Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 30/05/2014, 30 maggio 2014
PUTIN RICREA LA «PICCOLA URSS» AL VIA L’UNIONE EUROASIATICA
MOSCA — Russia, Kazakistan e Bielorussia hanno firmato ieri l’intesa per la creazione dell’Unione economica euroasiatica che nei sogni di Vladimir Putin avrebbe dovuto essere l’erede dell’Urss, il cui scioglimento nel 1991 fu definito dallo stesso presidente russo «una delle più grandi catastrofi del secolo». Quella che nasce è però solamente l’allargamento di una unione doganale con una specie di Stato-vassallo, la Bielorussia, e con il grande produttore di gas e petrolio dell’Asia Centrale che ha fatto di tutto per annacquare i vincoli del nuovo organismo. Manca poi l’Ucraina, che proprio sulla vicinanza alla Russia piuttosto che all’Unione Europea si è spaccata clamorosamente ed è finita nella attuale situazione. Ad Astana, dove hanno ospitato la cerimonia della firma, i kazaki sono stati molto chiari: «Si tratta di una Unione economica che non tocca temi come l’indipendenza e la sovranità politica dei Paesi membri» ha precisato Nursultan Nazarbayev. D’altra parte il presidente kazako è l’unico leader ancora in carica tra quelli che nel 1991 certificarono la morte dell’Unione Sovietica proclamando l’indipendenza delle loro Repubbliche (Russia, Ucraina e Bielorussia, inoltre, sciolsero l’Urss).
Per Putin, comunque, l’intesa rappresenta un importante risultato, che segue la firma di un maxiaccordo di forniture energetiche alla Cina della settimana scorsa. Il leader russo pensa così di dimostrare che il suo Paese non teme le sanzioni e l’isolamento occidentale. La Russia può diventare leader di una possente coalizione di Paesi che ruotano attorno a lei. Una sorta di nuova superpotenza economica sullo stesso piano dell’Unione Europea, della Cina e degli Stati Uniti.
Ma le cose non stanno così. I due principali membri dell’Unione, Russia e Kazakistan, sono solo dei grandi esportatori di gas e petrolio legati indissolubilmente ai loro clienti. Per il resto non producono quasi nulla. La Bielorussia, guidata da Aleksandr Lukashenko, definito l’ultimo dittatore d’Europa, è un Paese di appena 9 milioni e mezzo di abitanti che sopravvive solo grazie agli aiuti russi. Tutti assieme i tre hanno un prodotto interno di appena 2.800 miliardi di dollari, di poco superiore a quello della sola Gran Bretagna (gli Usa, invece, hanno un Pil di 17 mila miliardi).
L’idea originaria era di aggregare al nuovo organismo (che, guarda caso, ha la sua sede a Mosca) gran parte delle ex repubbliche sovietiche. Ma chi può, se ne tiene alla larga. Turkmenistan e Azerbaigian, produttori di gas e petrolio, guardano all’Occidente, dove vendono il loro greggio. Perfino alcuni dei piccoli e poveri, come il Tagikistan, non sembrano entusiasti dell’idea di finire in questa Unione. Si aggiungeranno invece il Kirghizistan e l’Armenia, che dipendono fortemente da Mosca. Ma in entrambi i casi si tratta di due economie assai piccole e povere.
Pure Lukashenko ha puntato i piedi fino a che ha potuto, per non perdere la sua autonomia e per ottenere il più possibile da Putin. All’ultimo momento ha spuntato nuove concessioni che valgono un miliardo e mezzo di dollari.
L’Unione faciliterà la libera circolazione di mezzi e di uomini, oltre alla creazione di uno spazio economico comune. Cose che in parte già esistono, in base ai vecchi accordi degli anni Novanta. Bloccate per ora le idee su passaporti comuni e moneta unica (ovviamente il rublo), per non parlare delle forze di frontiera uniche. Astana è molto cauta, anche perché non condivide affatto la politica estera di Putin. «Noi non ci impicciamo di quello che la Russia fa politicamente e loro non possono dirci quale politica estera seguire», ha chiarito il primo vicepremier kazako Bakytzhan Sagintayev. L’idea che Mosca possa in qualsiasi momento intervenire per proteggere i russi all’estero, come ha detto Putin, li terrorizza: un quarto dei suoi 17 milioni di abitanti sono di etnia russa. Lukashenko è stato l’unico durante la cerimonia a citare l’Ucraina, il Grande Assente. E lo ha fatto in termini niente affatto rassicuranti: «Prima o poi anche le autorità ucraine capiranno da che parte stia la felicità».