Guido Ruotolo, La Stampa 29/5/2014, 29 maggio 2014
VIETTI CON BRUTI LIBERATI “SPETTA A LUI LA TITOLARITÀ DELL’AZIONE PENALE”
[Intervista al vicepresidente del Csm, Michele Vietti] –
Un’ora dal Capo dello Stato, ieri mattina. Un colloquio nel quale il Presidente Giorgio Napolitano e il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, hanno affrontato anche il «caso» Milano. Rompe il silenzio il vicepresidente Vietti: «Mi limito a una considerazione: la riforma dell’ordinamento giudiziario ha concentrato nella sola figura del Procuratore Capo la titolarità dell’azione penale».
Insomma, lo stesso ordinamento giudiziario «assolve» il procuratore Edmondo Bruti Liberati, legittimato a delegare i fascicoli...
«Questa vicenda nuoce all’immagine dell’intera magistratura italiana. La Procura di Milano è un simbolo del contrasto all’illegalità. Aver accreditato che lì si violino le regole ne pregiudica l’affidamento».
È traumatico il conflitto che si è aperto tra un procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, e il suo procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati. Perché il percorso del Csm per decidere sulla incompatibilità ambientale è così tortuoso?
«La materia richiede cautela perché il principio di inamovibilità dei magistrati è una delle maggiori conquiste dello stato di diritto. Ma altrettanto importante è garantire il sereno e corretto esercizio della giurisdizione negli uffici e per far questo occorre intervenire con tempestività per verificarne la permanenza».
Quindi l’orientamento del Csm su Milano è ormai deciso?
«Le due commissioni incaricate di occuparsi della vicenda stanno ancora discutendo. Ovviamente non posso anticipare né le loro conclusioni né quello che deciderà il plenum. Mi limito, nel pieno rispetto del dibattito in corso, a fare una notazione di sostanza. La Procura di Milano funziona e anche bene, ha un alto indice di smaltimento degli affari e di accoglimento delle richieste da parte dei Gip, una encomiabile impermeabilità rispetto alle fughe di notizie, una indiscussa capacità di gestire inchieste delicate, fino ad oggi con grande compattezza, a differenza di ciò che talvolta è accaduto in altri uffici giudiziari».
Il suo è un attestato di riconoscenza ai vertici dell’Ufficio Giudiziario della (ex) capitale morale del Paese che ha saputo contrastare la corruzione, da Tangentopoli a oggi?
«Questa vicenda non ha fatto bene né alla procura di Milano né all’intero sistema giudiziario italiano, perché quell’ufficio è un simbolo del contrasto all’illegalità e aver fatto passare l’idea che lì si facessero “pastette” e i processi venissero assegnati senza regole ha un effetto negativo sull’affidamento che l’opinione pubblica ripone nell’intera magistratura. Leggere tutti i giorni sui giornali per mesi di beghe che ricordano le liti condominiali rischia di destabilizzare anche l’ufficio più solido per cui, anche con le migliori intenzioni, l’accanimento terapeutico finisce per complicare il quadro clinico».
Non si poteva ricucire lo strappo?
«Il Csm non ha poteri di mediazione, che semmai spettano ad altri vertici giudiziari. L’invio dell’esposto del procuratore aggiunto ha innescato una spirale che non poteva essere più fermata».
Va bene. Ma il Csm cosa potrebbe fare?
«Il Csm dispone di un solo strumento di iniziativa propria con cui può intervenire per rimuovere ostacoli al buon funzionamento della giurisdizione: è il trasferimento d’ufficio per incompatibilità. L’iniziativa disciplinare non è nella disponibilità del Consiglio, ma del Procuratore Generale della Cassazione e del Ministro della Giustizia. Il potere di inviare gli ispettori spetta al solo Ministro della Giustizia».
Il Csm è come Ponzio Pilato?
«No, sto solo constatando che dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario lo spazio di applicazione dell’art 2 rispetto agli illeciti disciplinari tipizzati si è molto ristretto. Peraltro l’incompatibilità esigerebbe accertamenti immediati assimilabili a quelli di una misura cautelare e non un iter tortuoso che o non rimuove l’ostacolo o addirittura lo crea».
Ma secondo lei chi ha ragione?
«Ripeto, è del procuratore capo la titolarità dell’azione penale, i sostituti agiscono per delega del Procuratore. Il Capo dello Stato già nel 2009 aveva detto al Csm che “occorre ... avere di mira il superamento di elementi di disordine e di tensione che si sono purtroppo clamorosamente manifestati in tempi recenti nella vita di talune Procure. E ciò non è possibile senza un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e coordinatrici che spettano al capo dell’Ufficio”. Peraltro questo stesso Csm in una deliberazione del 21 settembre 2011 ha affermato che “il Procuratore della Repubblica può non essere titolare di tutti i procedimenti ... ma mantiene comunque la competenza a intervenire nelle determinazioni sull’esercizio dell’azione penale”».
Ma tutto questo incide sui processi di Milano?
«Anche ove fossero accertate disfunzioni organizzative questo non comporterebbe alcuna nullità processuale».
E le ricadute sull’Expo?
«L’intervento tempestivo della Procura era finalizzato a eliminare le mele marce prima che intaccassero anche le altre. In tal senso è da apprezzare la velocità e l’efficacia dell’azione della Procura che consente da un lato il rapido accertamento dei reati e l’interruzione di condotte criminose e dall’altro di far completare i lavori facendo recuperare una buona immagine all’Italia».
Guido Ruotolo, La Stampa 29/5/2014