Mattia Feltri, La Stampa 1/6/2014, 1 giugno 2014
IL TRISTE CIMITERO DEI PARTITI DELLA SECONDA REPUBBLICA
Gli ultimi caduti sono di pochi giorni fa: l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro, i Verdi nella versione Green Italia, Scelta civica, Fare per fermare il declino, il Centro democratico di Bruno Tabacci, questi ultimi tre federati in un unico simbolo- Scelta europea - buono a raccogliere un indivisibile 0.72 per cento, 192 mila voti. I partiti suddetti negheranno di appartenere alla mesta categoria, prometteranno vigorosi ritorni alla salute e pronti riscatti, che naturalmente auguriamo loro, e però la tendenza alla moria di questa Seconda repubblica sta assumendo dimensioni drammatiche: dalle elezioni politiche del 1994 a quelle europee della scorsa domenica è nato un numero di partiti che ha abbondantemente superato il centinaio, e quasi tutti si sono dissolti fra un giro alle urne, una spericolata alleanza, un piccolo cambio di brezza nei gusti del popolo volubile. Per capire che assurdo campo di battaglia sia stato il ventennio, sarebbe sufficiente andare a rivedersi la composizione del primo Parlamento composto dopo l’introduzione della legge elettorale maggioritaria, quello del primo governo Berlusconi. C’era l’alleanza dei progressisti composta, in ordine alfabetico, da Alleanza democratica (defunta), Cristiano sociali (defunti), Federazione dei verdi (si veda sopra), la Rete (defunta), Rifondazione comunista (dispersa), Pds (defunto), Psi (defunto, poi riesumato in vari tentativi), Rinascita socialista (mai rinata, defunta). Poi c’erano Forza Italia (defunta e riesumata), il Partito popolare (defunto), Alleanza nazionale (defunta e ora riesumata dai F.lli d’Italia), il Centro cristiano democratico di Pierferdinando Casini e Clemente Mastella (defunto), il Patto Segni (defunto), i Comunisti unitari (defunti). E siccome non pareva abbastanza, si inaugurò quella tendenza a mettere in piedi minigruppi in corso di legislatura, fra cui si ricordano uno Scudo crociato, una Lega italiana federalista, una Sinistra democratica, tutta roba evaporata nella distrazione generale.
L’unico partito veramente sopravvissuto a quella breve legislatura e ancora in forze, dopo malattie, guarigioni e ricadute, è la Lega Nord. Ci sarebbero anche i radicali, allora presenti con la Lista Pannella, e oggi fuori dalla competizioni elettorale per protesta contro il regime e, si sospetta, per scarsa competitività. Quella legislatura inaugurò una politica diversa, molto più individuale, il che sarebbe stato anche al passo coi tempi se l’affermazione di sé fosse coincisa con quella del paese. E infatti tutti sanno che la Seconda repubblica è stato il tempo in cui i partiti non cambiavano leader, ma i leader cambiavano partito, o almeno gli cambiavano il nome. Uno come Casini, per esempio, ha comandato il Ccd, l’Udc 1 e l’Udc 2. Del Ccd abbiamo detto, l’Udc 1 in teoria si doveva scrivere UDC, stava per Unione dei democratici cristiani e di centro e unificava, appunto, il Ccd, il Cdu di Rocco Buttiglione e Democrazia europea di Sergio D’Antoni. Tutta roba seppellita. L’Udc 2 si scrive UdC e tiene assieme il vecchio UDC, la Rosa per l’Italia di Savino Pezzotta e i Popolari-Margherita di Ciriaco De Mita. Un vorticare da emicrania, ma non è che Casini abbia l’esclusiva di questi andirivieni: Gianfranco Fini seppellì il Msi per An, seppellì An per il Pdl, seppellì il Pdl per Futuro e libertà e alla fine ci si dovette mettere una pietra sopra.
Ci sono stati anche partiti gloriosi, o almeno corposi, durati una sola stagione, come i Ds e la Margherita, il cui fondatore, Francesco Rutelli, la sciolse nel Partito democratico da cui poi uscì lanciando Api (Alleanza per l’Italia), ora dispersa in qualche sanatorio parapolitico. O di rilevanti, come l’Udr di Francesco Cossiga, messo insieme e poi gettato per sostenere Massimo D’Alema a palazzo Chigi. E ce ne sono stati di trascurabili, emersi e sommersi senza lasciare segno, roba come gli Ecologisti democratici o il Movimento repubblicani europei, come Fareitalia per la costituente popolare o Popoli sovrani d’Europa, e sono partiti, questi, transitati in Parlamento magari per pochi mesi: se tenessimo conto della lista Forza Roma o di quella Bunga Bunga o dei Poeti d’azione - tutti simboli registrati al Viminale - entreremmo in dimensioni che non siamo più in grado di gestire. Già la legislatura 2008-2013, quella della passione berlusconiana e dell’arrivo di Mario Monti, vide soltanto a Montecitorio l’alternarsi di trentatré partiti, talvolta costituiti da un solo deputato. Fu la legislatura dei Responsabili di Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, ed è un nome che forse suona familiare. Ma chi ricorda Iniziativa liberale o Lega Sud Ausonia? Chi mai dedicherà loro un pensiero? E da quale pathos potremo mai essere mossi, abituati come siamo a una strage rituale e spesso pianificata, davanti agli ultimi caduti di questi giorni?
Mattia Feltri, La Stampa 1/6/2014