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 2014  maggio 28 Mercoledì calendario

Se poter chiamare per nome (qualcosa, qualcuno) significa conoscere e per certi versi possedere, dare un nuovo nome vuol dire (quasi) creare un’entità nuova, estraendola dal caos di ciò che è indefinito o sconosciuto o inesistente o potenziale tanto da non poter essere nominato

Se poter chiamare per nome (qualcosa, qualcuno) significa conoscere e per certi versi possedere, dare un nuovo nome vuol dire (quasi) creare un’entità nuova, estraendola dal caos di ciò che è indefinito o sconosciuto o inesistente o potenziale tanto da non poter essere nominato. E identificandola in quanto entità diversa, separata, unica. Ma non è mai una passeggiata: per creare l’entità, bisogna appunto creare, e davvero dal niente, il nome. Lo sanno bene gli scrittori. Il Guardian racconta perché trovare buoni nomi ai personaggi è un problema ricorrente (e conclude, con un tocco di british humour, suggerendo una gita al cimitero). The Script Lab pubblica dieci raccomandazioni di buon senso per riuscirci. Mi sembrano tutte valide anche per chi deve inventarsi nomi italiani o per chi scrive in italiano, a parte l’ultima (niente nomi che finiscano con la lettera esse). Una volta finito di scrivere, bisogna anche trovare un titolo al romanzo o al racconto: altri guai. Per quanto riguarda i personaggi, i più pigri possono, se il genere coincide, cavarsela con un fantasy name generator. Se decidete di farlo, e soprattutto se contate di ottenere un successo planetario, prendetevi però le vostre responsabilità: nella prima parte del 2014, negli Stati Uniti, ci sono più neonate chiamate Khaleesi (l’appellativo di Daenerys Targaryen, la regina dei draghi di Game of thrones) che neonate chiamate Betsy o Nadine. L’Independent segnala che, invece, in Gran Bretagna è andato meglio Arya, il nome della piccola, impavida terzogenita della famiglia Starks (e stiamo sempre parlando di Game of thrones). Le diverse scelte potrebbero, forse, dirci qualcosa dei differenti immaginari delle due nazioni. Se il vostro genere non è il fantasy, potete invece ricorrere a questo character name generator che produce nomi distinguendo, oltre che ovviamente per sesso e non così ovviamente per decennio di nascita, anche tra afroamericani, ispanici, cinesi, vietnamiti, arabi… e a ciascun nome attribuisce una dettagliata personalità secondo il Myers-Briggs type indicator. Digressione: il Myers-Briggs è un test basato sulla teoria dei tipi psicologici di Carl Gustav Jung. Distingue secondo due direttrici: introversione/estroversione e percezione/intuizione. In rete trovate diversi siti che permettono di fare il test gratis (ehi, si tratta di test online: prendete sempre i risultati con le pinze). Eccovi, per esempio, un sito che oltre a consentirvi di fare il test identifica personaggi noti, da Einstein a papa Francesco, per tipo psicologico. Date un’occhiata, è suggestivo. Torniamo al creare nomi: battezzare con il nome scientifico una specie animale o vegetale prima ignota è un privilegio di chi la scopre. Bisogna conoscere le regole, però, e il Wwf dice come si fa. Leggete bene se avete in programma un viaggio nella foresta amazzonica o in quella del Borneo: non si sa mai. Il National Geographic ricorda che l’86 per cento delle specie terrestri è ancora da classificare, ma datevi da fare prima che spariscano: il tasso di estinzione sta crescendo. Qui c’è la classifica 2014 delle più rilevanti nuove specie. E sì, è possibile dare nomi in onore di qualcuno: Wikipedia segnala, tra gli altri, un coleottero (nero e bruttino, peraltro) intitolato a George W. Bush e un granchietto giallo dedicato a Matt Groening, l’inventore dei Simpsons. Barack Obama si è beccato un lichene e anche una lucertola (estinta) del tardo cretaceo. La sequoia, invece, prende il nome dall’inventore del sillabario cherokee, che ha permesso al suo popolo, di cultura solo orale, di dotarsi di un efficace sistema di scrittura. Con i nomi delle stelle le cose si fanno più complicate. Alcune (poche) hanno nomi storici, altre hanno preso i nomi di astronomi famosi, ma la maggior parte è senza nome: solo lettere e numeri. Se qualcuno vi propone di chiamare (a pagamento) una stella come volete voi, diffidate: le cose non stanno esattamente così. Però se scoprite una nuova cometa potete sperare di darle il vostro nome. Idem se siete un ricercatore e scoprite una malattia. Tutti i nomi attribuiti a partire dal nome di una persona si definiscono eponimi. Se proprio volete passare alla storia, potete anche inventare qualcosa che prenda il vostro nome: la cosa ha funzionato con la besciamella (Louis de Béchamel) e con il Gra o Grande raccordo anulare (Eugenio Gra, ingegnere dell’Anas), con la bomba molotov (Vjačeslav Michajlovič Molotov) e con la penna biro (László József Bíró), con la pastorizzazione (Louis Pasteur) e con il sassofono (Antoine-Joseph Sax). Se invece dovete nominare un nuovo prodotto senza chiamarlo come voi, be’, le cose restano complicate. E vi tocca in primo luogo ricordarvi che il nome può orientare la percezione della cosa nominata. Pensate, per esempio, alla scarsa fortuna che hanno avuto nel nostro paese i farmaci denominati generici: in italiano, generico non significa “senza logo” ma “indeterminato, superficiale, privo di particolare qualifica, vago”. E chi mai ha voglia di curarsi con un farmaco indeterminato, vago e superficiale? Appunto: siccome inventare nomi per prodotti, imprese, iniziative o servizi (ma anche per un negozio o un blog) è complicato, ne riparliamo di nuovo presto, e in dettaglio.