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 2014  maggio 30 Venerdì calendario

PIKETTY NON HA TORTO


No
Il saggio di Thomas Piketty contro il privilegio è stato molto elogiato in America, ma molto criticato in Italia. La tesi dei detrattori è, in sostanza: il capitalismo ha vinto; il privilegio è sempre esistito ed esisterà sempre; non rompete le scatole e lavorate per entrare anche voi nella schiera degli eletti.
Di questo ragionamento la parola-chiave è proprio “lavorare”. Tradizionalmente, la ricchezza è collegata al lavoro. Negli Anni 70 in Italia si lavorava in posti a volte orribili: fonderie, reparti verniciature, catene di montaggio, acciaierie in riva al mare, ciminiere in città che a volte eruttavano nubi tossiche come a Seveso. Oggi questi posti sono diventati centri commerciali, show room, aule universitarie. Perché allora è così diffusa la sensazione che “si stava meglio quando si stava peggio”? Perché la ricchezza si produceva nelle fabbriche. Con il lavoro, appunto. Oggi lavoro e ricchezza hanno divorziato. Il denaro si fa con altro denaro. Se un’azienda taglia posti di lavoro, le sue quotazioni in borsa saliranno. I nuovi grandi ricchi non sono più industriali, ma immobiliaristi. Le grande fortune – tranne qualche eccezione che conferma la regola – non si fanno più con l’impresa, quindi con il lavoro dell’imprenditore e dei suoi dipendenti, ma con le speculazioni finanziarie. Ogni tanto la bolla scoppia. Per mantenere alti i consumi, anziché aumentare salari e redditi, si è moltiplicato il debito: così è nata la crisi del 2008. Ora l’America è in ripresa (l’Europa molto meno, Germania a parte). Ma le storture che hanno creato la crisi sono ancora tutte lì, intatte.
Commentatori anche di sinistra hanno denunciato l’aumento della pressione fiscale sulle rendite finanziarie. Ma ancora oggi le rendite sono tassate molto meno del lavoro. Se lavoro di più, metà di quel che incasso in più andrà allo Stato; se investo in operazioni finanziarie, pagherò non metà ma un quarto. Non è privilegio questo?
La crisi ha anche insegnato che non esiste l’economia di carta e l’economia reale: ormai il sistema della produzione è profondamente legato a quello della finanza. Ma le conseguenze sono terribili: è la “jobless society”, la società che prescinde dal lavoro. Non solo le macchine intelligenti sostituiscono operai e impiegati; la rete manda fuori mercato intere categorie di lavoratori. A che serve lo sportello bancario se posso fare la stessa operazione online? E l’agenzia di viaggi, se il biglietto lo si fa su Internet? E la libreria di quartiere, se c’è Amazon? E l’agente immobiliare, se la casa la posso visionare sul web?
Dice: ma molte aziende riportano la produzione in Occidente. Vero. Ma si tratta di produzioni a basso tasso di manodopera. Le stampanti 3-D hanno bisogno di pochi tecnici, non di molti operai. E pure il geometra diventa superfluo, se le rilevazioni le fa il drone. Certo, sono nati anche altri lavori. Ma sono molti meno di quelli che muoiono. Denunciare il divorzio tra lavoro e ricchezza (e merito), il privilegio di chi incassa milioni di euro di buonuscita da aziende che ha rovinato, il rischio di nuove bolle finanziarie e immobiliari, non è neomarxismo; è un’analisi lucida, che richiede contromisure politiche in difesa di un ceto medio sempre più impoverito.


Chi ama Bologna è impressionato dal degrado della vita notturna e dal decadimento culturale, che ho fatto notare più volte. Leggo su Sussidiario.net la risposta di Francesco Brignoli e dei suoi amici, che hanno fondato “Campus By Night” proprio per riempire di contenuti le notti degli universitari bolognesi. Non ne conosco gli esiti, ma l’idea mi pare ottima. Non ho mai ricevuto la lettera (o la mail) che mi hanno mandato, ma cedo volentieri loro la parola: “Abbiamo scritto ad Aldo Cazzullo, per dirgli che ci siamo e perché ci siamo. È dalla certezza che non veniamo dal niente e non è il niente ciò a cui tendiamo che nasce il nostro entusiasmo, la nostra passione e il tempo dedicato a costruire i giorni del Campus By Night. Speriamo, senza alcuna presunzione, che questo possa contagiare una generazione come la nostra, e contribuire in questo modo a costruire la nostra splendida città”.