Alessandra Bocci, La Gazzetta dello Sport 29/5/2014, 29 maggio 2014
I CENTO GIORNI CHE SCONVOLSERO IL MILAN
La marcia trionfale è durata poco. Clarence Seedorf è arrivato da conquistatore ed è uscito di scena da epurato. Il tutto in quattro mesi, e dopo cento giorni di guerriglia e resistenza. Perché, fra segreti e bugie, eliminazioni, partite vinte e mezze verità, Seedorf ha perso il posto alla fine del campionato, ma le sue probabilità di restare erano scarse già dopo poche settimane. Silvio Berlusconi da tempo andava dicendo di aver perso la fiducia nelle capacità di allenatore di quello che era stato il suo preferito. Un processo di erosione cominciato praticamente subito, con l’eliminazione dalla coppa Italia (22 gennaio). L’uomo nuovo era nuovo in tutti i sensi, con l’uniforme da generalissimo ancora splendente, ma la truppa già rumoreggiava: l’approccio a tanti non era piaciuto. Sotto traccia, partiva la controrivoluzione.
La prima cena Non è la prima volta che al Milan i condottieri finiscono in disgrazia. Fabio Capello, tecnico caro al presidente, tornò, così scrissero i giornali, da Madrid su un metaforico cavallo bianco, da grande di Spagna. Ripartì con un decimo posto e un epico litigio con alcuni giocatori nello spogliatoio dell’Olimpico, dopo la sconfitta nella finale di ritorno di coppa Italia contro la Lazio. Sacchi lasciò, narrano le leggende metropolitane, per i contrasti con Van Basten. Nulla in confronto alla cena del 18 marzo 2014 durante la quale Silvio Berlusconi viene a conoscenza dei particolari della nuova vita a Milanello e del malumore di un gruppo di giocatori. Sono appena passati i giorni peggiori e la situazione è tesissima: non ci sono soltanto la sconfitta in Milan-Parma e l’eliminazione dalla Champions ad agitare gli animi. La tegola sulla testa del Milan è la rivelazione di un vecchio leader ultrà: «Seedorf ci ha detto che non vuole tre quarti di questa squadra. Lo abbiamo incontrato una settimana dopo il suo arrivo a Milano». Un altro capo della curva smentisce, ma ormai il sasso è lanciato e l’irritazione di Berlusconi sale.
Capi d’accusa Possibile che il presidente si sia spinto ad abiurare Seedorf, quindi se stesso, soltanto per pettegolezzi sulle abitudini alimentari di Seedorf (le famose uova strapazzate richieste nella notte alla vigilia di Atletico Madrid-Milan) o per i lievi ritardi agli allenamenti, o per le dichiarazioni di un ultrà? In realtà c’è altro nella lista di lagnanze e mancanze. Scelte tattiche, gestione dello spogliatoio e del rapporto con Galliani e Tassotti, scelte di comunicazione: ci sono questi tre capi d’accusa nell’elenco che Berlusconi sta componendo nella sua testa. Il primo strappo è la partita di Napoli (8 febbraio) con le sue stranezze (Montolivo fuori, Abate fra i trequartisti, Mexes capitano). Da Arcore filtra la sua insofferenza, ma il club smentisce ogni problema e la settimana successiva Galliani e Seedorf cenano con il grande capo, che dichiara: «C’è armonia». Eppure il dubbio mette radici e il malumore silenziosamente sale. Dopo le batoste arrivano buoni risultati, ma è già tardi.
Testardi Berlusconi è deluso sul piano tattico: «Clarence non mi ascolta, tanto valeva che mi tenessi Allegri». Non gradisce il mormorio crescente del gruppo italiano. E’ seccato per i modi di fare di Seedorf che, prendendo alla lettera l’investitura presidenziale, pensa già a un costoso staff tutto suo per gli anni a venire con Jaap Stam, Hernan Crespo e l’ex team manager dell’Ajax David Endt, dopo aver portato a Milanello come collaboratori Maurizio Seno (esperto di metodologia dell’allenamento) e riportato Bruno De Michelis, psicologo e grande consigliere di Clarence già quando era giocatore. Nessuno negli uffici del Milan gradisce queste mosse: anche Barbara Berlusconi, così attenta al bilancio, si convince dell’inopportunità delle aspettative di Seedorf, perché nel frattempo i soldi della Champions se ne sono andati. E se in via Aldo Rossi piangono, a Milanello non ridono.
Rottura Pure l’atteggiamento di Seedorf nei confronti di Mauro Tassotti, storico vice rossonero, irrita il presidente: agli atti viene messa anche una mail notturna di Clarence nella quale viene spiegato a Tassotti che cosa può fare e che cosa no. Sono metodi moderni, da manager, ma Milanello è un piccolo mondo antico e Seedorf non si rende conto dei cristalli che sta rompendo, uno dopo l’altro. Convinto, e il suo ragionamento non fa una piega, di godere della massima stima, fiducia e appoggio da parte di Berlusconi, si avventura troppo oltre e si ritrova sotto il fuoco amico.
Sovraesposizione Ma Seedorf è un uomo intelligente e quando sente fischiare le pallottole fa dietrofront. Cambia sistema tattico. Spiega che le prime scelte erano legate alla necessità di «scioccare» la squadra per farla risorgere. Rimette ogni uomo al posto giusto, anche se persiste nella sua decisione di non far giocare Balotelli con Pazzini (un errore che Berlusconi non sopporta). Rilascia una intervista a Sky e alla Gazzetta nella quale spiega che lui non ha mai ambito al posto di Galliani, perché vuole fare soltanto l’allenatore e ci mancherebbe altro. Peccato che anche questa intervista infranga le regole della casa reale, perché nello stesso momento Berlusconi sta partecipando a un altro programma tv e le sovrapposizioni verbali con il capo sono proibite. Seedorf cerca di districarsi fra garbugli che la sua psicologia non concepisce. Cerca di rimettere le cose a posto, e nel frattempo i suoi candidati-collaboratori non ricevono più notizie. Clarence sta rientrando nel gruppo, convinto che basterà parlare con Berlusconi per risolvere l’equivoco.
Termidoro Berlusconi non cede. I contatti telefonici che erano frequenti persino con il contestato Allegri si diradano fino a cessare. Seedorf attribuisce questa mancanza di comunicazione agli impegni e ai problemi di Berlusconi, e aspetta. I battibecchi con i giornalisti a Milanello si moltiplicano e neppure questo fa piacere al club. Con le accuse tecnico-tattiche e gestionali ormai consolidate, Galliani prepara il suo ritorno in grande stile. In gennaio non era riuscito a portare Inzaghi sulla panchina del Milan, ma capisce che i tempi sono maturi. Come un Talleyrand del pallone, sembrava finito ed è rinato. Si parlava di dimissioni e uscita dal Milan, ed è tornato più forte. Galliani ha aspettato che l’impeto rivoluzionario di Seedorf si esaurisse prima di sferrare il contrattacco : senza Europa League, o addirittura senza il quinto posto, Seedorf non può restare. E’ come il colpo di stato termidoriano: fine della rivoluzione olandese, si torna alla realtà del risultato. E comincia un balletto di nomi e smentite che rappresenta il culmine dei cento giorni di Seedorf. Il quale è diventato un uomo solo, e non ha più la forza di rivoltare la partita.
Nei ranghi A Bergamo il Milan cade e finiscono le possibilità di compiere la rimonta che avrebbe complicato i piani di Galliani e Berlusconi. Ormai l’a.d. sportivo ha ripreso pienamente campo con le sue idee, anche perché Berlusconi non ha gradito l’atteggiamento di Seedorf nei confronti del braccio destro calcistico. Berlusconi ha deciso, il pupillo non gli piace più: non ha seguito a sufficienza le sue idee tattiche e l’immagine forte stride con il costume di un club che non prevede mourinismi. Ripete spesso Galliani: «Al Milan non comandano gli allenatori, comanda il Milan». I colpi di testa e i progetti di rinnovamento, se troppo radicali, non sono graditi, e ne sa qualcosa Barbara Berlusconi che nei cento giorni si accomoda nei suoi uffici commerciali senza incursioni. C’era anche Barbara alla cena dei congiurati di marzo, e Barbara ha sempre parlato col padre delle scelte tecniche, ma senza pronunciarsi. Dopo la dichiarazione all’Ansa che di fatto esonerava Allegri, ha cambiato rotta. Si attiene a quello che Galliani ha capito da decenni: alla fine decide Silvio. Domenica, il vecchio direttorio Berlusconi-Confalonieri-Galliani ha incoronato Inzaghi. Ora Seedorf, l’uomo nuovo che Berlusconi voleva, è in uscita, senza ghigliottine ma anche senza archi di trionfo. Un altro condottiero consumato da un sistema di ferro.