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 2014  maggio 30 Venerdì calendario

LA VITA SPERICOLATA DEL COLOSSO TEDESCO


IL PROBLEMA DI DEUTSCHE BANK non è che deve chiedere 8 miliardi di euro ai suoi azionisti solo 13 mesi dopo averne ricevuti altri 3. Il guaio, grosso, è che neppure 11 miliardi potrebbero bastare per mettere in sicurezza i conti del più grande istituto tedesco, la banca che si identifica, non solo nel nome, con la potenza finanziaria della Germania. La mossa annunciata il 18 maggio arriva dopo settimane e settimane in cui i vertici di Deutsche Bank avevano più volte rassicurato i mercati. E invece no. A quanto pare, la banca con base a Francoforte non è del tutto certa di avere le carte in regola per superare l’Asset quality review, l’esame condotto dalla Vigilanza della Bce che serve a verificare la solidità dei bilanci di fronte a ipotetici nuovi shock finanziari.
Deutsche Bank, insomma, viaggia ancora sul filo del rasoio e, a ben guardare, assomiglia molto a un’auto troppo potente per le sue dimensioni. Ci sono due possibili soluzioni. La prima: la banca può diminuire i cavalli del suo motore, riducendo gli strumenti finanziari ad alto rendimento, ma anche ad alto rischio. L’altra strada è quella di rafforzare le protezioni, aumentare di peso per dare maggiore stabilità alla struttura ed evitare di ribaltarsi in caso di tempesta sui mercati.
L’istituto di Francoforte si è già mosso su entrambi i fronti. La cosiddetta strategia di “de-risking”, cioè la riduzione delle attività più esposte agli alti e bassi della congiuntura, ha contribuito a ridurre il totale degli attivi di bilancio dai 2.164 miliardi del 2011 ai 1.611 registrati a fine 2013. D’altra parte, però, resta pericolosamente elevato il “leverage ratio”, ovvero il rapporto tra i mezzi propri (capitale e altre riserve) e il valore complessivo degli asset. Per Deutsche Bank il numero che misura la leva finanziaria, quindi l’esposizione al rischio, si aggira ancora intorno al 3 per cento. Grandi concorrenti europei come le francesi Bnp e Société Générale o le britanniche Barclays e Hsbc viaggiano tutti intorno a un più rassicurante 4 per cento. A Francoforte sperano di agganciare questo gruppo entro il 2015.
Fin da subito, invece, l’aumento di capitale dovrebbe portare il Core Tier 1 dall’attuale 9,5 per cento all’ 11,8 per cento. Quest’ultimo parametro serve a misurare il patrimonio di base dell’istituto in rapporto alle proprie attività, opportunamente rivalutate sulla base del rischio di ciascuna.
Ebbene, secondo alcuni analisti, i nuovi mezzi raccolti sul mercato rischiano di essere assorbiti da passività supplementari legate a vertenze del passato. La bancarotta del gruppo multimediale Kirch è stata chiusa pochi mesi fa con una transazione che è costata alla banca quasi un miliardo di euro, ma c’è il timore è che ci siano altri scheletri negli armadi. Queste grane finirebbero per rallentare ulteriormente la velocità di crociera di una corazzata come la Deutsche Bank, che nel 2013 non è andata oltre una redditività dell’1,2 per cento sul capitale.
L’amministratore delegato Anshu Jain, resta più che ottimista e ha annunciato un target molto ambizioso: il ritorno entro il 2015 a un utile del 12 per cento sul patrimonio netto. In Borsa a quanto pare non si fidano e dai massimi di metà gennaio il titolo della banca di Francoforte ha perso un quarto del suo valore. Un segnale non proprio incoraggiante in vista della manovra che dovrebbe rimettere in sicurezza il bilancio.