Tino Oldani, ItaliaOggi 29/5/2014, 29 maggio 2014
QUI SI RACCONTA COME RENATO BRUNETTA, MANCATO NOBEL PER L’ECONOMIA, SBAGLIÒ LE PREVISIONI PER IL CAV E DIEDE RENZI PERDENTE E GRILLO VINCITORE
Non per infierire, ma tra gli errori più gravi che Silvio Berlusconi ha compiuto nella campagna per le europee va incluso l’attacco forsennato contro Beppe Grillo. Un errore di stile: lui, che si è sempre vantato di non avere mai insultato i suoi avversari, lo ha definito un «assassino», un aspirante dittatore al pari di Hitler, Stalin e Pol Pot. Ma anche un errore politico: demonizzando Grillo, e non avendo altre proposte per i suoi elettori se non le dentiere gratis e l’animalismo, ha spianato ancor più la strada a Matteo Renzi, che già se l’era spianata da solo con gli 80 euro. Su di lui hanno pesato i sondaggi, che davano Grillo quasi alla pari con Renzi. Ma è probabile che abbiano contato molto i suggerimenti di Renato Brunetta, da tempo il suo consigliere politico più autorevole, due o tre spanne sopra Giovanni Toti, consigliere ufficiale ma senza quid.
Proprio alla vigilia del voto Brunetta ha scritto un pamphlet di 300 pagine («Berlusconi deve cadere. Cronaca di un complotto»), che prende lo spunto dalle rivelazioni dell’ex segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, sul «complotto» ordito in Europa per fare cadere il governo Berlusconi nel novembre 2011, manovra a cui, su consiglio dello stesso Geithner, il presidente Usa Barack Obama rifiutò di aderire. Il libro è scritto con verve polemica (soprattutto contro Giulio Tremonti), ed è ricco di documenti (80 pagine di note). Tra i deputati più colti e preparati, lavoratore instancabile e con un’altissima opinione di sé, Brunetta si è lamentato più volte di non avere ancora ricevuto il Nobel per l’economia, a suo avviso più che meritato. Ora, grazie a questo pamphlet, si direbbe che tra le sue ambizioni vi sia anche quella di predire il futuro, benché il risultato non appaia dei più confortanti. Un esempio di vaticinio? «Le elezioni europee segnano l’avanzata, in questo maggio, del nuovo vincitore. Maggio è in questo 2014 il più crudele dei mesi (bisognerebbe correggere Thomas S. Eliot), allorché golpismo cinico e renzismo parolaio spingono Grillo verso il trionfo». Sembra incredibile, soprattutto se riletto ora, ma a pochi giorni dal voto, per Brunetta non c’erano dubbi: Grillo, vincitore in trionfo.
Per dimostrare quanto la previsione fosse fondata, scriveva: «Il connubio del golpismo e del renzismo ha partorito il grillismo, un mostro ideologico indefinibile, salvo ricorrere all’orrore di un paragone nefasto. Ma non ne vediamo di più consoni. Grillo arriva dopo il golpe e dopo Renzi, come Hitler dopo Weimar. Non si vuole qui stabilire un parallelo morale e una diagnosi epocale, ma solo indicare il medesimo odore nell’aria, quasi un sibilo repentino di estremo pericolo». Ancora: «Impressiona notare come i discorsi della birreria di Monaco somigliano a quelli odierni delle piazze pentastellate. Rimbalzano le parole distruttive insieme all’idea di sogno, di palingensi, di nazione. I giovani le bevono come oro colato». Concetti che Berlusconi ha immediatamente fatto propri, ripetendoli negli ultimi comizi, sia pure omettendo la citazione colta con cui Brunetta, copiando Bertold Brecht, suggella il suo pamphlet: «In me combattono l’entusiasmo per il melo in fiore e l’orrore per i discorsi dell’imbianchino. Ma solo il secondo mi spinge al tavolo di lavoro». Traduzione: se un tempo era l’imbianchino-Hitler a stimolare la creatività di Brecht, oggi basta Grillo per spingere Brunetta a fare gli straordinari, per combattere un avversario visto come la somma di tutti i mali, dalle origini oscure: «È stato scelto non si sa se dal Caso o dalla Idra dalle molte teste. Noi opteremmo per ritenere Grillo la scelta finale del Complotto, dato il sostegno di poteri culturali, televisivi e giudiziari, atlantici e transatlantici».
E Renzi? Convinto della bontà assoluta delle sue previsioni, mentre dipingeva Grillo come «vincitore in trionfo», Brunetta dava il premier come sicuro perdente: «Il barbaro cannibale, Renzi, ha consumato in fretta la sua fase propulsiva e come un pallone aerostatico finito troppo in alto dà segni di esplosione. Com’è destino dei combattenti presuntuosi delle giungle di Papua, finirà a sua volta mangiato da un altro barbaro, Grillo».
Convinto che sia arrivato a Palazzo Chigi solo in seguito a uno dei tanti complotti contro Berlusconi, Brunetta non ha mai amato Renzi. Ma nel libro deve pure tenere conto della simpatia che B. gli ha sempre manifestato. Così ecco un abile alternarsi di colpi al cerchio e alla botte: «Due della stessa genia geniale. E come in una tragedia greca, o come in Guerre stellari, gli opposti identici, spuntati dalla stessa stirpe, sono destinati a incontrarsi per baciarsi e sfidarsi alla morte. Uno costruttore di cattedrali, imprenditore, eccetera, una vita di lavoro, e la politica inventata su quel basamento di roccia. Renzi, saltando per un’alchimia della furbizia il lavoro, era piovuto direttamente invece nell’agone politico». Più avanti: «Sapeva Berlusconi di fare un regalo, quel 18 gennaio e nei mesi successivi, a Matteo Renzi. Gli bastava essere certo che non fosse un comunista, che la sua famiglia, la sua formazione, la sua fede, non avessero nulla a che fare con il comunismo». In 20 anni di elezioni, ricorda Brunetta, Berlusconi ha raccolto 200 milioni di voti; Renzi zero. Per questo, «incontrandolo da eguale, regalava all’ospite il pennacchio del leader, per la proprietà transitiva della legittimazione popolare. Ne era cosciente». Con simile premesse, tra poco non stupirebbe scoprire che le europee non le ha vinte Renzi con il 40,8%, ma Berlusconi, sia pure per interposta persona. E che Brunetta, perso il Nobel dell’Economia, sia ora tra i meglio piazzati per il Nobel della letteratura fantasy.
Tino Oldani, ItaliaOggi 29/5/2014