Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/5/2014, 28 maggio 2014
PERISCOPIO
Per far vincere la sinistra ci voleva uno di destra. Jena. La Stampa.
Senza voler trarre conclusioni affrettate, ma Grillo e Berlusconi si sono fatti il selfie con Vespa, Renzi no. Il rompi-spread. MF.
Dice Alfano che lo tsunami non li ha travolti. Ma c’è mancato un quid. Maurizio Crippa.
De Mita eletto sindaco di Nusco a 86 anni. È finito nell’urna sbagliata. Spinoza. Il Fatto.
Grillo ha fatto breccia con ciò che gli viene più rimproverato, e cioè l’insofferenza urlante verso chi ha ridotto l’Italia allo stremo: istituzioni, ministri, banchieri, corrotti e bancarottieri, sì tutti nello stesso mazzo perché la collera non fa distinzioni. Antonio Padellaro. Il Fatto.
Berlusconi sa inculcare segni nella platea dei fedeli. Se la cava egregiamente, ma ha un tallone d’Achille: il suo scarso vocabolario. Spesso non sa trovare le parole: non di rado per esprimere un concetto, deve girarci attorno e ricorrere a perifrasi, un po’ come Alberto Sordi in quella famosa scena dell’esame di francese, quando, di fronte alla commissione, non sapendo come tradurre la parola «zia», si salvava in corner dicendo la soeur de ma mère, la sorella di mia madre. Vittorio Dotti, L’avvocato del diavolo. Chiarelettere.
Per me Marco Travaglio è un azzeccagarbugli filomafioso. Marcelle Padovani, corrispondente dall’Italia del Nuovel Observateur. Corsera.
Paolo Flores d’Arcais è il demiurgo di Micromega, un bimestrale di proprietà del ticinese Carlo De Benedetti. Ai tempi di Mani pulite, la rivista fu ribattezzata «Gazzetta ufficiale delle Procure» e da allora presidia con autorevolezza questi avamposti. Identica è anche la cerchia degli autorevoli collaboratori: Totò Di Pietro, Gian Carlo Caselli, Antonio Ingroia, Marco Travaglio, Dario Fo, Furio Colombo e via ammanettando. Giancarlo Perna. Il Giornale.
Angelo Rizzoli non voleva saperne di nominare Alberto Cavallari direttore del Corriere della Sera. Ma ricevette da Bari una telefonata di Raffaele Fiengo, leader del comitato di redazione (il sindacato dei giornalisti, ndr) il soviet supremo di via Solferino. Il sindacalista che si trovava in Puglia per il 17° congresso della Federazione nazionale della stampa, gli pronosticò scioperi, barricate e incendi se non fosse passato il nome di Cavallari. E costui, originario dello stesso paese dell’Emilia dov’è nato Pier Luigi Bersani, divenne direttore. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
La nonna ha preso a raccontare di quando le sirene dell’allarme antiaereo prendevano a suonare, e di corsa si scendeva nei rifugi; e della casa d’angolo tra viale Monte Ceneri e via Plana da cui l’allarme si diffondeva, e che tutti chiamavano «la casa della sirena». «C’è ancora, la casa della sirena, qui vicino, intatta», ha aggiunto la nonna. E poi ancora diceva di quando, nel rombo degli aerei, precipitavano dal cielo grappoli di bombe, e ci si affollava sulle scale delle cantine; e di come, laggiù, ogni bomba fosse un boato sordo e spaventoso (gli occhi dei figli, assorti). «Ma cosa facevate nei rifugi?», domanda uno. «C’erano donne che dicevano il rosario, c’erano i bambini che volevano giocare...» E io mi immagino nella penombra di quei locali angusti i bambini irrequieti come passeri, senza l’aria per spiccare il volo. E poi l’allarme finiva e, fuori, sempre qualche casa era stata colpita, e la polvere delle macerie pungeva acre la gola. La casa qui di fronte fu distrutta, la nostra invece si salvò. Noi che non c’eravamo, ascoltiamo con rispettosa meraviglia. Possibile? La guerra in queste strade familiari, possibile davvero che l’odio e il male si siano materializzati un giorno, dirompenti, qui sotto, fra la chiesa e il cartolaio? Vedo negli occhi dei ragazzi che per loro questo è un remoto, inconcepibile passato. Per me, non del tutto. Sono vecchia abbastanza per aver visto, per sapere che la pace non è mai cosa garantita e scontata. Marina Corradi. Avvenire.
Se uno, tutti i giorni, mette a disposizione una lepre viva a un cane da caccia nel suo cortile, il cane diventa nevrotico. Se invece gli consente di correre per venti chilometri dietro a una lepre libera che magari non riesce nemmeno a prendere, è il cane più felice del mondo. Luigi Serravalli, critico d’arte e scrittore.
«Quel matt del mè pover zio Cecch ch’el ghe someiava al Radeschi ’l faseva i vestì de teater...». Sì, è quel memorabile fatterello di quando lo zio di Cherubina, patriota anche lui sulle barricate, volle fare uno scherzo ai milanesi, e sfruttando una somiglianza col governatore austriaco, vestitosi e truccatosi da Radetzky, si fece far prigioniero in una mischia, imbastì un suo tedesco sussiegoso fatto di ja ja e kartoffel, e, per mezza giornata, si sparse la voce che il generalissimo era caduto nella mano degli insorti. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori.
Pittori Ufficiali. I loro pennelli sono carichi di medaglie come l’asta delle bandiere di certi reggimenti. Leo Longanesi, Parliamo dell’elefante. Longanesi, 1947.
Lino Leonardi da Rimini, tenente, tranquillo dottore in agraria. Durante l’avvicinamento ai reticolati, mentre i guastatori strisciavano nella sabbia sotto il tiro radente delle mitragliatrici, il caporale Gianni Barthelet, pittore romano, vide, sotto il fianco di Leonardi, una macchia liquida che si allargava nell’arena, e gridò: «È ferito, signor tenente?». «No», rispose Leonardi dopo un istante, «ho preso una pallottola nella borraccia, e si sta svuotando»: «Maledizione», disse Barthelet, «come se di acqua ne avessimo tanta». Paolo Caccia Dominioni, Alamein 1933-1962. Longanesi. 1966
Riflessioni di un americano davanti alla Torre Eiffel: «Strano: sono anni che passo di qui e non hanno trovato ancora il petrolio». Gino Bramieri. Euroclub, 1989.
Gli italiani sono come ostriche: il guscio fuori è brutto da guardare, difficile da aprire, ma contiene perle di umanità e di intelligenza. Alì Reza Arabnia, imprenditore italiano di origine iraniana, neo-cavaliere del Lavoro. Corsera.
A un certo momento la signorina si stupisce: «Lei è uno scrittore? Ma come? Io credevo che lei fosse ricco». Kristopher Jansma, La robe des lèopard. Chambon èditeur.
L’altro ieri andavo a vela; ieri, a motore; oggi, a rimorchio. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/5/2014