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 2014  giugno 01 Domenica calendario

MILANO —

Per il ministero delle Infrastrutture, ci vorrebbero 110 anni per mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici italiani. Per il presidente del Consiglio Matteo Renzi basterebbero tre miliardi e mezzo, da sbloccare entro il 2014. Ma queste sono le ipotesi. I fatti sono altri: 24 mila scuole statali su 41 mila, cioè poco meno di sei su dieci, hanno gli impianti (elettrici, idraulici, termici) che non funzionano, sono insufficienti o non a norma. Novemila strutture hanno gli intonaci che cadono a pezzi, in 7.200 edifici bisogna rifare tetti e coperture, 3.600 sedi necessitano di interventi sulle strutture portanti, 2.000 sono quelle che espongono i loro 342 mila studenti al rischio amianto.
I numeri snocciolati dal «Diario della transizione» del Censis, che fa il punto sullo stato dell’edilizia scolastica, non fanno che confermare i rapporti di Legambiente, Cittadinanza attiva, e le segnalazioni che giungono ogni giorno da decine di scuole di tutta Italia. Eppure fanno l’effetto di uno schiaffo in pieno viso. Perché una cosa è stilare aridi bilanci di interventi necessari, e altro è rendersi conto che alla maggior parte delle nostre scuole, il 57%, basterebbe tenere in piedi la manutenzione ordinaria per poter garantire una permanenza dignitosa nelle aule a migliaia di studenti: lo dicono i 2.600 dirigenti scolastici consultati, che segnalano come solo il 36% delle scuole abbia bisogno di manutenzione straordinaria, quindi di interventi speciali e specifici.
Nella maggioranza dei casi basterebbero i lavoretti comuni che si fanno in qualsiasi casa per evitare che diventi malandata. Eppure parliamo di edifici vetusti, che risalgono anche a settant’anni fa: più del 15% è stato costruito prima del 1945, un altro 15% è datato tra il 1945 e il 1960, il 44% risale al ventennio 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il terremoto dell’80, quindi adeguandolo alle nuove norme antisismiche.
Ma i lavori, anche quando si fanno, sono fatti male. Sempre stando alle considerazioni dei presidi, che hanno valutato la qualità degli interventi realizzati in oltre 10 mila edifici scolastici pubblici negli ultimi tre anni, sono più di un quarto le strutture in cui sono stati fatti interventi inadeguati, se non addirittura sbagliati: l’abbattimento delle barriere architettoniche è risultato scadente o insufficiente in una scuola su cinque, il 22,5% dei lavori di manutenzione ordinaria non è andato a buon fine, il 33,7% delle reti digitali è risultato scarso, come il 32,8% delle opere di manutenzione straordinaria. È un problema di risorse, ma anche di utilizzo di risorse. Fino ad oggi la farraginosa macchina burocratica ha previsto che le scuole potessero ricevere fondi solo dopo una serie di complessi passaggi che prevedevano l’intervento di uffici scolastici regionali, Regioni, sindaci e ministero dell’Istruzione (Miur): una macchina burocratica lenta e pesante in cui sono spesso rimasti incastrati i buoni propositi.
Dei 500 milioni di euro attivati con le delibere Cipe del 2004 e del 2006, a metà del 2013 ne erano stati utilizzati 143 milioni, relativi a 527 interventi sui 1.659 previsti, rileva il Censis. È andata un po’ meglio con i fondi europei: il programma operativo 2007-2013 gestito dal Miur e relativo al Fondo di sviluppo regionale attivo nelle regioni Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, ha assegnato più di 220 milioni di euro a 541 scuole per interventi sulla sicurezza degli edifici, il risparmio energetico, l’accessibilità delle strutture e le attività sportive. Il dl fare, varato dal governo Letta, ha stanziato 150 milioni per l’avvio immediato di 603 progetti di edilizia scolastica: «La recente assegnazione del 95,7% di queste risorse rappresenta sicuramente un cambio di passo», sottolinea il Censis. Ma bisogna ammettere che se di soldi in ballo ce ne sono tanti, finora se ne sono visti troppo pochi.«I dati diffusi non ci colgono impreparati — replica il sottosegretario all’Istruzione con delega all’edilizia scolastica, Roberto Reggi —. Il governo conosce bene la situazione. Proprio per questo abbiamo in programma già oltre 8.200 interventi da far partire nel 2014. Altri undicimila scatteranno all’inizio del 2015. Con le opere previste solo quest’anno interesseremo circa un quarto delle scuole e quindi due milioni di studenti». Bisogna aspettare, dunque: che le ipotesi si trasformino finalmente in fatti.
Valentina Santarpia