Gaia Piccardi, Corriere della Sera 30/05/2014, 30 maggio 2014
TAYLOR, SOVRAPPESO E VINCENTE L’AMERICA NON VOLEVA CHE GIOCASSE
«Vai cicciottella! Sono fiero di te: stai vivendo il tuo sogno così come sei...». Il tweet dell’ultrà, il primo di tanti, risale all’inizio di maggio, quando fu certo che lei, la tennista 18enne americana Taylor Townsend, cicciottella, avrebbe partecipato al campionato del mondo sulla terra battuta. Il Roland Garros. Noi l’abbiamo scoperta mercoledì, quando le rotondità della numero 205 della classifica mondiale hanno surclassato il nasino all’insù e l’asciuttezza da taglia 40 dell’enfant du pays , la beniamina di casa Alize Cornet, assicurando alla sorpresa oversize del torneo un ghiotto terzo turno, oggi, contro la spagnola Carla Suarez Navarro, una tipetta vivace che tenterà di sbranare Taylor prima di essere pappata.
Fin qui, la nuda cronaca. Poi, c’è tutto il resto. Le occhiate impudiche del pubblico pagante, a Parigi schizzinoso anzichenò, abituato ai muscoli torniti di Serena Williams, al viso di porcellana di Ana Ivanovic e al fisico da modella di Maria Sharapova, la divina che in un ipotetico e futuribile quarto di finale potrebbe incrociare la Townsend in un match da tutto esaurito: Usa contro Russia, bianca contro nera, magra contro rotonda e via dicendo, quasi un reality show più vero del vero. I commenti delle colleghe (l’italiana Flavia Pennetta, che ha battuto Taylor al torneo di Indian Wells, vinto recentemente: «A vederla non sembra per niente in forma, però si muove meglio di quanto immagini ed è potentissima»). E il dibattito esploso sui social network: una così, prototipo dell’anti-atleta, fa bene o male al tennis? Monica Vaillant, ex pallanotista, psicologa dello sport, non ha dubbi: «Intanto una ragazza che non è come la società le dice di essere, già mi piace... Forse il peso in eccesso la limiterà nel prossimo futuro, probabilmente non vincerà il Roland Garros, però ha mostrato di saper fare il suo sport, in cui oltre all’aspetto atletico contano tecnica e testa, che non le mancano. È assurdo anche solo pensare che con quel look non avrebbe nemmeno dovuto presentarsi a Parigi...». Ma quanto pesa Taylor Townsend? L’annuario del tennis omette altezza e chili, però non è raro nel caso di atlete giovani, appena affacciatesi sulla ribalta del professionismo (Parigi è il suo primo Slam della carriera) e in rapido, e vertiginoso, cambiamento fisico. I problemi di peso dell’americana, che ufficiosamente sfiora gli 80 kg per 170 cm, erano noti alla federazione statunitense già nel 2012, quando Taylor, conquistato l’Australian Open juniores a 15 anni, si preparava ad affrontare l’Open Usa di categoria da favorita. Fu il Wall Street Journal , a quel punto, a far esplodere un caso di discriminazione di cui negli Usa si parlò parecchio. «La federtennis ha detto che non mi pagherà le spese d’iscrizione al torneo e di viaggio — raccontò la tennista —. Non vogliono che io partecipi. Vogliono che io mi concentri sulla mia forma fisica...». Fu la madre di Taylor, Sheila, a permettere alla figlia di giocare il torneo (dove arrivò nei quarti). E a fine stagione la Townsend mollò gli allenatori federali per accasarsi da una vecchia conoscenza del tennis statunitense, la finalista di Wimbledon ‘90 Zina Garrison, difesa dai commentatori sportivi, dai talk show («Is she too fat to play?» era la domanda rivolta ai telespettatori) e dagli atleti, Serena Williams in testa: «È una tragedia. Chiunque merita di giocare a tennis. Soprattutto un’afroamericana, la cui vita negli Usa non è mai in discesa. Le atlete hanno forme del corpo, taglie e colori diversi. Non deve essere un problema». La difesa della federazione, affidata a Patrick McEnroe («C’è un malinteso: non è una questione di taglia ma di benessere della ragazza: siamo preoccupati per la sua salute a lungo termine...»), fratello del mitico John, arrivò fuori tempo limite, quando il caso era già deflagrato.
Talentuosa, mancina, evidentemente limitata negli spostamenti, Taylor ha l’abitudine di leggere i suoi appunti al cambio di campo: «Cosa c’è scritto? Segreto. Ma è un’abitudine che mi aiuta a restare concentrata». Per salire in classifica (è numero 205) dovrà lavorare: «Se giochi sovrappeso sei a rischio infortuni — fa notare Raffaella Reggi, ex n.13 del mondo, la pioniera delle nostre donne d’esportazione —. Ma toccarle il cibo, rischiando di alterare i suoi equilibri psicofisici, non sarà facile. La realtà del tennis femminile moderno è questa: c’è posto per tutte». Oggi che Taylor Townsend campeggia, sorridente e paffuta, sulle pagine di tutti i giornali, l’occasione di trasformare la sua storia in una parabola edificante, con lieto fine come nei film di Frank Capra, è irresistibile. «Accettandosi così com’è, contro tutto e tutti, è diventata più forte come persona e come tennista» garantisce la Garrison. La stessa Taylor ci mette del suo: «Se quello che ho passato per arrivare fino a Parigi è d’ispirazione per gli altri, sono felice». E il ruolo dell’icona, questa è la grande novità che la riguarda, le calza a pennello.