Massimo Cecchini, La Gazzetta dello Sport 30/5/2014, 30 maggio 2014
LADY PRANDELLI: «DAI CESARE, ANDIAMO IN FINALE»
«Il mio primo libro me lo regalò mio nonno Piero Del Vecchio: una monografia su Giorgione. Bello, per carità. L’unico fatto è che avevo 7 anni e pensai: “Accidenti, ma non mi poteva regalare una Barbie come si fa con tutte le bambine?”». Difficile darle torto. Da quel giorno però Novella Benini, 42 anni, e compagna del c.t. Cesare Prandelli da 4, ha cominciato un percorso che non si è mai interrotto, andando a volte contro una serie di silenziosi luoghi comuni che vogliono una ragazza carina refrattaria ai libri, nonostante lei appartenga a una nobile famiglia fiorentina di grandi tradizioni e altrettanta cultura. Tra adesioni e ribellioni, la sua strada l’ha condotta insieme a noi in una elegante libreria romana, a giocare al Mondiale utilizzando proprio i libri come filo conduttore.
In che modo la lettura la lega a Prandelli?
«Le dico solo che ho un’amica molto cara che è appassionata di libri come me, ebbene, è stata proprio lei a presentarmi Cesare. Bello, no?».
Che cosa c’è in comune tra la passione per quel volume di Moehringer che le spunta dalla borsa, e il calcio con cui deve convivere?
«Più di quanto creda. Cesare ama leggere, soprattutto le biografie o i saggi, ma non solo. Ad esempio “Stoner” di Williams me l’ha consigliato lui».
Gli trasmetta i complimenti: gran libro. Ma lei come se la cava col fuorigioco?
«Senta, se vuole che reciti il ruolo della bionda svampita, lo faccio senza problemi, ma sarà più difficile leggere Kafka che capire la posizione di un giocatore quando parte la palla, no?».
Non abbiamo dubbi. Sarà per questo che di libri nei ritiri se ne vedono pochi.
«Poverini. Tutti dicono che sentono il bisogno di evadere e, se è così, allora meglio una partita alla playstation. D’altronde la lettura è un’abitudine: prima ti leghi alle storie, poi alle parole, alla punteggiatura. E a quel punto sei prigioniera».
Lei però è anche un po’ prigioniera del calcio.
«Non me lo dica. Cesare è bresciano, e quindi preciso. Ogni partita che c’è in tv la deve vedere. “Amore, è lavoro”, mi dice, ma gli piace che io resti con lui. Io ovviamente lo faccio, però nel frattempo guardo l’iPad».
Le piacerebbe essere definita la first lady del calcio italiano?
«Be’, alla mia età dire girlfriend saprebbe un po’ di zitella, ma non mi sento proprio una first lady».
Magari se l’Italia vincesse il Mondiale vi potreste sposare.
«No, stiamo bene così. Abbiamo una bella famiglia allargata con le mie sorelle Olimpia e Viola, figli, ex mariti e nipoti. Piuttosto ho fatto tutti i tipi di voti per un buon risultato. Sarei disposta persino a tagliarmi i capelli, ma altre cose non le dico per scaramanzia».
Contenta che Prandelli sia stato confermato c.t.?
«Uno come Cesare ha fatto bene all’immagine dell’Italia. E all’estero credo sia più stimato che da noi».
Nonostante le origini nobili, lei sembra tutt’altro che paludata. Basti vedere l’anellino che ha al naso e alcune sue foto che girano da ieri sul web.
«Mi viene da ridere, erano foto che ha scattato mia sorella Olimpia 10 anni fa per 100 libricini d’autore. Comunque io sono fricchettonissima. Veronesi, l’oncologo, l’anellino lo chiama “la piccola trasgressione”. Lo misi a 24 anni per far dispetto al mio ex marito».
Con cui è rimasta però in ottimi rapporti.
«Come si costruiscono ottimi matrimoni, si costruiscono ottimi divorzi».
Se lei è anticonformista, anche le prese di posizione del c.t. a favore dell’outing omosessuale nel calcio non sono state banali.
«Esatto. Cesare è così. Si figuri che ha partecipato alla premiazione della “Finocchiona Cup”, un torneo di calcetto. E per noi quella coppa, per ciò che significa, vale come un Mondiale».
Facciamo un gioco: se il Mondiale fosse un giallo, a chi lo farebbe scrivere?
«A Marco Malvaldi. Mi piace da morire. Ha un umorismo da toscano di mare che secondo me assomiglia allo spirito yiddish. E glielo dico io che, pur essendo vissuto sempre a Firenze, sono nata a Livorno. Pur essendo agnostica, col passare degli anni, sono rimasta affascinata dalla cultura e dalla letteratura ebraica. Anche questo forse, per via delle radici ebraiche di mio nonno Piero. Con Cesare, ad esempio, abbiamo fatto un bellissimo viaggio a Gerusalemme e non le nascondo che, visitando il Museo dell’Olocausto, ci siamo commossi tutti e due».
Un momento di commozione invece legato ai libri?
«Nella mia vecchia casa, molto grande, avevo una cappella sconsacrata adattata a libreria. Nel trasloco preparai 102 casse di libri, ma andando in un’abitazione molto più piccola, li regalai agli amici più cari. Fu un gran dolore».
A suo figlio Bonaccorso, 10 anni, che cosa legge?
«Ci crede che Tappo (il soprannome, ndr) si è appassionato a Napoleone? Fino a poco tempo fa quando andava a letto mi chiedeva: “Mamma, mi leggi una storia su quel signore basso?”».
Torniamo al gioco: a Prandelli che cosa regalerebbe in chiave Mondiale?
«“Il tormento e l’estasi” di Irving. E credo che non ci sia molto da spiegare».
E al presidente Abete?
«Qualcosa di Platone, lui è molto filosofico».
Invece a Buffon?
«Forse “I Buddenbrook” di Thomas Mann. Perché tra ascese e cadute c’è la vita intera».
A Balotelli?
«Direi “Il furore” di Steinbeck, perché l’ingiustizia e la rabbia sono sempre stati problemi per tutti».
E a Genny ‘a Carogna?
«Un bel manuale di educazione civica, ovvio».
Al suo amico Matteo Renzi?
«Due cose: “Il club degli inguaribili ottimisti” di Guenassia, e “Memorie di Adriano” della Yourcenar solo per la frase: “Mi sentivo responsabile per la bellezza del mondo”. Anche io mi ci sento. Per questo faccio parte del board dell’associazione: “Gli angeli del bello”, che cercano di curare le bellezze nelle città».
Un’ultima domanda: all’arbitro che avrà l’onere di dirigere la finale che cosa consiglierebbe?
«Facile: la Bibbia. E vai con le preghiere».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MASSIMO CECCHINI
ROMA
«Il mio primo libro me lo regalò mio nonno Piero Del Vecchio: una monografia su Giorgione. Bello, per carità. L’unico fatto è che avevo 7 anni e pensai: “Accidenti, ma non mi poteva regalare una Barbie come si fa con tutte le bambine?”». Difficile darle torto. Da quel giorno però Novella Benini, 42 anni, e compagna del c.t. Cesare Prandelli da 4, ha cominciato un percorso che non si è mai interrotto, andando a volte contro una serie di silenziosi luoghi comuni che vogliono una ragazza carina refrattaria ai libri, nonostante lei appartenga a una nobile famiglia fiorentina di grandi tradizioni e altrettanta cultura. Tra adesioni e ribellioni, la sua strada l’ha condotta insieme a noi in una elegante libreria romana, a giocare al Mondiale utilizzando proprio i libri come filo conduttore.
In che modo la lettura la lega a Prandelli?
«Le dico solo che ho un’amica molto cara che è appassionata di libri come me, ebbene, è stata proprio lei a presentarmi Cesare. Bello, no?».
Che cosa c’è in comune tra la passione per quel volume di Moehringer che le spunta dalla borsa, e il calcio con cui deve convivere?
«Più di quanto creda. Cesare ama leggere, soprattutto le biografie o i saggi, ma non solo. Ad esempio “Stoner” di Williams me l’ha consigliato lui».
Gli trasmetta i complimenti: gran libro. Ma lei come se la cava col fuorigioco?
«Senta, se vuole che reciti il ruolo della bionda svampita, lo faccio senza problemi, ma sarà più difficile leggere Kafka che capire la posizione di un giocatore quando parte la palla, no?».
Non abbiamo dubbi. Sarà per questo che di libri nei ritiri se ne vedono pochi.
«Poverini. Tutti dicono che sentono il bisogno di evadere e, se è così, allora meglio una partita alla playstation. D’altronde la lettura è un’abitudine: prima ti leghi alle storie, poi alle parole, alla punteggiatura. E a quel punto sei prigioniera».
Lei però è anche un po’ prigioniera del calcio.
«Non me lo dica. Cesare è bresciano, e quindi preciso. Ogni partita che c’è in tv la deve vedere. “Amore, è lavoro”, mi dice, ma gli piace che io resti con lui. Io ovviamente lo faccio, però nel frattempo guardo l’iPad».
Le piacerebbe essere definita la first lady del calcio italiano?
«Be’, alla mia età dire girlfriend saprebbe un po’ di zitella, ma non mi sento proprio una first lady».
Magari se l’Italia vincesse il Mondiale vi potreste sposare.
«No, stiamo bene così. Abbiamo una bella famiglia allargata con le mie sorelle Olimpia e Viola, figli, ex mariti e nipoti. Piuttosto ho fatto tutti i tipi di voti per un buon risultato. Sarei disposta persino a tagliarmi i capelli, ma altre cose non le dico per scaramanzia».
Contenta che Prandelli sia stato confermato c.t.?
«Uno come Cesare ha fatto bene all’immagine dell’Italia. E all’estero credo sia più stimato che da noi».
Nonostante le origini nobili, lei sembra tutt’altro che paludata. Basti vedere l’anellino che ha al naso e alcune sue foto che girano da ieri sul web.
«Mi viene da ridere, erano foto che ha scattato mia sorella Olimpia 10 anni fa per 100 libricini d’autore. Comunque io sono fricchettonissima. Veronesi, l’oncologo, l’anellino lo chiama “la piccola trasgressione”. Lo misi a 24 anni per far dispetto al mio ex marito».
Con cui è rimasta però in ottimi rapporti.
«Come si costruiscono ottimi matrimoni, si costruiscono ottimi divorzi».
Se lei è anticonformista, anche le prese di posizione del c.t. a favore dell’outing omosessuale nel calcio non sono state banali.
«Esatto. Cesare è così. Si figuri che ha partecipato alla premiazione della “Finocchiona Cup”, un torneo di calcetto. E per noi quella coppa, per ciò che significa, vale come un Mondiale».
Facciamo un gioco: se il Mondiale fosse un giallo, a chi lo farebbe scrivere?
«A Marco Malvaldi. Mi piace da morire. Ha un umorismo da toscano di mare che secondo me assomiglia allo spirito yiddish. E glielo dico io che, pur essendo vissuto sempre a Firenze, sono nata a Livorno. Pur essendo agnostica, col passare degli anni, sono rimasta affascinata dalla cultura e dalla letteratura ebraica. Anche questo forse, per via delle radici ebraiche di mio nonno Piero. Con Cesare, ad esempio, abbiamo fatto un bellissimo viaggio a Gerusalemme e non le nascondo che, visitando il Museo dell’Olocausto, ci siamo commossi tutti e due».
Un momento di commozione invece legato ai libri?
«Nella mia vecchia casa, molto grande, avevo una cappella sconsacrata adattata a libreria. Nel trasloco preparai 102 casse di libri, ma andando in un’abitazione molto più piccola, li regalai agli amici più cari. Fu un gran dolore».
A suo figlio Bonaccorso, 10 anni, che cosa legge?
«Ci crede che Tappo (il soprannome, ndr) si è appassionato a Napoleone? Fino a poco tempo fa quando andava a letto mi chiedeva: “Mamma, mi leggi una storia su quel signore basso?”».
Torniamo al gioco: a Prandelli che cosa regalerebbe in chiave Mondiale?
«“Il tormento e l’estasi” di Irving. E credo che non ci sia molto da spiegare».
E al presidente Abete?
«Qualcosa di Platone, lui è molto filosofico».
Invece a Buffon?
«Forse “I Buddenbrook” di Thomas Mann. Perché tra ascese e cadute c’è la vita intera».
A Balotelli?
«Direi “Il furore” di Steinbeck, perché l’ingiustizia e la rabbia sono sempre stati problemi per tutti».
E a Genny ‘a Carogna?
«Un bel manuale di educazione civica, ovvio».
Al suo amico Matteo Renzi?
«Due cose: “Il club degli inguaribili ottimisti” di Guenassia, e “Memorie di Adriano” della Yourcenar solo per la frase: “Mi sentivo responsabile per la bellezza del mondo”. Anche io mi ci sento. Per questo faccio parte del board dell’associazione: “Gli angeli del bello”, che cercano di curare le bellezze nelle città».
Un’ultima domanda: all’arbitro che avrà l’onere di dirigere la finale che cosa consiglierebbe?
«Facile: la Bibbia. E vai con le preghiere».