Roberto D’Alimonte e Aldo Paparo, Il Sole 24 Ore 1/6/2014, 1 giugno 2014
RESTA IL CENTRO-DESTRA IL «SECONDO POLO» ALLE URNE
Il grande successo del Pd di Renzi alle europee ha fatto passare in secondo piano il risultato delle amministrative. Eppure il primo turno delle elezioni comunali ci ha restituito una fotografia dell’Italia diversa da quella della consultazione per il Parlamento europeo. Intendiamoci: il Pd ha vinto anche in questa arena. Quello che invece cambia è il tipo di competizione. A livello europeo lo scontro era Pd-M5s, a livello locale invece è tornato ad essere centrosinistra contro centrodestra. La differenza la fa - naturalmente - il sistema elettorale.
Le europee sono una corsa per partiti singoli perché il sistema proporzionale con cui si vota non richiede accordi preventivi. In questa arena si contano dunque i partiti e non le coalizioni. Fin dall’inizio della campagna elettorale la sfida per il primato è stata percepita come un affare che riguardava il partito di Renzi e quello di Grillo. Forza Italia è sempre stata vista come il terzo polo. A livello locale invece le cose stanno diversamente. La corsa per eleggere sindaco e consiglio nei comuni con più di 15.000 abitanti è un affare che riporta in primo piano le coalizioni. Il sistema non è un proporzionale quasi puro come alle europee, ma un proporzionale con premio di maggioranza e ballottaggio. Vince il candidato sindaco che ottiene al primo turno il 50% più uno dei voti. Se nessuno ci riesce i due candidati più votati si sfidano due settimane dopo al ballottaggio. Con questo sistema le coalizioni sono importanti. E quando si parla di coalizioni il M5s sparisce di scena perché è un partito irrimediabilmente solo. Per questo recede al terzo posto cedendo il secondo al centrodestra.
Dei 28 comuni capoluogo (comprendendo Cesena) dove si è votato Domenica scorsa in 10 casi la partita è già finita al primo turno. In 9 comuni ha vinto il centrosinistra. Solo a Ascoli Piceno l’ha spuntata il centrodestra che presentava il sindaco uscente. In nessun comune ha vinto il M5s e solo a Reggio Emilia e Campobasso è arrivato secondo. In 18 comuni l’esito della competizione è dunque rinviato al secondo turno che si terrà Domenica 8 Giugno. Con quali duelli? In 14 casi la sfida sarà tra un candidato del centrosinistra e uno del centrodestra. Solo in due casi - Modena e Livorno - lo sfidante del candidato di centrosinistra sarà un esponente del M5s. Il terzo caso è anomalo. Infatti a Potenza il candidato del centrosinistra affronterà un candidato sostenuto da Fdi e due liste civiche. Infine a Caltanissetta il candidato sostenuto dal Pd dovrà vedersela con uno sostenuto solo da liste civiche. Come andrà a finire in questi 18 comuni? A Bergamo, Biella, Cremona, Urbino e Foggia l’esito è troppo incerto per fare un pronostico. A Pavia e Teramo invece dovrebbero vincere i sindaci uscenti del centrodestra che in entrambi i casi hanno margini di vantaggio che sembrano incolmabili. Lo stesso si può dire a favore dei candidati di centrosinistra a Verbania, Modena, Perugia, Terni, Bari, Caltanissetta (dove il Pd è alleato dell’Udc) e Potenza. Anche a Vercelli e a Pescara Pd e alleati hanno un vantaggio importante ma non decisivo.
I due casi forse più interessanti sono Padova e Livorno. Nel capoluogo veneto il sindaco uscente del centrosinistra si presenta in testa dopo il primo turno, ma ha raccolto solo un voto su tre e può contare su un margine davvero ristretto sullo sfidante appoggiato da Fi, Lega e Fdi. Il fattore decisivo potrebbe essere il comportamento al secondo turno di quel 10% di elettori padovani che al primo turno hanno votato per Maurizio Saia, ex senatore Pdl, fuoriuscito al momento della scissione di Fli e sostenuto in queste comunali da Ncd-Udc. A Livorno è la prima volta che si va ballottaggio per eleggere il primo cittadino. Mai il centrosinistra aveva fallito l’obiettivo di vincere al primo turno. Invece stavolta il suo candidato si ferma appena sotto al 40%. Si presenta al secondo turno saldamente in vantaggio, avendo comunque raccolto oltre il doppio dei voti del secondo classificato, il candidato sostenuto dal M5s. Ma la partita non può considerarsi chiusa. Parma insegna anche se i tempi sono diversi.
Fatti tutti i conti, si può stimare che il secondo turno dovrebbe essere molto favorevole al Pd di Renzi. Cinque anni fa vinse in 16 capoluoghi. Questa volta potrebbero essere molti di più. In ogni caso, comunque vadano i ballottaggi, sappiamo già che il M5s è il grande sconfitto di questa consultazione, come lo è stato in quella per le europee. Certo, se vincesse a Modena o a Livorno dove è ancora in corsa potrebbe consolarsi. Ma non siamo più al tempo del ballottaggio vinto da Pizzarotti a Parma quando le aspettative erano modeste e quella vittoria segnò l’inizio di una crescita che sembrava inarrestabile. Adesso il giudizio è diverso. A distanza di anni il M5s, che è nato come movimento di base, continua a far fatica a sfidare con successo l’organizzazione e il personale dei partiti tradizionali. Come l’anno scorso ha dimostrato di nuovo di essere un partito più nazionale che locale. È la leadership di Grillo a fare la differenza. E nei comuni si vede. Nei 28 capoluoghi il divario di voti tra quelli ottenuti alle europee e quelli delle comunali è nettissimo anche se presenta interessanti variazioni territoriali. Nei comuni della zona rossa il risultato dei candidati sindaci è, in media, di circa 5 punti inferiore rispetto a quello della lista alle Europee. Al nord questa differenza cresce fino a sfiorare i 7 punti percentuali. Ma nei capoluoghi del sud arriva a superare i 15 punti percentuali.
In conclusione, è una Italia a due facce. Almeno per ora. Nonostante il centrodestra sia uno schieramento in crisi, il M5s non è riuscito neanche questa volta a prenderne il posto. A livello locale il bipolarismo italiano è ancora quello classico della Seconda Repubblica con Pd e alleati contrapposti a Fi e alleati. E con l’Italicum sarà molto probabilmente così anche a livello nazionale. Grillo può attendere.
Roberto D’Alimonte e Aldo Paparo, Il Sole 24 Ore 1/6/2014