Roberto Giovannini, La Stampa 28/5/2014, 28 maggio 2014
MA IL BUSINESS DELLE BONIFICHE È UN MODELLO CHE NASCE IN ITALIA
A ben vedere, la vicenda che vede coinvolto con accuse apparentemente schiaccianti l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini c’entra solo lateralmente con le questioni ambientali. Assomiglia più che altro a una classica distrazione di fondi pubblici.
Vero è però che negli ultimi anni il settore dell’ambiente – tra incentivi alle fonti energetiche pulite, progetti di bonifica e recupero di aree inquinate, opere di salvaguardia dal dissesto idrogeologico, smaltimento dei rifiuti urbani e industriali, abusivismo edilizio – ha visto un impressionante aumento del giro di danaro pubblico sborsato. E un altrettanto impressionante aumento dell’azione di malavitosi, truffatori, malversatori interessati a mungere le ingenti risorse investite. A questo fenomeno dal 1994 – il copyright è dell’associazione verde Legambiente – è stato dato il nome di «ecomafie».
Secondo il rapporto Legambiente Ecomafie 2013, l’ultimo disponibile, si tratta di un business che vale la bellezza di 17 miliardi di euro. Nel 2012 si sono contati 34.120 reati, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare, 8.286 sequestri. Il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2%) e dalla Toscana, che sale al sesto posto, con 2.524 illeciti (+15,4%). Dal primo gennaio 2010 al 10 maggio 2013, sono state ben 135 le inchieste relative alla corruzione ambientale, con tangenti incassate da amministratori, esponenti politici e funzionari pubblici per «favorire» appalti e concessioni edilizie, varianti urbanistiche e discariche di rifiuti.
Un filone che ha dato discrete soddisfazioni agli ecomafiosi è stato quello delle fonti rinnovabili. In Sicilia fece scalpore la condanna a 12 e 13 anni di un imprenditore e di un politico coinvolti in un affare combinato dal clan del boss Matteo Messina Denaro, che aveva messo in piedi un’organizzazione per monitorare le opere legate a impianti eolici, fotovoltaici e alle biomasse, assegnare lavori ad «amici» e controllare parchi eolici e fotovoltaici tra Trapani, Agrigento e Palermo. In Calabria, invece, una cosca della ’ndrangheta a Crotone aveva messo gli occhi sulla bonifica dell’area industriale dell’ex Pertusola Sud. Le vicende della «Terra dei Fuochi», poi, sono conosciutissime (tristemente).
Il fatto è che non sempre le truffe ambientali le fanno i mafiosi. A 22 anni dalla chiusura dell’acciaieria di Bagnoli, presso Napoli, il sito e il mare antistante sono ancora impestati da arsenico, vanadio, cadmio, piombo, stagno, zinco, Ipa, ferro, nichel, manganese. Un processo in corso ha evidenziato che le certificazioni di bonifica erano totalmente false. Storie del Sud, ma è dal 1986 che intorno alle discariche dell’ex area chimica di Pioltello Rodano, in Lombardia, si annida un traffico illecito di rifiuti. L’Italia è così.
Roberto Giovannini, La Stampa 28/5/2014