Luca Pisapia, Il Fatto Quotidiano 28/5/2014, 28 maggio 2014
TROPPO POVERI PER LA LIGA
Una volta che la classe operaia ha provato ad andare in paradiso, le regole finanziarie di cui si è dotato il calcio per proteggere i più ricchi, la ricacciano all’inferno senza tanti complimenti. Questa è la parabola dell’Eibar, minuscola squadra di calcio dell’omonima cittadina (27 mila abitanti) arroccata sulle montagne basche, nella valle del fiume Ego. Al termine di un’entusiasmante cavalcata in seconda serie, per la prima volta nella storia l’Eibar si è guadagnata con due turni d’anticipo la promozione nella Liga, e il diritto di ospitare nel piccolo Estadio Municipal de Ipurua, neanche 6 mila posti a sedere, Messi e Cristiano Ronaldo. Ma così non sarà. Anzi, ora l’Eibar rischia addirittura di essere retrocesso in Terza serie. Il perché è presto detto, secondo il Decreto Reale 1251/1999 ogni squadra nelle prime due divisioni del calcio spagnolo deve avere un capitale sociale non inferiore a un quarto di quello della media delle concorrenti. E in Segunda División questa media è di 2,2 milioni, mentre il capitale del piccolo Eibar è di 422 mila e 253 euro. Per questo, nonostante i conti siano in regola e i bilanci in attivo, a differenza di squadre come Real e Barcellona indebitate per centinaia di milioni di euro con le banche, il club basco deve trovare quella differenza di 1,7 milioni entro il 30 giugno per mantenersi in seconda divisione, figuriamoci fare il grande salto nella Liga. Quindi o trova un mecenate che l’acquista, cambiando però così la sua stessa ragion d’essere, o deve rinunciare ai risultati sportivi ottenuti sul campo. Ennesima dimostrazione che le regole finanziarie di cui si dota il calcio servono solamente a tutelare il diritto del più forte.
Nato verso metà degli Anni 40, l’Eibar ha sempre militato nelle divisioni inferiori fino alla prima storica promozione in seconda serie verso la metà degli Anni 80. Qui sono stati mandati in prestito a farsi le ossa alcuni tra i giovani più promettenti dei grandi club, come Xabi Alonso, fino alla stagione 2004-05 quando con uno sconosciuto e non ancora campione del mondo David Silva, la squadra sfiora la sua prima storica promozione in Liga.
Leggenda vuole che proprio nel match decisivo, sul risultato di 1-1, proprio Silva all’ultimo minuto si sia fermato davanti al portiere invece di segnare perché un avversario era a terra. Ma sugli stadi dell’Estadio Municipal de Ipurua nessuno l’ha presa male, era già bello solo averci provato. Dieci anni dopo, con in panchina il basco Gaizka Garitano, che quel giorno era in campo, si è andati addirittura oltre: superata la concorrenza di mostri sacri come Deportivo La Coruna e Sporting Gijon, nel fine settimana è arrivata la prima storica promozione. Ma alla fine di giugno l’Eibar con tutta probabilità sarà retrocesso d’ufficio in Terza serie per non essere abbastanza ricco, nonostante i bilanci in regola. In un calcio che promette fair play finanziari e poi salva club con debiti miliardari, questa favola dal finale tragico che pare scritta da Hans Christian Andersen, è la dimostrazione definitiva che alla classe operaia il paradiso è precluso.
Luca Pisapia, Il Fatto Quotidiano 28/5/2014