Ugo Bertone, Libero 29/5/2014, 29 maggio 2014
GLI SMS ABBATTERANNO IL REGIME
L’AVANA La coda, lunga e paziente, avvolge come un serpente la sede dell’ Etecsa, la Telecom cubana, in quel di Obispo, la strada di L’Avana che Ernest Hemingway percorreva dal Floridita, ieri come oggi tempio del daiquiri, per avvicinarsi alla Bodeguita del Medio, il santuario del mojito che nessun viaggiatore, nemmeno astemio, può rinunciare a visitare. Difficile che un turista dedichi più di uno sguardo distratto alla fila che attende di entrare negli uffici di Etecsa. Eppure è su quel marciapiede che si sta concretizzando una piccola rivoluzione. A marzo, infatti, l’ente telefonico di Stato ha lanciato Nauta, il primo servizio di email e sms della patria della revoluciòn aperto alla comunicazione con il resto del mondo. Il successo è stato immediato: oltre 100 mila iscritti nel giro di una settimana, nonostante tariffe almeno 7 volte più alte di quelle americane od europee. E l’entusiasmo non si è fermato nemmeno di fronte al fatto che Nauta è presto andato in tilt, costringendo i vertici di Etecsa a chieder pubbliche scuse ai clienti, gesto inedito nella terra governata da Raul Castro, 82 anni, nel nome di Fidel che di anni ne ha ormai 87. Nessuna scusa, invece, è prevista per Yoani Sanchez, la voce più famosa della dissidenza. Il suo nuovo sito, erede del blog “Generazione Y”, è stato bloccato tre giorni fa e sostituito da una home page ingiuriosa nei suoi confronti. A contrario di quel che capita ai compatritoi, Yoani può trasmettere fuori dall’isola, ma non in patria.
Anche così si misura la difficoltà del cambiamento in quel di Cuba, in attesa della probabile svolta del dopo Fidel. Una svolta che s’annuncia confusa, ma che è comunque inarrestabile, come dimostra la piccola rivoluzione telefonica. Già, a prima vista sembra impossibile che un Paese che prevede per legge uno stipendio massimo, pari a circa 20 dollari ( o 15 euro) possa spendere in un anno più di 500 milioni di dollari in sms, telefonate o messaggini pubblicitari. Il mistero, in parte, si spiega con le rimesse dall’ estero: più della metà dei quattrini spesi per telefonare arrivano direttamente dalla diaspora cubana, dal Messico o dal Canada piuttosto che dalla Florida. E Raul, affamato di quattrini, ha aperto un primo spiraglio verso gli odiati esuli che hanno scelto gli Stati Uniti. La legge votata il 29 marzo dal Parlamento di L’Avana permette ai cubani con passaporto americano di investire Raùl Castro [LaPresse] in alcune attività nell’isola, con la prospettiva di superare presto i 2,5 miliardi di dollari previsti per quest’anno.
Ma ancor più importante è il ruolo dei cuentapropistas, l’esercito dei piccoli imprenditori, oltre 400 mila, che sfruttando gli spazi aperti da Raul, stanno ormai avviando una piccola liberalizzazione dell’economia: artigiani, piccoli commercianti, venditori di cd pirati piuttosto che esperti nelle piccole riparazioni, sarti o parrucchieri. I più fortunati, naturalmente, sono i tecnici della telefonia, che riescono a trovare i pezzi di ricambio più introvabili. Per non parlare dei paladar, i ristoranti nati presso le abitazioni private, ove spesso si possono mangiare le aragoste migliori. O della boutique di parrucchiere di Papito, virtuoso delle forbici che ha addirittura edificato un piccolo museo della coiffure sulla punta nord del Malecon, la passeggiata della capitale che fronteggia l’oceano. Papito racconta volentieri la sua avventura: da garzone di bottega presso un parrucchiere di Stato nel 1998 con una sedia da barbiere di seconda mano, al suo salone di oggi con 5 dipendenti. Allora i barbieri independenti erano rari, oggi «siamo almeno il 95%» dichiara. I cuentapropistas come lui sanno di essere, per ora, dei tollerati di successo. Pronti a sfruttare le buone occasioni.
Come qualsiasi turista, annoiato dalle Pina Colada, può verificare di persona ogni sabato mattina al Paseo de Martì, a due passi dal Malecon. Qui si tiene la Borsa immobiliare di Cuba, Paese ove fino al 2011 non era autorizzata la vendita di case e dove, in assenza di giornali o siti dedicati, non è facile mettere in contatto domanda ed offerta. A meno che non ci pensi Wilber, cuentopropista che si è improvvisato agente immobiliare che ogni sabato fa buoni affari con la borghesia cresciuta all’ombra del regime. Tutto in regola, ma non troppo. Il credito è assicurato dalle remesas dei parenti emigrati, ma il governo non riconosce una tutela giuridica a questi capitali di rischio. I diritti di proprietà sono confusi al punto che lo Stato ha rifiutato il permesso ad una cooperativa di taxisti per acquistare i veicoli. Per aggirare il divieto è stato necessario rivolgersi ad un cittadino inglese sposato con una cubana. Insomma, la logica non abita dalle parti di L’Avana. O forse una logica c’è: Raùl Castro è costretto ad accettare una certa flessibilità consentendo così alla gente di arrangiarsi. Ma sta ben attento a che la flessibilità non si trasformi in un fattore di crescita che minacci la stabilità del regime. Ben vengano le imprese, purché bonsai.