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 2014  giugno 01 Domenica calendario

A un secolo dallo scoppio della Grande Guerra si moltiplicano anche da noi le pubblicazioni di libri e articoli rievocativi, anche se — occorre ricordare — per l’Italia, entrata in guerra il 24 maggio 1915, il centenario cadrà l’anno venturo

A un secolo dallo scoppio della Grande Guerra si moltiplicano anche da noi le pubblicazioni di libri e articoli rievocativi, anche se — occorre ricordare — per l’Italia, entrata in guerra il 24 maggio 1915, il centenario cadrà l’anno venturo. Dichiarata guerra solo all’Austria-Ungheria, nell’ottobre 1917 il nostro esercito fu travolto a Caporetto dall’offensiva austro-germanica. Da quando erano iniziate le ostilità contro i tedeschi? E che cosa davvero avvenne a Caporetto? Mi risulta, se non sbaglio, che le responsabilità della «rotta» furono oggetto anche di un’inchiesta parlamentare, pubblicata dopo la guerra e oggi — credo — irreperibile. A quali risultati condusse tale investigazione? Tiziana Durante tiziana.durante@libero.it Cara Signora, L e sue domande sono numerose e le risposte saranno necessariamente brevi. L’Italia entrò in guerra con rivendicazioni che concernevano l’Austria-Ungheria e dopo un negoziato durante il quale un ex-cancelliere tedesco, Bernhard von Bülow, aveva fatto del suo meglio per convincere Vienna ad adottare posizioni più concilianti sulla questione del Trentino. Con la Germania, invece, non esistevano divergenze. I grandi progressi dell’economia italiana durante i governi di Giolitti erano stati favoriti dai capitali finanziari tedeschi e il carbone di cui l’Italia aveva bisogno proveniva soprattutto dalla Germania. Ma gli Alleati insistettero perché l’impegno dell’Italia nella guerra contro gli Imperi centrali fosse totale e il governo presieduto da Paolo Boselli dichiarò guerra alla Germania il 27 agosto 1916, due settimane dopo l’ingresso delle truppe italiane a Gorizia. Su Caporetto esiste una sterminata bibliografia: saggi di storia militare, memorie e diari di combattenti che parteciparono all’evento e di giornalisti che ne furono testimoni. Uno dei libri più intelligenti è quello di Mario Silvestri, nuovamente pubblicato in tempi recenti dall’editore Rizzoli nella Bur. La rottura del fronte, secondo Silvestri, fu dovuta principalmente a una strategia austro-ungarica che lasciava ai piccoli reparti, la libertà di spingersi autonomamente dentro le linee nemiche per attaccare le posizioni italiane ai fianchi e alle spalle. La grande massa degli uomini dislocati sul fronte e lo spazio montuoso in cui occorreva operare ebbero l’effetto di trasformare la ritirata in una rotta che fu possibile fermare soltanto sulle rive del Piave. Quanto al testo della Commissione d’inchiesta («Dall’Isonzo al Piave 24 ottobre-9 novembre 1917») è stato recentemente pubblicato dall’Ufficio Storico dello Stato maggiore dell’Esercito a cura di Aldo A. Mola e del colonnello Antonino Zarcone.