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 2014  giugno 01 Domenica calendario

ROMA — È

certamente una coincidenza, ma il taglio di 150 milioni di euro, contro cui è pronta una protesta senza precedenti di tutta la Rai (unita come nemmeno ai tempi dell’editto bulgaro di Berlusconi), è contemplato nell’articolo 21 del Decreto Irpef. E l’articolo 21 è quello della Costituzione che garantisce la libertà di espressione e anche il nome dell’associazione giornalistica di cui è stato padre fondatore ed è portavoce Giuseppe Giulietti, ex parlamentare e storico giornalista della Rai. Ebbene, quella di Giulietti è una voce fuori del coro. Per Giulietti, infatti, Renzi deve «prendere il problema dalla coda» e trasformare il caso dei tagli «nell’occasione di un vero e proprio ribaltamento, di più, di soqquadro del piccolo mondo antico della Rai». Non che la spending review sia in sé da accettare tout court, «non concordo — dice — con le modalità di intervento: si tratta del canone già pagato, di risorse già finalizzate, si rischiano censure di illegittimità e poi Renzi ha messo in campo solo il canone e non la lotta all’evasione del canone, ma detto tutto questo, ben venga il fatto che Renzi prenda il problema dalla coda e che colga l’attimo». Il che concretamente significa che «il premier deve mettere in cantiere con assoluta priorità la riforma del servizio pubblico Rai e direi, insieme con esso, dell’intero sistema mediatico ed editoriale: deve farlo adesso che inizia il semestre italiano di presidenza Ue. La Convenzione Stato-Rai scadrà nel 2016, sarebbe meglio ridefinirla subito già nel 2014». Per spiegare che questa dovrebbe essere «un’assoluta priorità» dell’esecutivo, Giulietti ricorda che «sono vent’anni che la Commissione europea, il Parlamento europeo e le agenzie indipendenti, come Reporter sans Frontieres e Freedom House, mettono a nudo il disastro della radiotelevisione pubblica e dell’informazione italiana e ci assegnano un posto vergognoso nelle classifiche sulla libertà di stampa». In pratica che cosa dovrebbe fare Renzi? «Si tratta di risolvere una volta per tutte il problema del conflitto d’interessi; di mettere mano ad un rigoroso sistema antitrust e di Autorità di garanzia; di procedere al cambiamento della governance dell’azienda, cioè del presidente e del consiglio di amministrazione, in modo da liberare la Rai da un vincolo politico troppo stretto e soffocante». Solo in questo modo la riduzione delle risorse potrà innescare un processo virtuoso sotto il profilo economico «con un vero piano di autonomia dal punto di vista editoriale e produttivo».Il riferimento inevitabile è al taglio delle sedi regionali , ma anche alla riduzione delle testate e dei canali digitali. «La domanda oggi è sempre la stessa: chi si tocca? Chi si danneggia?». Rompere «l’intreccio con la politica che rimane tale e quale a quello che era stato previsto per la Rai negli anni Settanta, cioè ere geologiche fa, permetterebbe ad un amministratore delegato libero di agire per tre o cinque anni di fare tutto quello che è necessario per l’azienda».
M.Antonietta Calabrò