Massimo Coppola, GQ 6/2014, 30 maggio 2014
GUERRE STELLARI IN AMAZZONIA
[Cesare Prandelli]
Il c.t. della Nazionale, l’uomo più importante del Paese, brandisce la spada di Guerre stellari e, serio serio, la fa roteare guardando il fotografo con occhio cattivo. Gli suggerisco di mandare subito la foto a Roy Hodgson, allenatore degli inglesi, primo avversario dell’Italia ai Mondiali del Brasile. Ti taglio la testa, Roy! Lui ammicca.
Qualche minuto più tardi, quando siamo al riparo dalle luci fantascientifiche del set fotografico, seduti su seggioline di legno in un giardino di cemento, il mister ripone la spada e si dispone a una serena chiacchiera sul pallone.
Cesare Prandelli fa chiaramente parte della Nouvelle Vague del potere, che da Obama a Renzi ha – genuinamente, speriamo noi – lasciato da parte le pomposità del ruolo e ha capito che alla fine conviene a tutti essere umani.
«Dovrai iniziare a fumare», gli dico. «Bearzot fumava la pipa, Lippi il sigaro. Da che mondo è mondo, per vincere il Mondiale bisogna fumare». «Cazzo, ho smesso da due anni, mica dovrò ricominciare», fa lui, ridendo. «Allora sarai il primo c.t. che vince senza fumare». «Ci sto», mi dice.
Sono con l’allenatore dell’Italia poco prima del Mondiale di calcio in Brasile. Ho detto: Mondiale. Di calcio. In Brasile. Non posso che essere in uno stato d’animo di confusa eccitazione. Infatti, parto con il seguente trip: Chiudi gli occhi. Sei a Manaus, luogo più adatto a un racconto di Conrad che a una partita di calcio. Hai mille dubbi. Pensi alle decine di milioni di italiani che ti stanno guardando. Il Mondiale, una roba che tutti sognano, ma poche decine di persone possono vivere da protagonisti. Il fischio d’inizio. Riapri gli occhi. Cosa vuoi vedere nei tuoi ragazzi?
«Voglio guardarli e vedere il cuore, il coraggio, la voglia di essere sempre presenti. Lo sguardo di un giocatore ti dà l’idea di quel che sta succedendo. Gli occhi non fingono. Ti guardi continuamente negli occhi. L’avversario ti guarda negli occhi. L’allenatore ti guarda negli occhi. Capisci se il giocatore ti guarda con un po’ di paura. Anche il riscaldamento è fondamentale, quei 15 minuti in cui devi concentrarti sull’attenzione, devi essere capace di percepire tutto, di avere la reazione giusta».
Ora sei più importante del Papa e del presidente del Consiglio messi insieme.
«No, non scherziamo, il Papa lasciamolo stare».
Ogni volta che incontro uomini con questo tipo di responsabilità mi chiedo: come fanno?
«Prima di tutto devi cercare di evitare gli stati d’ansia, anche se poi li porti con te. Non tutti saranno soddisfatti delle mie scelte, per questo cerco di agire con un criterio. Devi sapere che non puoi piacere a tutti, ma al tempo stesso pensare di offrire una squadra che può piacere a tutti e possa rispondere alle aspettative della gente: una squadra coraggiosa, senza paura, che giochi a calcio. Non tutti amano la maglia azzurra. Parliamoci chiaro: molti hanno anche tifato contro l’Italia...».
Chi è che tifa contro, scusa?
«Scherzi? Ce ne sono talmente tanti che tifano contro l’Italia. Poi diventeranno tifosi dell’Italia appena la squadra andrà bene».
Adesso ti dico io la formazione così sei a posto. La difesa la fai tu, basta che fai giocare De Sciglio perché uno con quei piedi, in difesa, non lo vedevamo da un pezzo. Pirlo e De Rossi sono intoccabili. Non so tra Montolivo, Marchisio e Candreva, ma tu vuoi far giocare Thiago Motta. Balotelli non può fare il centravanti. Devi mettere Destro centravanti e dietro di lui Balotelli e Cassano. Al limite porterei Totti, che entra al posto di Cassano, così in due una partita intera te la fanno...
«Ah ah ah, una partita in due, questa è buona. Però sai...».
...Vabbè, io ti ho dato una dritta.
«Ma stai scherzando? Come formazione è rispettabilissima».
Grazie. Senti, c’è una frase di Mourinho che io amo molto: «Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio».
«Nessuno può pensare di sapere tutto di calcio perché il calcio è in continua evoluzione. I principi del gioco vengono scomposti e ricomposti in maniera leggermente diversa. Le 4 squadre italiane più forti giocano con 4 moduli diversi. Le semifinaliste in Champions giocavano con quattro filosofie diverse. È affascinante confrontare i moduli, capire come si sono evoluti. Vedi la Roma, che l’anno scorso era criticata e quest’anno gioca benissimo. Perché? È bastato un allenatore?».
Diciamo, cinquecento fattori diversi?
«Esatto. Quindi nessuno può dire: “Io so di calcio”».
Lo sport, come lo spettacolo, dovrebbe intrattenerci e farci sognare. Al limite trasgredire, piuttosto che dare l’esempio. Invece sono anni che deleghiamo agli sportivi e alle rockstar ciò che dovrebbe fare la classe politica. Non è un po’ come rovesciare il mondo?
«Nessuno ha intenzione di dare l’esempio. Noi vogliamo pensare che i ragazzi meritino di rappresentare la maglia azzurra. Finché rispetteranno questo modo di essere, va bene. Il giorno in cui lo metteranno in discussione, diventerà interessante capire dove stiamo andando. È chiaro che per un allenatore sarebbe più comodo fare le proprie scelte a prescindere dalle regole. Ma noi abbiamo condiviso le regole con i giocatori. Ho chiesto proprio a loro: “Sto facendo una convocazione e vedo un mio giocatore che fa un fallo di reazione spropositato. Secondo voi merita di venire in azzurro?”. Tutti mi hanno detto di no. Capisci? Sono stati loro, il gruppo. Per me è finita lì. Questo è il nostro modo di comportarci».
Non so, penso a Gentile con Maradona...
«Certo. Ma Gentile dava cazzotti? Dava le gomitate da fermo?».
No, però ha preso Maradona da dietro per le palle, mi pare, e qualche parolina nell’orecchio gliel’avrà sussurrata.
«Ma oggi non c’è più quel calcio! Una volta andavi ad Avellino e trovavi i poliziotti che ti facevano attaccare dal cane. Ma non c’è più quel mondo, hai capito?».
Insomma, se tu avessi Cantona o Maradona...
«Ma Maradona ha mai dato cazzotti a qualcuno?».
No, okay. Però pippava.
«E che vuol dire?».
Ah, quello è okay? No, era per sapere...
«È una cosa diversa. Maradona non ha mai avuto atteggiamenti violenti. Anzi, prendeva la squadra sulle spalle e andava. Era forte. Se hai la maglia azzurra non hai bisogno di dar gomitate. Ti convoco perché sei forte, non perché dai le manate».
Ma non si rischia di eccedere nel rendere il calcio, come direbbe mio nonno, “uno sport per signorine”? La gomitata è inaccettabile, ma comprensibile.
«No, non lo capirò mai. Una volta c’era un calcio più maschio, più violento di adesso, però lo accettavi perché era leale e difficilmente prendevi un cazzotto a gioco fermo. Solo i paurosi, i vigliacchetti alzano il gomito».
Ti ricordi quando Tassotti menò Luis Enrique nel ‘94? Il Tasso, che sarà stato espulso sì e no due volte per doppia ammonizione. Ci sta no? Siamo uomini imperfetti.
«Certo che ci sta. Tutti dovranno mettere il cuore ma dovremo anche avere equilibrio e saper sopportare lo stress. Cioè, vai a far lo scavino, hai il coraggio di fare queste cose e poi non ti controlli? Dai! Non ci prendiamo per il culo. Il rosso te lo vai a prendere. Lo cerchi, a volte. E questo non ci sta».
Qual è l’allenatore che ammiri di più?
«Mi piacciono quelli che riescono a dare un’impronta alle squadre e a valorizzare i giocatori. Allenatori che riescono comunque, anche se non hanno tutto al posto giusto, a trovare un equilibrio».
Tipo Arrigo Sacchi, quando trasformò Mussi in un giocatore di calcio vero?
«Certo. Trasformare dei giocatori normali in straordinari: questo è allenare».
E la squadra il cui gioco ti ha fatto pensare: mi piacerebbe avere quel controllo sulla partita, quella purezza estetica?
«Di base mi piace una squadra che non butta mai via la palla e riesce a costruire sempre. Quando giocavamo noi, purtroppo, erano poche quelle capaci di palleggiare con insistenza. Ci sono stati gli anni degli olandesi, che hanno fatto scuola e tutti hanno cercato di copiare. Poi ci sono stati gli inglesi, il Milan di Sacchi, la Juve di Lippi. Copiare, nel calcio, è impossibile. Prendi Guardiola.»
Che è Liedholm velocizzato, più Messi.
«Ah ah ah, esatto. Guardiola scrive lo sviluppo di gioco e gli interpreti possono essere più veloci, più lenti, ma la proposta rimane sempre quella, in Germania come a Barcellona».
Però non mi diverte. Sarà che crescere con il Milan di Sacchi è come andare a letto a 18 anni con Marilyn Monroe. Diciamo che si alzano le tue aspettative sul futuro.
«Sacchi ha cambiato il calcio per sempre. Ci sono state grandi squadre come quelle di Capello, Lippi e Ancelotti, ma lui è stato un innovatore senza paragoni».
Cosa leggerai di sera nella caldazza di Manaus?
«Mi piacciono le biografie di personaggi storici. Mi ha emozionato la storia di Michelangelo, Il tormento e l’estasi».
E i ragazzi? Li vedi mai con un libro un mano?
«Ultimamente sì».
Mario dovrebbe leggere Il giovane Holden.
«Glielo regaleremo, con una tua dedica... Devo dire che con Mario, in Nazionale, non ho mai avuto problemi. Mi ha fatto dodici gol».
Poi c’è questa storia incredibile di Toni. Non ti viene un po’ il magone a lasciarlo a casa?
«Mi piace l’idea che un giocatore che sembra finito riesca a fare un campionato come il suo. È un messaggio straordinario per tutti quelli che si deprimono».
Diciamo che se avessi potuto portarne 25, Totti e Toni li avresti presi, dai.
«Sono due grandissimi. Se avessi avuto emergenze, avrei saputo dove pescare».
Balotelli è una prima punta o una seconda?
Per me è un attaccante moderno. Se voglio giocare verticalizzando subito sulla punta, lui non è uno che fa giocare la squadra in questo modo. Se tu vuoi giocare con gli esterni e la punta deve finalizzare, allora Balotelli diventa...».
...il primo falso nueve atletico della storia? Perché normalmente il falso “nueve è mingherlino, molto tecnico.
«Sì, sì, questa non è male: il primo falso nueve atletico. Sinceramente non so ancora come giocherò. Certo, l’idea è intrigante».
Metti a Cassano!
«È uno dei pochi che fa giocare bene le squadre con una certa manovra. Ha forza e una personalità spiccata».
Non giocherete alle tre del mattino: a mezzanotte, giusto?
«Giochiamo alle 18, cioè alla mezzanotte italiana... In Amazzonia, è fantastico. Non vedo l’ora di arrivare».