Paola D’Amico, Corriere della Sera - La Lettura 1/6/2014, 1 giugno 2014
SFIDO UN PIANISTA CON 53 DITA PER INSEGNARE DA CAPO LE EMOZIONI
Un uomo e un robot s’affrontano in un duello senza esclusione di colpi. Un pianoforte gran coda è la loro arma, la musica il campo di battaglia sul quale misurarsi. Roberto Prosseda (l’uomo) e Teo Tronico (l’automa) s’incalzeranno sulle note di Scarlatti, Mozart, Chopin, Liszt, Rachmaninoff, Scott Joplin, Conlon Nancarrow, lunedì 9 giugno, ospiti dell’Auditorium «Giovanni Arvedi» del Museo del Violino di Cremona, in apertura della XXXIV edizione della rassegna Spazionovecento.
Teo è perfezione allo stato puro: può suonare riproducendo letteralmente un file Midi (Musical instrument digital interface ), linguaggio informatico più interfaccia hardware. Teo parla, interagisce, muove la testa, la bocca, le pupille, le palpebre, le sopracciglia, si può girare verso chi gli è vicino. «Non può sbagliare né barare, è tutto ciò che l’uomo vorrebbe essere — racconta Prosseda — e non può essere, efficiente e preciso. Ma ancora non ha il cuore».
Comincerà proprio così la sfida tra virtuosi, con il robot che pone il problema del pianista-uomo, ormai obsoleto, e l’artista che si difende, costringendo il pubblico a concentrarsi, per cogliere le differenze, che spesso sono solo sfumature ma ci sono, nelle loro esecuzioni.
«Abbiamo perso il gusto e l’abitudine a concentrarci. Le sfumature non sono “un di più” — continua Prosseda — bensì possono far percepire o meno un’emozione...». E qual è il compito di un artista se non «risvegliare le emozioni»? «Devono già essere presenti in chi ascolta, il nostro ruolo di musicisti è farle uscire. Io credo nell’energia che si crea in un concerto, nella relazione tra persone. Quando suono da solo, non riesco a tirare fuori tutte le emozioni come accade quando sono in concerto».
La fantascienza, però, racconta di macchine capaci di emozioni: in Blade Runner le storie d’amore tra uomini e replicanti, nel film Her la passione travolgente, ricambiata, di un uomo per la voce del suo smartphone. «Certo, vedendo Teo, si comincia a dubitare, ci chiediamo se un sistema operativo potrà imparare un giorno le emozioni». La sfida dell’uomo con il robot va in scena nel tempio della musica. «Non è un modo di far parlare di me, non è circo», precisa Prosseda. E Teo non è un antagonista, bensì il suo migliore alleato per avvicinare il pubblico alla musica. «Il mondo — aggiunge — è pervaso dalla tecnologia e i mezzi che stiamo creando rischiano di rubarci l’anima, ecco perché dobbiamo ritrovare oggi più che mai la nostra identità attraverso le nostre radici, l’arte, la cultura, la letteratura. Ho scelto Teo come alleato, perché è spiazzante e attrae chi non metterebbe mai piede in una sala da concerto». Ecco il grande tema che gli sta a cuore e che ritorna al centro: «Dobbiamo ri-educare all’ascolto. Già prima di incontrare Teo Tronico, cinque anni fa, il mio format prevedeva di guidare lo spettatore all’ascolto, dare una possibilità di comprendere meglio i testi musicali. Oggi, infatti, c’è il rischio che un bambino abbia l’imprinting musicale attraverso le melodie di un videogame o la suoneria di un telefonino: che dunque pensi alla musica come a quella prodotta da un robot».
La musica per eccellenza, invece, è per il nostro artista quella «dal vivo» ed esiste in quanto «condivisione di emozioni». Ma per condividere occorre avere un retroterra culturale comune. Di qui la necessità di ri-costruire, formare ex novo il gusto degli spettatori, «perché migliori la loro esperienza dell’ascolto, perché possano avere un ruolo più attivo e critico rispetto alle informazioni commerciali. Si provi a pensare al mondo dei vini, dove i sommelier affinano il gusto per apprezzare i vini migliori. Nel mondo della musica sono troppo pochi tra il pubblico i sommelier in grado di capire e apprezzare una interpretazione o un nuovo autore».
Il maestro si sta spostando tra Nuova Zelanda e Australia per un tour che alterna master di formazione a concerti. Gli parliamo via Skype, divisi da uno schermo. In cosa Teo Tronico supererà il maestro? «Per Teo, in programma c’è un brano concepito per player piano . Lì mi batterà e lo ringrazierò, perché grazie a lui è possibile riascoltare un repertorio che ha una sua identità molto forte. Hanno scritto per pianola molti autori, da Stravinsky a Hindemith ». Il pianoforte automatico (o autopiano) riproduceva brani musicali preparati su strisce di carta perforata. «Dico di più, quando Teo esegue quel repertorio concepito per la macchina mi dà emozioni. Ma anche in questo caso — continua il protagonista del duello tra virtuosi — è necessario avere delle chiavi di lettura. Anche nei confronti della musica si può essere razzisti, perché spesso non ci piace quello che non comprendiamo».
L’automa sul quale si accenderanno i riflettori, al Museo del Violino, nell’ultima versione 3.0 ha 53 «dita», che s’appoggiano ad altrettanti tasti. Il suo ideatore, Matteo Sozzi, di Imola, sta già lavorando per portarlo a 88 dita, così da coprire l’intera estensione di un pianoforte. Questo è il sogno nel cassetto di Teo o di Roberto Prosseda? «Forse è più un mio sogno. Una sfida che continua... In fondo, il nostro duello è finalizzato a enfatizzare differenze e peculiarità di uomo e robot, ciò che solo l’automa può fare e viceversa. Il robot può eseguire musiche come quelle di Stockhausen talmente complesse, con così tante voci, che nessuna mente umana sarebbe capace di suonare con precisione». Prosseda è l’uomo delle sfide, come quella che l’ha portato a riscoprire i testi dimenticati, mai pubblicati né eseguiti, di Felix Mendelssohn, riuscendo a completare nel 2009 un catalogo sistematico delle opere. «Quella per Mendelssohn è una passione nata quando ero al conservatorio, ero un ragazzino, avevo 13 anni, mi innamorai perdutamente del suo lirismo che non era mai troppo. Chi fa musica non deve mai ripetersi, ha un ruolo sociale, deve scoprire sempre cose nuove». Anche Teo Tronico, con le sue 88 dita.