Carlo Panella, Libero 30/05/2014, 30 maggio 2014
PUTIN CORONA IL SUO SOGNO: L’URSS È RIFONDATA
Rinasce l’UnioneSovietica, anche se in formato small: ieri infatti Vladimir Putin ha coronato il suo sogno e ha varato la nascita della sua “Comunità Economica Euroasiatica” (CEEA) che unisce in un mercato omogeneo e senza barriere doganali Russia, Kazakistan e Bielorussia, che contano su un Pil complessivo di 2.700 miliardi di dollari. Il tutto concentrato essenzialmente nella estrazione di energia da esportazione, in quantità tale da condizionare il pianeta, come ha fatto notare con orgoglio Putin: «Oggi abbiamo creato un centro di sviluppo economico potente e attraente, un grande mercato regionale che mette insieme 170 milioni di persone. La nostra Unione ha enormi riserve di risorse naturali, inclusa l’energia, che rappresenta il 20% delle riserve di gas mondiale e il 15% di quelle petrolifere». Entro l’anno raggiungeranno l’Unione Eurasiatica anche Armenia e Kirghizistan portando così a 5 le repubbliche dell’ex Urss (che ne contava 15 nel suo format “large”) che dopo 23 anni dalla caduta del comunismo sovietico armonizzano le loro economie. Il tutto non casualmente all’indomani della firma dello “storico trattato” sulla fornitura di energia da parte di Putin alla Cina comunista, che integra di fatto le economie russa e cinese e comporta una quasi meccanica armonizzazione delle politiche sulla scena internazionale. Nel complesso, Putin ha assemblato una “massa critica” imponente sotto il profilo economico che crea un soggetto nuovo sulla scena internazionale, in evidente contrapposizione col grande blocco politico-economico costituito dall’Unione Europea. Putin ha insomma rivolto la sua Russia decisamente verso l’Asia, ha cessato di guardare all’Europa se non in termini al minimo di concorrenza, se non di “bassa conflittualità”. Il tutto, basato sull’immenso potenziale energetico che Russia, Kazakhistan, Bielorussia e Kirghizistan possono gettare sul piatto condizionando così un Europa in permanente debito di energia.
parto per la nascita di questa mini Urss è stato travagliato e ha registrato non poche resistenze da parte del presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko e di quello del Kazhakistan Nursultan Nazarbajev preoccupati a ragione proprio per le evidenti motivazioni politiche che hanno spinto Putin a accelerare i tempi e a stringere subito l’accordo. Motivazioni che possono imbrigliarli dentro il nuovo “blocco”. È infatti evidente che Putin intende rafforzare al più presto e con metodi spicci una collocazione internazionale della Russia come Grande Potenza non più regionale, ma planetaria. Una Grande Potenza che esercita egemonia sui Paesi ex Urss, per rispondere con energia all’assedio che a suo modo di vedere gli stanno scatenando l’Unione Europea e Usa che di fatto sono riusciti a sottrarre l’Ucraina, o quantomeno la parte occidentale dell’Ucraina alla storica influenza russa. Minaccia questa che per la visione strategica russa è considerata micidiale. Tutto il pensiero geopolitico e la strategia militare secolare dei governanti russi, anche di quelli formatisi nell’ Urss, è infatti basato sui “lunghi spazi”, sull’impossibilità materiale, territoriale per l’avversario di penetrare con rapidità dentro il cuore del potere Grande Russo. Se si guarda alla dinamica delle invasioni napoleoniche e ancor più all’invasione hitleriana del 1941, le ragioni di questa indispensabile difesa dei “lunghi spazi” ai propri confini risultano evidenti. Proprio queste motivazione geostrategiche di una Russia di Putin alla ricerca di una rinata dimensione di Grande Potenza hanno spinto negli ultimi mesi sia Nazarbajev che Lukaschenko a una estrema prudenza nei confronti di questo passo. Inutilmente però. Questa clamorosa novità pone ora dei problemi non piccoli all’Europa e costringe gli apprendisti stregoni di Bruxelles che hanno così male gestito la crisi ucraina a rivedere dalla base tutte le strategie continentali. L’Orso russo si è rialzato, si è rafforzato e presidia con forza lo spazio asiatico. Novità inquietante.