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 2014  giugno 01 Domenica calendario

ECONOMIA GLOBALE IN AFFANNO


Tutta colpa del tempo? Il clima invernale curiosamente ha dominato l’andamento di diverse economie: mite in Europa, ha per esempio sospinto le costruzioni in Germania che è cresciuta dello 0,8% trimestrale (gli americani direbbero "del 3,2% annualizzato"); gelido in America, ha frenato l’attività degli Stati Uniti, che si sono contratti dell’1% annualizzato (noi europei diremmo "dello 0,25% trimestrale").
Si potrebbe archiviare il primo trimestre dell’anno parlando di temporanee alterazioni di una tendenza ben definita: una ripresa non robusta ma cadenzata negli Usa, e più debole in Eurolandia. Qualcosa però ha sorpreso, in entrambi i paesi: la debolezza delle esportazioni. Negli Stati Uniti sono calate dello 0,8%, in Germania sono aumentate del solo 0,2 per cento. In entrambe le economie le importazioni sono andate meglio, e questo segnala che entrambe sono sane e che le cose continueranno o riprenderanno ad andar bene anche questa primavera. Anche se gli analisti privati ormai indicano per gli Usa una previsione di crescita per il 2014 ben al di sotto del 2,8% indicato dal Fondo monetario internazionale ad aprile. Per BoA Merrill Lynch si fermerà al 2,3%. Per Barclays - dopo i dati del primo trimestre - potrebbe non andare oltre l’1,9%: gli investimenti, spiega una ricerca di Michael Gapen, seguiranno l’andamento del resto dell’economia invece di guidarla, e resteranno moderati.
Quel brutto dato del primo trimestre americano segnala allora qualcosa in più degli effetti di un inverno rigido. Non a caso dietro i numeri del Pil già emerge una flessione di tutti gli investimenti e uno svuotamento delle scorte, non colmate dalle aziende. In questo secondo trimestre sembra scontato un rimbalzo dell’attività e tra qualche settimana si celebreranno i ritrovati successi degli Usa, ma il resto dell’anno non dovrebbe essere altrettanto brillante. Se, inoltre, gli acquisti di beni capitali seguiranno l’economia, invece di guidarla, è alle esportazioni che occorre allora tornare per capire cosa accadrà. Anche perché mancano all’appello un po’ dappertutto. Gli unici dati disponibili riguardano solo l’export di merci (escludendo i servizi, dunque) dei paesi del G-7 e dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica): in complesso sono calate di un robusto 2,7% e solo Italia e Germania si sono mosse in controtendenza.
Il resto del mondo è dunque parte integrante di questa storia. Nel senso che hanno determinato l’andamento delle esportazioni degli Stati Uniti e saranno a loro volta condizionate dalla forza limitata della domanda globale e quindi anche americana. Il progressivo rallentamento della Cina, che solo in parte è una scelta del Partito Comunista, insieme alla recessione in Thailandia, bloccata dalle tensioni politiche, hanno fatto rallentare l’intera area asiatica, con la sola rilevante eccezione di Singapore - che tende a seguire il ciclo degli Stati Uniti ed è un buon termometro della salute dell’interscambio globale - e della Malaysia. Il Giappone aspetta ancora risultati dal deprezzamento dello yen, che avrebbe dovuto far aumentare le sue esportazioni, mentre la ripresa di Eurolandia resta debole e incerta. Gli altri paesi dei Brics fanno inoltre i conti con gli squilibri delle loro economie.
Gli analisti restano però ottimisti. Puntano molto sulla domanda domestica di Stati Uniti, Germania e Cina, che potrebbe rivitalizzare il commercio internazionale. Guardano alla politica monetaria di Pechino, che dovrebbe tornare espansiva; a quella della Banca centrale europea, sulla quale ci sono grandi aspettative; alla Fed che programma di aumentare i tassi nel 2015 ma manterrà comunque un orientamento accomodante a lungo.
È indubbio infatti che la ripresa vada sostenuta con gli strumenti della politica economica: su questo punto l’ultimo rapporto dell’Ocse è stato molto chiaro. I leading indicator elaborati dall’organizzazione parigina, del resto, non forniscono una diagnosi chiara: una loro inversione di tendenza segnala un analogo andamento dell’economia con sei-nove mesi di anticipo, ma a maggio appaiono tutti nel limbo. Hanno rallentato o sono lievemente calati ma non in modo da dare un’indicazione netta sulla tendenza della ripresa. Quasi a dire che l’economia globale resta in bilico e ha bisogno di un sostegno per riprendere in sicurezza la sua marcia in avanti.

Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 1/6/2014