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 2014  maggio 30 Venerdì calendario

M5S, LA SINDROME TUTTI CONTRO TUTTI

Il risultato delle elezioni europee ha fatto scoprire al Movimento 5 Stelle una dimensione inedita: la sconfitta. Di fronte a una novità, stanno reagendo esattamente come tutti quelli che ci sono passati prima di loro. Scontri, psicodrammi, autoanalisi. Elaborare una delusione, anche in politica, non è mai stato facile. Ingrediente primo dovrebbe essere una seria autocritica, che però al momento si palesa a fasi alterne. C’era nel video di Grillo in cui prendeva un Maalox, non c’è nel mirror climbing del “tutto sommato abbiamo vinto”, “è colpa di giornalisti e pensionati”. O, peggio ancora, nella teoria dei brogli e del complotto.
È vero, come scriveva ieri Di Battista, che in Italia quasi 6 milioni di voti alle Europee sono “un trionfo” per un movimento giovane e anomalo. Il problema è che, dopo mesi di “vinciamo noi”, sarebbe parso deludente anche un 28%. La comunicazione resta un tallone d’Achille per M5S ed è proprio questo aspetto a rivelarsi nuovamente critico nella elaborazione della sconfitta. È di ieri la faida tra i “responsabili della comunicazione” e il tandem Grillo-Casaleggio. Primo aspetto: Biondo, Messora e Casalino hanno fatto molti errori, ma a metterli lì sono stati proprio Grillo e (più che altro) Casaleggio. In un primo momento c’era pure Martinelli, che durò meno di Tabarez al Milan e fu cacciato dai deputati stessi del Movimento (oggi Martinelli sverna a Matrix ed è bravissimo a desertificare il consenso. Persino più di Becchi). Secondo aspetto: i responsabili della comunicazione, nel merito, hanno ragione. Nel dossier scrivono: “Abbiamo trasmesso energia distruttiva”; “L’hashtag #vinciamonoi scelta paradossale con effetto perverso”; “Parlamentari percepiti come saccenti”; “Bisogna prendersi le piazze mediatiche degli altri”. Condivisibile anche Silvia Virgulti, Tv-coach esterna allo staff che – riferiscono fonti parlamentari – ha criticato la comunicazione “negativa” di Grillo e il messaggio “inquietante e non rassicurante” di Casaleggio.
La Virgulti ha ragione anche quando afferma che i voti sarebbero stati molti di meno se i parlamentari più bravi non fossero andati in piazze e tivù. Casaleggio e Grillo non hanno gradito, ed è un eufemismo, sia per il contenuto (e qui hanno torto) sia per il modo (e qui non hanno torto). La disillusione ha sdoganato il protagonismo a tutti i costi, tramutando chiunque in eroe che conosce la cura. Se poi Biondo e Casalino paiono avere le idee chiare, non le hanno sempre avute in passato, ora mandando parlamentari allo sbaraglio mediatico (Carla Ruocco a Otto e mezzo) e ora impedendogli di frequentare determinati talk-show.
Quel dossier doveva restare interno, ma è diventato una mannaia pubblica che erotizza gli avversari. E se i responsabili della comunicazione sbagliano la comunicazione, ricevendo strali anzitutto da chi gli ha dato quel ruolo, il cortocircuito è totale. Nel delirio generale è rispuntata fuori anche Roberta Lombardi. Ieri, dopo aver tuonato per la millesima volta contro i dissidenti brutti, sporchi e cattivi, ha oltrepassato la leggenda: “Sui palchi o in tv ci vanno Di Battista, Morra, Di Maio o la sottoscritta semplicemente perché siamo più bravi”. Lombardi ha citato nomi effettivamente bravi, eccezion fatta chiaramente per il suo: se tutti i parlamentari fossero come lei, M5S prenderebbe il 2%. A inizio legislatura ha fatto più danni della grandine e la sua boria esibita in streaming resterà negli annali, eppure non l’ha ancora capito: qualcuno abbia il buon cuore di dirglielo (magari la Virgulti).
Il movimento 5 Stelle è in difficoltà ed è naturale. Tutto è risolvibile, tranne forse una cosa: l’alleanza con un figuro improponibile come Farage. Un’idea poco meno che allucinante. Per ora Grillo parla solo di “sondare il terreno”, ma con uno come Farage ci si dovrebbe fermare assai prima: cosa vuoi sondare con uno come Farage? La deputata 5 Stelle Giulia Sarti, che forse adesso verrà inserita tra i “dissidenti” dalle talebane-tafazzi tipo Lombardi, ha detto: “Appena ho saputo dell’incontro, ho pensato: perché l’Ukip? La sua campagna elettorale l’ho schifata più ancora di quella della Le Pen. Poi se il Movimento facesse un gruppo con l’Ukip, saremmo anche costretti, noi qui in Italia, a votare contro le loro posizioni in Europa, ad esempio sull’immigrazione. M5S non ha nulla in comune con Farage”. Parole condivisibili e inattaccabili. Da scolpire sulla pietra. Chissà se Grillo e Casaleggio, per una volta, ammetteranno in tempo lo sbaglio.
Andrea Scanzi