Daniele Castellani Perelli, L’Espresso 30/05/2014, 30 maggio 2014
IRENE – È il marzo del 2008. Su Raiuno, a “L’Eredità”, Carlo Conti introduce una concorrente friulana, una ventottenne di un paesino di seimila anime, Caneva
IRENE – È il marzo del 2008. Su Raiuno, a “L’Eredità”, Carlo Conti introduce una concorrente friulana, una ventottenne di un paesino di seimila anime, Caneva. «Qual è il suo sogno?», chiede il presentatore. «Diventare una scrittrice, un romanzo ce l’ho già tutto in testa», risponde la ragazza. Come è andata a finire? Beh, quella sera male, perché, al momento della “ghigliottina”, perse 150mila euro sbagliando una risposta su un pomodoro. In compenso il suo sogno si è avverato. Irene Cao ha venduto nell’ultimo anno 350mila copie con la sua trilogia erotica pubblicata da Rizzoli (“Io ti guardo”, “Io ti sento”, “Io ti voglio”) ed è stata accolta con tutti gli onori all’ultimo Salone del libro di Parigi. Non solo. È stata tradotta in Brasile, Russia, Turchia e mezza Europa, e quest’estate torna nelle librerie con una duologia: si parte il 4 giugno con “Per tutti gli sbagli”, e poi a luglio arriva “Per tutto l’amore”. Romanzi soft che scalano le vette delle classifiche, insomma non proprio il modo migliore per farsi amare dagli altri colleghi italiani, no? «In effetti percepisco che non mi sopportano molto, ma io non mi sento inferiore a chi scrive romanzi “non-commerciali”, non sono arrivata alla scrittura per caso», racconta Irene Cao dal suo eremo friulano, una casetta che ha dipinto di lilla e blu. Nata a Pordenone nel 1979, ha vissuto sempre a Caneva, a parte i nove anni a Venezia per l’università (lettere classiche a Ca’ Foscari, «con una tesi improponibile, su “L’economia della palude e del mare nell’alto Adriatico romano”») e per il dottorato in scienze delle antichità (con tesi su un programma traianeo in favore dei bambini poveri). Dopo la trasferta veneziana è tornata a casa, e mentre faceva mille lavori ha mandato in giro il suo bel manoscritto di 500 pagine, e l’unica casa editrice che le ha risposto, dopo un anno e mezzo, è stata la Rizzoli, che in pratica le ha detto: «Ci sono 3-4 scene di sesso niente male, non vuoi lavorarci?». Alla fine si sono salvate solo 50 pagine e piano piano è nata la trilogia. Un successo imprevisto, che si spiega anche con l’onda lunga di quello delle “50 sfumature”, la trilogia erotica di E. L. James, a cui però le opere di questa ragazza di provincia ammiccano più nelle copertine bondage che in altro, visto che qui non si frusta nessuno. «Le “50 sfumature” sono libri erotici che, al di là della qualità, hanno avuto il grande merito di sdoganare questo tipo di letteratura, che le donne ora mostrano persino con orgoglio in spiaggia», dice l’autrice, che si differenzia dalla E. L. James anche per gli anni (16 in meno) e per un altro aspetto che, nel marketing, non deve nuocere, ovvero è una gran bella ragazza (Alla James, comunque, preferisce Saffo, Lucrezio, Charlotte Brontë, D’Annunzio e il friulano Pasolini: «Quando passo per Casarsa penso sempre che questo è ancora il Friuli di Pasolini, lo stesso luogo di pace in cui ho scritto i miei libri»). Irene non si considera affatto una femminista («Ho rispetto per Laura Boldrini, ma certe sue polemiche mi sembrano assurde, non mi scandalizza un seno mostrato in tv»), però pensa che il successo di opere come le sue, in cui si celebra la liberazione sessuale e il libertinismo, possa contribuire a dare un’ultima spallata a certi antichi tabù sul piacere femminile: «Noi donne non siamo così libere come speriamo di essere, e spesso anch’io, pensando alle mie protagoniste, mi dico “Magari fossi come loro!”». La sua scrittura, in fondo, è piuttosto pudica. Per l’organo femminile usa di rado il termine più volgare e insieme più diffuso: «Un uomo userebbe un linguaggio diverso, sì, ma credo che il maggiore pudore sia uno dei motivi del successo di noi scrittrici in questo genere». Le facciamo notare che i suoi libri sono pieni di personaggi fichissimi, sempre tonici e mai con un capello fuori posto, se non dopo essersi rotolati con qualcuno su un prato. L’ultimo romanzo, “Per tutti gli sbagli”, è ambientato nel Veneto delle ville palladiane, ed è la storia dell’interior designer Linda, una runner sempre in forma, che è incerta tra il diplomatico Tommaso Belli («Lord Perfection», «44 anni di ghiaccio e fascino magnetico» che «si trasforma in testimonial di una pubblicità per smacchiatori») e il fotografo Alessandro («Il solito idealista avventuriero», «un Robinson Crusoe in camicia spiegazzata e pantaloni strappati»), con in agguato il personal trainer Davide, che è «un metro e novanta di divinità greca». Il romanzo è pure zeppo di dettagli di beauty (la «crema idratante francese a base di ginseng siberiano»), cibo (il «caprino stagionato al profumo di noci»), vestiti, profumi, accessori e automobili, spesso citati con la loro marca. L’ideale per le donne che “amano lo shopping”, per citare un altro bestseller cosiddetto chick-lit, un genere romantico e post-femminista pensato per lettrici single in carriera. Qui le uniche trasgressioni sono qualche canna e qualche imprecazione, in cui Linda largheggia. Infine, va detto che questi benedetti suoi personaggi non conoscono crisi. Mai un disoccupato o un precario. Insomma, non le sembra un mondo uscito, più che dalla realtà, dalla pubblicità o da certe fiction di Canale 5? Irene Cao non si scompone, al punto che il paragone con Liala, la popolare scrittrice di romanzi rosa di metà Novecento, non le dispiace affatto, sebbene confessi di non averla mai letta: «Sì, è il genere che lo richiede. Io scrivo romanzi per lettori che per un’ora vogliono sognare un po’. Lo so che la vita è dura, anche nel mio Nord Est, ma la mia è una letteratura popolare d’evasione, per rilassarsi. E ciò non toglie che nei sentimenti dei miei protagonisti le lettrici si identifichino molto, le mie sono storie sincere, di cuore. Dicono che i miei libri siano studiati a tavolino, ma certo non più degli altri». Eppure Irene Cao sa bene cos’è la crisi. Figlia di una casalinga e di un autotrasportatore, il suo curriculum è costellato di lavori precari. Ha insegnato per un anno in un liceo classico di Mestre. Ha ricatalogato la biblioteca della Fondazione Cini. Ha portato cappuccini come hostess di eventi. Ha scritto testi pubblicitari. Ha fatto la comparsa, nel ruolo di infermiera, in una famosa serie tv tedesca ambientata a Venezia, “Il commissario Brunetti”. Ha fatto infine la commessa di una profumeria, esperienza rivelatasi particolarmente utile, sostiene, per la sua carriera di scrittrice, perché «ti permette di conoscere e osservare tanti tipi umani». È proprio durante il lavoro precario in profumeria che è arrivata la risposta definitiva della Rizzoli, e Irene Cao, novella Cenerentola, è diventata una piccola star. La sua vita è cambiata dopo il successo, dopo i manifesti nella metropolitana di Parigi? «Per niente, ho solo meno tempo. La vita dello scrittore non è nulla di speciale». In paese, contrariamente a quanto vorrebbe il luogo comune, non la guardano affatto male (a parte quel parroco del goriziano che l’ha bandita da una sagra), anzi sembrano felici di averla tra loro. E i genitori? Non sa bene se abbiano letto la trilogia («Una sbirciatina secondo me gliel’hanno data»), ma comunque sono orgogliosi di lei. Il suo rapporto con il sesso, è cambiato? «No. Forse avrò anche deluso qualche ragazzo, che si pensava di trovare a letto una delle mie protagoniste... Rimango una donna tradizionale, che aspetta la mossa dell’uomo. D’altronde ho scoperto tardi il sesso, quando l’amore mi ha fatto superare una malattia dolorosa che mi ha scavato l’anima e di cui non ho vergogna a parlare, l’anoressia». E se è vero che l’uomo più importante della sua vita rimane papà Carlo, a cui ha dedicato l’ultimo libro, è anche vero che oggi, dopo qualche anno di pausa, dice di essere di nuovo innamorata. Di più non si sbottona, anche se si intuisce che è una cosa un po’ complicata. E il futuro? Anzitutto si prenderà un anno sabbatico: «Per concedermi tutto ciò che non mi sono concessa in questi tre anni di scrittura continua. Voglio viaggiare, perché gli ultimi viaggi credo di averli fatti durante il dottorato, a caccia di iscrizioni romane tra Sousse e Tunisi. E poi, soprattutto, ho bisogno di tornare a vivermi l’amore». n porno soft all’italiana L’ultimo libro della Cao. Cui seguirà, a luglio, “Per tutto l’amore”. Seguono la trilogia da 350 mila copie: “Io ti guardo”, “Io ti sento”, “Io ti voglio”.