Roberto Fiori, La Stampa 30/5/2014, 30 maggio 2014
MARCHI REGISTRATI E 007 LE ARMI DEI PRODUTTORI PER SCONFIGGERE LE FRODI
C’è chi ha sguinzagliato i suoi 007 tra gli scaffali di enoteche e supermercati in mezzo mondo. C’è chi si è messo a registrare i propri vini nei vari Paesi come marchi collettivi d’impresa. E c’è chi ha anche aperto un ufficio di rappresentanza a Bruxelles, il più possibile vicino alla stanza dei bottoni.
Le strategie dei consorzi di tutela dei principali vini italiani per contrastare la piaga delle truffe, delle contraffazioni e degli usi impropri sono tante e dispendiose, anche se a volte sembrano il classico cucchiaino per svuotare il mare, tanto il fenomeno è diffuso e tenace. Da più di un anno, ad esempio, il Consorzio del Prosecco Doc ha assoldato una specie di agente segreto che ogni giorno entra ed esce da bar, enoteche e supermarket esibendo un tesserino con il timbro del Ministero, con cui può segnalare irregolarità e infrazioni tali da comminare multe da duemila a 20 mila euro.
Lo stesso fanno a Montalcino, dove da anni è garantita la tracciabilità di ogni singola bottiglia di Brunello, comodamente, sul sito del Consorzio. Anche il Consorzio del Barolo da giugno avrà il suo agente in missione segreta, con il compito di stanare etichette fasulle. «Sarà un ufficiale pubblico a tutti gli effetti - spiega il presidente Pietro Ratti - che il Consorzio potrà permettersi di pagare grazie a un contributo di tutti i produttori pari a 5 millesimi a bottiglia». Anche se, dice ancora Ratti, «i produttori stessi sono degli ottimi “poliziotti”, sempre in giro per il mondo. Appena vedono qualcosa che non va, fanno scattare l’allarme».
I tre Consorzi di tutela del mondo Prosecco hanno unito le forze e aperto un ufficio di corrispondenza a Bruxelles come presidio in seno all’Unione Europea contro le minacce intra e extra Ue. «Il tema è per noi centrale non solo per offrire garanzie al consumatore ma anche per proteggere il lavoro dei produttori che con serietà e impegno hanno costruito il successo di questo vino - dice Innocente Nardi, presidente del Consorzio Conegliano Valdobbiadene -. Una protezione che deve essere garantita anche nei Paesi Terzi. Per ora è stato ottenuto un risultato straordinario grazie agli accordi bilaterali negli Stati Uniti». Ma il prossimo obiettivo saranno Brasile ed Australia, dove il nome Prosecco non è ancora tutelato e dove esiste, tra i canguri, una «Strada del Prosecco».
Altro flagello sono i wine kit che proliferano sul web. Non si fa in tempo a rimuoverli da un sito, che già appaiono su un altro, promettendo grandi vini «fai da te». Amarone, Barolo e Brunello sono i marchi più colpiti. «Il Consorzio tutela vini Valpolicella sta valutando l’ipotesi di attivare un sistema di sorveglianza permanente affidato a una società specializzata», dice la direttrice Olga Bussinello. «Opererà a livello internazionale dalla fine del 2014: l’obbiettivo è quello di tutelare la denominazione, ma soprattutto il consumatore».
I costi per queste battaglie sono molto elevati: dal 2009 il Consorzio del Barolo ha investito oltre 300 mila euro solo per la registrazione dei marchi Barolo e Barbaresco nel mondo. L’unico ad aver respinto la richiesta di registrazione dei due vini è stato l’ufficio brevetti di Teheran, in Iran. «Si tratta di bevande alcoliche, che vanno contro i dettami della Repubblica Islamica», è stata la motivazione giunta fino ad Alba.
Roberto Fiori, La Stampa 30/5/2014