Maurizio Ricci, la Repubblica 30/5/2014, 30 maggio 2014
LA SECONDA VITA DEL LEADER
Come spesso nelle (nostre) barzellette, è il tedesco a far la figura del goffo e dell’ingenuo. E così, per onorare il suo stipendio da 250 mila euro l’anno come presidente di Nord Stream, il gasdotto russo-tedesco di Gazprom, ecco Gerhard Schroeder, ex cancelliere di Germania, abbracciare calorosamente Putin a San Pietroburgo, davanti alle telecamere, qualche settimana fa, negli stessi giorni in cui buona parte del mondo già guardava al leader russo come una minaccia alla pace mondiale. Più abili, come nelle barzellette, anche se altrettanto spregiudicati, l’inglese, gli spagnoli e l’italiano hanno, finora, salvaguardato la loro immagine pubblica, nonostante ripetuti incontri e calorosi abbracci con personaggi discutibili come Gheddafi, l’iraniano Ahmadinejad o il kazako Nazarbayev, pezzi forti di un vorticoso giro d’affari ai quattro angoli del mondo. Schroeder, infatti, non è l’unico grande ex della politica ad essersi fatto una seconda vita fornendo i propri buoni uffici al business internazionale. Anzi, è quello che, a quanto pare, ci guadagna di meno, rispetto a gente con più pelo sullo stomaco, come Tony Blair, Felipe Gonzalez e José Aznar, con i loro incassi milionari.
A spendere serenamente la pensione, contentandosi di dipingere, anche con qualche talento, ritratti e nature morte pare, in effetti, essere rimasto solo George W. Bush. Gli altri ex — da Clinton a John Major ad Al Gore — come minimo tengono lezioni e conferenze, assai ben pagate. Di solito — nel circuito degli ex della politica — da 40 mila a 80 mila euro per un’ora e mezza di prestazione. A questo, molti — lo stesso Gore, Peter Mandelson e, per farla breve, quasi tutti — affiancano un seggio in uno o più consigli di amministrazioni di multinazionali e grandi aziende.
E qui il terreno comincia a farsi scivoloso, anche se solo sul piano del buon gusto. Perché una cosa è sedere in un consiglio d’amministrazione, più o meno come testimonial, un’altra è agire attivamente come consulente, mettere sul piatto competenze e conoscenze per aprire investimenti o mediare affari. È il terreno su cui troviamo l’ex presidente del Consiglio e l’ex presidente della commissione Ue, Romano Prodi. Il consulente economico internazionale, Prodi l’ha sempre fatto, fin da prima della politica e ha anche le credenziali accademiche e professionali per farlo. Nulla di strano che ci si ritrovi, una volta tornato privato cittadino. Peccato che questo lo porti in sgradevoli compagnie. Come il collegio dei consulenti, chiamati a suggerire riforme al leader kazako Nazarbayev, che molti giudicano uno spietato dittatore. Non è chiaro quali riforme siano state suggerite, ma il consesso è illustre, visto che, accanto a Prodi, siedono star come Schroeder e, soprattutto, Tony Blair.
L’ex leader laburista, in effetti, incarna meglio di ogni altro la figura di «giovane emergente di ritorno », nella veste di politico trombato a 50 anni, che si sta riciclando come promettente uomo d’affari. A Londra gli rimproverano di mischiare troppo attività di beneficenza, incarichi politici internazionali (come inviato speciale per il Medio Oriente) e trattative d’affari. Ma ha l’aria di essere un deliberato e non casuale modello di business. Accuratamente organizzato. C’è una società ombrello, la “Tony Blair Associates”, per le operazioni dichiaratamente commerciali, che sono, dichiara il sito relativo, consulenze a governi, multinazionali, investitori istituzionali. In questa veste, ad esempio, Blair ha recentemente firmato un contratto con il governo della Mongolia. Ma è assai attivo anche nel Golfo Persico. Per conto proprio, di singoli governi o aziende, di una grande banca come J.P. Morgan, di cui è ufficialmente consulente? Difficile saperlo, perché i conti della Tony Blair Associates sono assai poco trasparenti. Le due controllate, Windrush e Firerush, sono a responsabilità limitata e dunque tenute a comunicare pubblicamente l’indispensabile. Della prima si sa che, nel 2012, ha fatturato per circa 20 milioni di euro. In totale, secondo le stime, Blair dovrebbe arrivare ad incassare più di 30 milioni di euro l’anno: un fatturato più che rispettabile per un’azienda che, al servizio dell’ex leader, impiega uno staff di 150 dipendenti.
La strada a Blair l’aveva indicata un altro grande leader socialista, Felipe Gonzalez, anche lui spinto fuori dalla politica, poco dopo aver compiuto 50 anni. Gonzalez (oggi un vispo ultrasettantenne, fresco di nuove nozze) ha fondato, una decina d’anni fa, una società di consulenza, la Ialcan, insieme ai tre figli. È qui che canalizza la sua attività di mediatore. Quale? Sostanzialmente, Felipe è l’uomo in Europa di Carlos Slim, il magnate messicano delle tlc, il secondo uomo più ricco al mondo dopo Bill Gates (secondo le indiscrezioni, è un ruolo che gli vale circa mezzo milione di euro l’anno). Contemporaneamente, Gonzalez (che non ha mai imparato l’inglese) cura gli interessi in America latina del gruppo informatico ed editoriale Prisa, che pubblica, fra gli altri, El Pais . Ialcan fattura mezzo milione di euro l’anno e, partita con un capitale sociale di 3.100 euro, ha oggi un patrimonio accumulato di 2,6 milioni.
Chi l’inglese si è preoccupato di impararlo a tappe forzate, una volta lasciata la politica, è Josè Aznar, il leader di centrodestra che sostituì Gonzalez alla Moncloa, per uscirne anch’egli appena cinquantenne. Infatti, a parte un contratto di consulenza con Endesa, la società elettrica spagnola, per l’America latina (ma ora che la proprietà è dell’Enel, il contratto potrebbe saltare), il grosso dell’attività di Aznar coinvolge aziende Usa. Il partner di Bush, Blair e Berlusconi nell’avventura irachena è consigliere o consulente della News Corp. di Murdoch, di giganti legali-contabili come Kpmg e Dla Piper, di colossi energetici come Doheny, del maggior produttore di oro al mondo, il canadese Barrick Gold, per cui Aznar ha appena concluso un accordo per una miniera a Santo Domingo.
Un vorticar d’affari che lo ha ormai separato dalla politica: nel 2013 Aznar è stato in viaggio, lontano dalla Spagna, per 190 giorni su 365, peregrinando attraverso 22 paesi diversi.
Dicono gli esperti che ognuno di quei ruoli porta ad Aznar 200 mila euro l’anno. Il totale sarebbe di un milione di euro l’anno, ma la società di consulenza di cui è amministratore unico, Famaztella, nel 2013 ha fatturato solo 242 mila euro. Il patrimonio accumulato dalla società, partita con un capitale sociale di 3 mila euro, è, comunque, di 2 milioni.
Maurizio Ricci, la Repubblica 30/5/2014