Sebastiano Vassalli, Corriere della Sera 1/6/2014, 1 giugno 2014
L’editore Armando Dadò di Locarno ha una interessante collana: «I Cristalli», di autori di lingua francese e tedesca, svizzeri o in qualche modo riconducibili alla Svizzera
L’editore Armando Dadò di Locarno ha una interessante collana: «I Cristalli», di autori di lingua francese e tedesca, svizzeri o in qualche modo riconducibili alla Svizzera. Tra gli ultimi titoli pubblicati merita di essere segnalata la raccolta postuma di scritti di Friedrich Dürrenmatt La Svizzera teatro del mondo , a cura di Mattia Mantovani, con un titolo italiano forse un po’ eccessivo per un genio dell’ironia e dell’attenuazione come fu Dürrenmatt. (Il titolo tedesco Meine Schweiz, «La mia Svizzera», è molto più sommesso). Vi si parla di un Paese dove «tutto doveva rendere, e rendeva; perfino le sconfinate pietraie e i ghiaioni, le lingue dei ghiacciai e i pendii scoscesi; infatti da quando avevano scoperto la natura, e un idiota qualsiasi poteva sentirsi un essere superiore nella solitudine dei monti, anche l’industria turistica era divenuta possibile: gli ideali (degli svizzeri) erano sempre pratici». Di un Paese che «soffre nascostamente di un complesso di inferiorità e di una connaturata xenofobia, che costituisce il fondamento di ogni industria turistica redditizia. Chiunque voglia trarre profitto dagli stranieri non è che li debba poi amare più di tanto». Di un Paese modello per gli altri che lo circondano: «Prenda per esempio l’attuale questione europea: l’Europa non può diventare una nazione, dovrebbe quindi diventare in qualche modo una specie di Svizzera». Di un Paese, insomma, che «preferirebbe essere un’isola»; non lo è, ma è tante altre cose. Grande Dürrenmatt.