Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 30 Venerdì calendario

LO STATO INVESTE E L’ECONOMIA TORNA A CORRERE


Mariana Mazzucato di recente si è fatta una buona risata quando ha messo l’una accanto all’altra le edizioni inglese, tedesca e italiana del suo ultimo libro. Ma non lo ha fatto perché questo è il successo internazionale di una economista italiana invitata ovunque nel mondo, eppure pressoché sconosciuta nel suo Paese. C’era un dettaglio in più: Mazzucato, che insegna economia dell’innovazione all’università del Sussex, poteva trovare una traccia di come evolvono la cultura o le aspirazioni nei vari Paesi semplicemente seguendo il cambiamento del titolo del suo libro nelle varie edizioni.
Quella originaria in inglese si intitola The Entrepreneurial State , «lo Stato imprenditore». Quella tedesca Das Kapital des Staates, «Il capitale dello Stato». Ma quella italiana, appena uscita per i tipi di Laterza, è intitolata invece Lo Stato innovatore.
Come se da noi fosse così difficile credere che lo Stato può diventare un modello imprenditoriale, o che crei capitale e valore e non solo debiti, forse è sembrato meglio andarci piano con le promesse.
Mazzucato è palesemente fiera di uscire anche in Italia. L’idea di fondo del suo saggio, basato su molti esempi negli Stati Uniti, è che lo Stato molto spesso ha un ruolo essenziale nel sostenere i primi passi dei grandi processi di innovazione. È fuorviante pensare che lo faccia solo o spesso il mercato. Accade quando un progetto è troppo vago o un rischio troppo alto perché si trovino in giro molti privati disposti a correrlo. Uno degli ultimi casi è Tesla, la grande casa californiana di auto elettriche decollata nel 2010 con un prestito del governo da 465 milioni di dollari.
Ma proprio questo le fa storcere la bocca di fronte a ciò che accade in Italia. Non è solo l’inefficienza della macchina burocratica. Il problema, spiega, è che sarà sempre più difficile attrarre nelle agenzie pubbliche innovatori di talento se è il governo per primo a prendersela con i burocrati, rappresentandoli come un ceto parassitario.
Mazzucato parla dell’importanza di avere la «diagnosi giusta» della crisi degli ultimi anni: «Dobbiamo chiederci perché abbiamo perso tanta competitività. Non può essere solo perché non abbiamo voluto le riforme del lavoro che Gerhard Schroeder ha fatto in Germania. È anche che lo Stato ha abdicato al ruolo di finanziatore e forza intellettuale per l’innovazione e le tecnologie». In Spagna il governo ha tagliato il bilancio di ricerca e sviluppo del 40%, quando era ai livelli degli scandinavi. In Italia è bassissimo da anni. «La realtà è che non dobbiamo fare ciò che gli americani dicono, ma ciò che fanno». Ciò che dicono, è che tutto avviene tramite il mercato. La realtà però è che l’amministrazione di Ronald Reagan ha continuato a finanziare con crescente generosità grandi motori pubblici d’innovazione come il National Institute of Health o Darpa, l’agenzia di ricerca della Difesa. È lì che si è formato il cuore dell’innovazione di Silicon Valley. Ora anche l’Italia, propone l’economista, dovrebbe ritrovare un po’ dello stesso orgoglio e della stessa determinazione. Mazzucato invita ad aprire gli occhi e a guardare a questi fattori fuori dall’ideologia. Finalmente, forse, anche come tardiva profeta in patria. Mariana Mazzucato sarà ospite domani al Festival dell’Economia di Trento.

Federico Fubini, la Repubblica 30/5/2014