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 2014  maggio 29 Giovedì calendario

RAS DELLE PREFERENZE IL GRANDE VALZER DEI PACCHETTI DI VOTI


Sono ancora loro, i boss del voto, i padroni delle preferenze, i signori delle schede segnate con nomi e cognomi, ad aver vinto la grande battaglia delle elezioni europee. Basta fermare un attimo l’occhio sul voto per avere delle sorprese. La prima riguarda il Pd di Matteo Renzi. Altro che rottamazione. Certo, in quel 40 e passa per cento del consenso c’è tanto voto libero e anche di opinione, tantissimo spostamento di pezzi della società prima affascinati da Berlusconi, poi tentati dal grillismo, ma, ancora una volta, a contare sono stati i ras locali. Soprattutto al Sud. Perché è qui, a differenza del Centro e del Nord Italia, che il 90% delle schede uscite dalle urne è stato segnato da preferenze.
Esattamente come accadeva nella vituperata Prima Repubblica. Erano i tempi d’oro di vere e proprie leggende come Alfredo Vito, ex impiegato dell’Enel in Campania, che a Napoli si guadagnò l’appellativo di “mister centomila preferenze”, un po’ più lontano, oltre lo Stretto, il re del voto personale era Totò Cuffaro, vasa vasa, collezionista di smisurati elenchi di elettori. E oggi? Oggi per vincere nel Sud il Pd ha dovuto fare i conti con chi detiene i pacchetti di voti. Fosse stato per Renzi, Mario Pirillo, ex deputato uscente immortalato da una recente puntata di Report nelle sue imprese clientelari, non lo avrebbe mai candidato. È successo ma gli elettori sono stati più rottamatori del rottamatore e hanno deciso di lasciare Pirillo a casa. Rifiutandolo anche nella sua Calabria, dove ha preso “solo” 25.991, quarto nella hit-parade dopo il supervotato ma non eletto Mario Maiolo (45 mila voti), la capolista Picierno e il big boss delle preferenze Gianni Pittella. Il suo bottino, però, insieme a quello di Maiolo, ha contribuito, e non poco, al successo del Pd e alla vittoria dei rottamatori. Maledetto Sud, nel senso del collegio: sei regioni, 14 milioni di elettori, metropoli e paesini da raggiungere. Se vuoi essere eletto devi scambiare preferenze con gli altri candidati, fare accordi, stipulare patti. Che spesso, però, valgono meno di zero. Ne sa qualcosa Giuseppe Scopelliti, presidente dimissionato della Calabria. Si candida con Alfano, fa accordi con Paolo Romano in Campania (arrestato a pochi giorni dal voto e premiato dagli elettori con 11mila voti) e con Filippo Piccone, deputato Ncd da Celano, Abruzzo, ma perde. Sicuro di fare il pieno nella sua regione viene tradito dai capataz. Mister 70%, la percentuale che Scopelliti rastrellava ad ogni elezione, nella “sua” Reggio prende poco più di 6 mila voti. Va peggio a Catanzaro, dove il senatore Pietro Aiello, un fedelissimo, lo fa umiliare con 419 preferenze puntando sull’abruzzese Piccone che di voti invece se ne ritrova 658. Eppure i due avevano fatto un accordo, “Peppe stai sereno a Pescara, Avezzano e L’Aquila ci penso io”. Risultato, in Calabria Piccone porta a casa 9mila voti, grazie soprattutto al sostegno dei fratelli Gentile, Scopelliti in Abruzzo riceve l’elemosina di 270 preferenze. Che delusione, ma ora dalla Calabria arriva un appello a Renzi: “Fallo sottosegretario”.
Gli accordi, però spesso riescono. Prendi Andrea Cozzolino, eurodeputato uscente del Pd. Nella sua Napoli trionfa con 50 mila preferenze, ma non dimentica di sostenere la capolista Picierno, che arriva seconda con 42 mila voti. Lei mostrerà gratitudine nella sua Caserta dove sbanca con 31 mila voti, ma senza deludere Cozzolino che di voti ne porterà a casa 6882. Una buona fetta della torta, perché quella più grande e appetibile, 11 mila voti, sarà per Gianni Pittela, il quale mostrerà gratitudine regalando alla capolista Picierno ben 19 mila preferenze nella Basilicata di famiglia. Conoscenza del territorio, controllo degli uomini porta-voti, sono gli ingredienti del successo di Raffaele Fitto, Forza Italia. 284 mila voti, 183 mila nella Puglia dove fu governatore, e preferenze rastrellate in tutto il Sud: 7 mila Abruzzo, 3 mila Molise, 48 mila Campania, 10mila Basilicata, 31 mila Calabria. Ma dentro il gioco dei voti e degli appoggi sul territorio , conta anche la partita delle opzioni per chi già occupa uno scranno parlamentare.
Esempi. Quando Massimo Paolucci, Pd, lascerà la Camera per Bruxelles, a Montecitorio si libererà un posto per Annamaria Carloni, prima dei non eletti e soprattutto moglie di Antonio Bassolino. Peppe Scopelliti, invece, non ha più speranze, perché Lorenzo Cesa opterà per il Parlamento europeo, gli serve per lasciare il posto alla Camera a Roberto Occhiuto, che è primo dei non eletti, incavolatissimo fratello di Mario, sindaco di Cosenza. Entrambi sono passati a Forza Italia, ma Cesa sa come ricucire un rapporto antico. L’Europa è lontana e la rottamazione può attendere.

Enrico Fierro, Il Fatto Quotidiano 29/5/2014