanda-Germania 1-0 e i tedeschi non hanno neppure sfiorato la palla. L’arbitro Jack Taylor, macellaio di Wolverhampton, dopo un’azione di 55 secondi in cui la Germania guarda giocare gli altri, ha assegnato il primo rigore della storia in una finale mondiale. È l’ultima che noi italiani vediamo in una tv in bianco e nero, l’ultima che si gioca col pallone a esagoni bianchi e neri: da Argentina ‘78 sarà Tango. Dal via di Van Hanegem per Cruijff ci sono 16 passaggi olandesi e 42 tocchi alla palla, coi bianchi che assistono, rincorrono poi commettono fallo in area su Cruijff. Che è partito da centrocampo e ha affondato in verticale, la palla accarezzata solo col destro, nove volte esatte, Vogts ad arrancare e Hoeness a stenderlo poco dentro il limite.
Rigore. Proteste di Beckenbauer, Neeskens sul dischetto, destro, gol. Merito di Johan e Johan Secondo, come li chiameranno a Barcellona. Cruijff e Neeskens, il Profeta del gol e l’ex terzino che sa difendere, contrattaccare e segnare. Quattro giorni prima, in una semifinale sporca e cattiva, hanno arabescato nel fango di Dortmund il 2-0 al Brasile. L’Olanda è sbarcata in finale da favorita: è allo zenit di un cammino iniziato con l’Ajax e il Feyenoord, Robespierre rivoluzionari del calcio totale. Basta con l’ingessatura dei ruoli, ora tutti sanno fare tutto e con enorme qualità tecnica. Anche se il cielo ha già iniziato ad accartocciarsi: Johan ha lasciato l’Ajax nel ‘73, offeso per non essere stato riconfermato capitano e ingolosito dalle pesetas del Barça; Johan Secondo ha firmato coi catalani pochi giorni prima della finale; l’Ajax ha vinto tre Coppe dei Campioni in fila ma l’ultima l’ha ceduta al Bayern di Beckenbauer, Breitner e Gerd Müller. Proprio gli avversari di questa finale, la prima della modernità e ultima propaggine degli anni Sessanta: ognuno dei 22 in campo ha i capelli lunghi, persino Vogts che ha una chierica grande come Marienplatz ma pure i boccoli fino al collo. E tutti con gambe lunghe e magre, tranne Vogts e Jansen, l’euclideo Overath, il factotum Breitner e Gerd Müller, il sedere basso più mortifero del mondo in un’area. Breitner e Müller rovesciano il cielo già nel primo tempo, perché l’Olanda dopo l’1-0 altro che calcio totale: è calcio parziale, calligrafico, compiaciuto, mentre i tedeschi si rianimano fino alla percussione di Holzenbein, fallo di Jansen, altro rigore, Breitner trasforma. Poi Bonhof per Müller in area, stop all’indietro, sovrumana rotazione delle anche e destro da cobra in controtempo sul portiere Jongbloed, 2-1. Nella ripresa i tedeschi tengono, l’Olanda non si raccapezza e al massimo sfiora un gol, Cruijff sparisce. Beckenbauer alza la coppa. Quelli della già ex Arancia Meccanica hanno volti smarriti. Cruijff è alla fine del suo primo e ultimo Mondiale, ha la sete dello sconfitto: prende una borraccia da un compagno, toglie la cannuccia, beve dal collo, rimette la cannuccia e restituisce la borraccia. Con loro non vuole più condividere nulla. La rivoluzione è finita. Il cigno è spirato.
Andrea Sorrentino, la Repubblica 31/5/2014