Giusi Fasano, Corriere della Sera 31/5/2014, 31 maggio 2014
L’UOMO ACCUSATO DALLE PAROLE CHE CERCAVA SU INTERNET
C’è un uomo davanti a un computer che cerca informazioni su Google. Le sue mani digitano «sovradosaggio valium». Sono le 15.32 del 3 febbraio 2013, domenica. Quelle stesse dita nei giorni precedenti avevano chiesto al motore di ricerca informazioni tipo «quanti sono gli incidenti stradali in Italia», oppure «infortunio conducente», o anche «quanto impiegano le assicurazioni a liquidare un decesso da infortunio».
Quell’uomo si chiama Ivan Zucchelli, ha 48 anni, è un albergatore e oggi è in carcere. È accusato di aver ucciso, colpendola alla testa con un oggetto mai trovato, la sua amica farmacista Daniela Sabotig, trovata morta in fondo a una scarpata in Val di Ledro (Trento) la notte fra il 4 e il 5 febbraio dell’anno scorso, due giorni dopo le ricerche di lui sul Valium. Particolare non secondario: Daniela, che aveva 54 anni, considerava Ivan ben più di un amico e gli aveva in pratica affidato la gestione del suo patrimonio. Lui aveva una procura per vendere gli immobili di lei, era il beneficiario della sua polizza vita, conosceva account e password dei suoi conti in banca e per anni Daniela — uscita da un matrimonio burrascoso e malata di sclerosi multipla — l’ha considerato l’uomo sul quale avrebbe potuto contare per sempre. E invece, dice adesso l’inchiesta della procura di Rovereto, lui puntava soltanto ai soldi e alle case della farmacista. Questo hanno svelato i tanti passaggi-chiave delle indagini e questo conferma adesso la perizia sul computer di Zucchelli che l’ingegnere informatico Paolo Reale ha consegnato la settimana scorsa all’avvocato della famiglia Sabotig, Paolo Dal Zilio.
Si scopre che pochi giorni prima dell’omicidio l’albergatore non soltanto cercava di documentarsi sui tempi per «liquidare un decesso da infortunio» ma anche sugli effetti del sovradosaggio di Valium, farmaco che Daniela prendeva (assieme ad altri) per via della sua malattia. Perché quella ricerca? Stordire la vittima per renderla meno reattiva faceva parte del piano? Le risposte che arrivano dall’esame tossicologico spiegano che la sera prima di morire Daniela aveva «assunto una dose terapeutica di Diazepam», il principio attivo del valium (Bdz). E dice inoltre il consulente del pubblico ministero: «Si può ragionevolmente ritenere che l’urto subito in fronte, unitamente all’effetto farmacologico determinato dall’assunzione di Bdz possa avere prodotto una perdita di coscienza». Quanto esattamente ne abbia preso e se in modo consapevole non si saprà mai.
Si conosce invece, a distanza di oltre un anno, la disperazione di Ivan Zucchelli per la sua situazione finanziaria che prometteva un futuro pieno di guai. Nella sua casella di posta elettronica, l’ingegner Paolo Reale ha scovato il testo di una email che lui ha scritto a sua madre il 14 novembre 2012. Agli occhi del pubblico ministero Fabrizio De Angelis, quella email è il movente. È lui che annaspa per rimanere a galla nel suo mondo fatto di polizze, compravendite, investimenti in borsa, carte di credito...
È proprio per una difficoltà finanziaria che supplica sua madre: «Ti scrivo perché desidero che tu capisca appieno la ragione dell’insistenza con la quale chiedo da otto mesi a papà e a te di provvedere alla cancellazione della fidejussione bancaria accesa sul conto corrente al Credito Cooperativo Alto Garda di Torbole (...) perciò ti chiedo di insistere con papà affinché si rivolga a... o ad altri entro il prossimo mese poiché oltre non posso aspettare...».
La consulenza informatica, dopo aver elencato le credenziali di accesso dell’indagato sui conti della vittima, si spinge fino all’ipotesi di una «concreta possibilità che dal computer di Zucchelli possano essere state inviate comunicazioni utilizzando l’identità digitale di Daniela Sabotig, presente e memorizzata sul sistema anche in assenza della stessa».
Tutto questo mentre lei confidava nella vicinanza e nell’aiuto di quell’uomo che umanamente la ignorava al punto da non dirle nemmeno di essersi sposato. «Questa morte ha risolto molti problemi» è stato uno dei suoi primi commenti dopo l’auto nella scarpata. Quella notte ha raccontato di essersi salvato per caso e che lei è morta dopo aver battuto la testa durante lo schianto. Le indagini dicono che il colpo alla fronte che l’ha uccisa non è compatibile con la dinamica dell’incidente. Chissà se una ricerca su Google riuscirebbe a dimostrare il contrario...