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 2014  maggio 31 Sabato calendario

AMAZON RECLUTA DIECIMILA ROBOT “MA NON LICENZIAMO”


Il lavoro è finito, restate pure a casa. La fine ha un luogo e una data molto precise. Seattle, nello stato di Washington, 21 maggio. Nel teatro Repertory per il secondo anno consecutivo, mercoledì scorso, era in programma l’assemblea annuale degli azionisti di Amazon. All’inizio il fondatore Jeff Bezos ha ripetuto il suo mantra per cui loro sono sempre al “Day One, il giorno 1”, come una startup, anche se sono stati fondati vent’anni fa a luglio. Ma la solita solfa non poteva bastare con il valore delle azioni che ha perso il 25 per cento dall’inizio del 2014 a causa dei costi crescenti. E così poi Bezos ha fatto l’elogio funebre del lavoro come lo conosciamo: ha annunciato diecimila assunzioni entro la fine dell’anno. Solo che non saranno uomini e donne. Saranno robot. Diecimila robot magazzinieri per smistare le merci del colosso mondiale del commercio elettronico. «La buona notizia — ha aggiunto Bezos — è che nessuno degli 88400 dipendenti sarà licenziato per questi arrivi». Per ora, almeno. In realtà le buone notizie per Amazon sono molte di più: i diecimila magazzinieri non avranno nessun contratto, né diritti, né ferie, né orari. Non protesteranno in maniera plateale per le condizioni di alcuni magazzini o perché manca l’aria condizionata e fa un caldo terribile d’estate come accaduto un paio di anni fa (e l’aria condizionata è arrivata). Non avranno bisogno di sindacati. No, lavoreranno e basta. Gireranno silenziosi fra gli scaffali, individuando il libro o il gadget da consegnare senza fiatare. E magari fra qualche mese scopriremo che assieme ai magazzinieri Amazon ha abolito anche i postini visto che stanno sperimentando i droni per le consegne. Dev’essere così il paradiso del capitalista.
La cosa stupefacente che a fronte dell’ingresso di diecimila robot Amazon non avrà bisogno di assumere neanche un “umano” per gestirli. Neanche un ingegnere. Infatti nove mesi fa l’azienda aveva già “assunto” 1328 robot magazzinieri per tre magazzini. Era un test, evidentemente è andato bene. Anche i robot sono di Amazon. Cioè sono di Kiva System, una società che Amazon ha comperato due anni fa per 775 milioni di dollari. I robot di cui parliamo non sono antropomorfi, non assomigliano a noi insomma. Sono dei coccinelloni arancioni a rotelle. Nei filmati in rete li si vede girare in fabbriche senza presenza umana. È il nostro futuro prossimo? Qualche mese fa due ricercatori, Carl Frey e Michael Osborne, hanno pubblicato una ricerca sul futuro del lavoro ipotizzando che nei prossimi vent’anni delle professioni vengano svolte totalmente da robot. Il risultato? Gli unici al sicuro, hanno concluso, sono i dentisti, i personal trainer e i preti.
In realtà le cose non sono così tragiche. Infatti il saldo fra i posti di lavoro perduti e creati da Internet nel mondo occidentale resta molto positivo: ieri per esempio a Pisa è stata incoronata startup dell’anno Ennova, un’azienda di Torino che ha assunto trecento persone. È questo il vero Jobs Act di cui si parla. «Ci sono molte ragioni per essere scettici sul fatto che l’automazione lascerà l’umanità senza posti di lavoro», ha scritto sul New York Times l’economista Tyler Cowen, autore di un libro fondamentale: “Average Is Over”, la media è finita, dove la media è anche la classe media. L’innovazione in corso insomma starebbe attaccando la borghesia, e alla fine si salveranno soltanto i superbravi. Più ottimisti due studiosi del MIT, autori di “The Second Age Machine”, per i quali, come già accaduto in passato, questa rivoluzione tecnologica porterà immensi benefici a tutti. Se faremo in tempo a uscire dalla crisi. Ma queste sono teorie. La cronaca con cui confrontarsi è per ora molto diversa. E mentre tutti guardano alle mosse di Bezos a Seattle, la vera frontiera del lavoro perduto è a Shenzen, in Cina. Qui c’è Foxconn, il colosso della manifattura di gadget elettronici che qualche anno fa ha fatto scandalo per la catena di suicidi fra i suoi dipendenti (un milione e 200 mila dipendenti). Non si è mai accertato se i 14 suicidi del 2010 fossero davvero in relazione alle condizioni degli stabilimenti. Ma intanto nel novembre 2012 diecimila robot hanno fatto il loro ingresso in fabbrica. E ora l’obiettivo, in collaborazione con Google, è arrivare a un milione. Un milione di robot.

Riccardo Luna, la Repubblica 31/5/2014