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 2014  giugno 01 Domenica calendario

«LE DONNE E I PECCATI VI SVELO I SEGRETI DEL MIO MANFREDI»


ROMA — «Al primo risveglio, dopo la prima notte di nozze, mi guardò stralunato e disse: e mo’ devo sta’ co’ te per tutta la vita?». Si diverte ancora Erminia Manfredi a ricordare quell’episodio che risale al luglio 1955: lei, giovane indossatrice, novella sposina nel letto matrimoniale con lui, Nino Manfredi, già diplomato all’Accademia d’arte drammatica, ma attore ancora in rodaggio e a caccia di ruoli. «Quella mattina si sfilò la fede nuziale — continua Erminia — e aggiunse: non è questa che mi legherà a te per tutta la vita». E la loro unione è durata quasi cinquant’anni. «No, sessanta — corregge — perché anche se lui non c’è più fisicamente, io sono ancora sua moglie, e non mi chiami vedova!».
Il 4 giugno sono dieci anni dalla scomparsa del grande Nino che verranno celebrati con varie manifestazioni: il 7 giugno a Roma con un concerto in suo onore all’Auditorium Parco della Musica diretto da Roberto Gatto che ha arrangiato in forma jazz le musiche più celebri dei suoi film; a luglio la Cineteca di Bologna gli dedica una retrospettiva; ad agosto la Mostra del cinema di Venezia ospita la proiezione del suo primo film da regista, restaurato in digitale, L’avventura di un soldato ; poi le celebrazioni si spostano in autunno a New York e si concluderanno a Parigi il 30 novembre con una rassegna al Cinema Arlequin.
«Ah l’America! — sospira la moglie —. Nino aveva una paura pazzesca di andare in aereo e quel viaggio per portare Rugantino negli Stati Uniti gli costò un’ansia terribile. Così come l’irrequietudine di Aldo Fabrizi che, essendo grosso, non riusciva a stare seduto e per l’intero tragitto tra Roma e Toronto, la prima tappa, stette in piedi come sull’autobus. Per non parlare poi delle cibarie che Aldo si era portato appresso! Spaghetti, pomodori in scatola, olio, aglio... Alla dogana gli sequestrarono tutto». Anche Nino era una buona forchetta: «Quando eravamo in Angola, sul set di “Riusciranno i nostri eroi”, ero io che dovevo cucinare tutti i giorni per lui e per Alberto Sordi, anche lui perennemente affamato. Non disponevo di molti utensili e, per scolare la pasta, bucavamo le pizze di latta che contenevano la pellicola, tramutandole in scolapasta o, all’occorrenza, anche in grattugia per il parmigiano».
I primi passi nella lunga carriera non furono facili: «La sera andavamo in via Veneto non per fare salotto, ma per fare gli incontri giusti e trovare lavoro. I soldi erano pochi, stare seduti al bar costava molto: io ordinavo un caffè, lui un bicchiere d’acqua con scorza di limone. Ma quante risate con i suoi amici e colleghi più cari... Vittorio Gassman, Paolo Panelli, Marcello Mastroianni e, il più caro di tutti, Tino Buazzelli». Tuttavia Manfredi non aveva un carattere semplice: «A volte mi chiedono se, in privato, mi facesse ridere con le sue battute e io rispondo allibita: non era mica il mio giullare! Quando recitava era un attore, quando era in casa era marito, padre, poi nonno come tanti... con un carattere fumino. Si arrabbiava con facilità». Per esempio? «Be’, per esempio andava su tutte le furie se i figli lasciavano cibo nel piatto o se non erano sufficientemente rispettosi nei confronti di noi genitori. Era stato educato all’antica, ma in fondo, dentro all’animo era rimasto un fanciullo, con tutti i pregi e soprattutto i difetti del caso». A cominciare dal debole per le donne: «Sì, gli piacevano tanto. Anche quando, negli ultimi tempi, stava malissimo, se si trovava davanti una bella ragazza, non rinunciava a guardarla, magari a mandarle un bacio... ne era ammaliato». Furono molti i tradimenti? «Eh sì, ogni tanto capitava - ammette Erminia - e me li confessava pure, perché da buon cattolico voleva essere assolto, cercava il perdono. Io ne soffrivo, ma non riuscivo a negarglielo». Non glielo negò neanche quando spuntò una figlia nata dalla fugace relazione con un’attrice bulgara: «In famiglia lo soprannominammo Zorro». Perché? «Mi confessò candidamente che era stato solo uno sbandamento, un attimo di abbandono... Sì, però in una sola notte di “follia” era riuscito a mettere a segno una gravidanza».
La bella casa all’Aventino, dove la famiglia Manfredi ha sempre vissuto, è costellata di foto che raccontano una vita intera: anche gli ultimi scatti che ritraggono la sofferenza dell’attore ormai gravemente infermo. «Lui non poteva più parlare con la voce, ma mi parlava con i suoi forti abbracci e fui io a volere che la sua logopedista ci fotografasse abbracciati. Quando Nino se ne accorse, fece uno sguardo accigliato come a dire “anche in questo stato mi vengono a rompere le scatole con le fotografie?”. Allora io lo accarezzai e lo rassicurai: non era la foto di un paparazzo, ma quella voluta da una donna che lo amava, che lo ama ancora».