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 2014  maggio 28 Mercoledì calendario

QUANDO CONSOB E BANCA D’ITALIA OSTACOLANO LA LORO VIGILANZA


Basta leggere il decreto di perquisizione emesso dal pm milanese, Luigi Orsi, nei confronti dell’amministratore delegato di Unipol-Fonsai, Carlo Cimbri, per capire che il procedimento per manipolazione del mercato contro il manager bolognese è destinato a diventare il processo alle autorità di vigilanza: in primo luogo la Consob di Giuseppe Vegas, che sovrintende ai mercati finanziari, e l’Ivass, il pezzo della Banca d’Italia di Ignazio Visco che si occupa delle compagnie di assicurazione.
In breve, Cimbri è accusato di aver manipolato i dati di bilancio dell’Unipol per portarla all’acquisizione prima e alla fusione con la Fonsai di Salvatore Ligresti con un valore di bilancio maggiorato. Lo scopo sarebbe stato ovviamente di ottenere un valore di concambio delle azioni più favorevole alla compagnia controllata dalle coop rosse. La complessa operazione ha richiesto un paio d’anni di lavoro, dall’inizio del 2012 all’inizio del 2014, condotto sempre sotto l’occhio apparentemente vigile di Consob e Ivass. Ma le due authority, stando alla prudente prosa di Orsi, ci appaiono vagamente distratte, se non addirittura deliberatamente cieche. È ovvio che per un giudizio definitivo bisognerà aspettare una sentenza definitiva, cioè un bel po’ di anni. Nel frattempo non ci resta che coltivare, in spirito garantista, un prudente dubbio sull’efficienza e la correttezza di Consob e Bankitalia.
I precedenti sono di poco conforto. Tutti i grandi scandali finanziari degli ultimi anni, dal crac Parmalat al caso Monte Paschi, sono accomunati dallo stesso canovaccio.
Prima si scopre che Calisto Tanzi ha fatto un buco da 14 miliardi di euro, o che l’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari ha scassato i conti della banca strapagando l’Antonveneta e poi peggiorando le cose con il tentativo di metterci delle pezze. Poi ci si rende conto che la vigilanza non si è accorta di niente. E subito scatta il processo ai reprobi per “ostacolo alla vigilanza”. Cioè li si accusa di aver fatto fessi gli ispettori di Consob, Ivass o Bankitalia. Ai non addetti ai lavori può sembrare ridicolo, perché è come accusare un rapinatore agli arresti domiciliari di essere uscito per un colpo senza prima avvisare la polizia. Ma è una provvidenziale foglia di fico per i guardiani del mercato. Prima ancora che ci si interroghi su loro inefficienze o complicità parte l’autoassoluzione: ci hanno ostacolato. L’ultimo a provarci, proprio con la Fonsai, è stato l’ex presidente dell’Ivass, Giancarlo Giannini. Appena ha sentito odore di bruciato, nell’aprile 2012, ha denunciato Ligresti per ostacolo alla vigilanza, accusandolo di aver tenuto all’oscuro la vigilanza dei suoi traffici dentro la compagnia che controllava. Ma Giannini era talmente amico di Ligresti che faceva conto sulle sue relazioni con l’allora premier Silvio Berlusconi per arrivare all’agognata presidenza dell’Antitrust. Secondo lo stesso pm Orsi è per questa ragione che l’Ivass di Giannini chiudeva non un occhio ma entrambi sui conti scassati di Fonsai, e ha accusato l’amico di Ligresti di corruzione.
In realtà il vero ostacolo alla vigilanza è quello che sembrano fare i vertici delle authority ai loro funzionari troppo zelanti. Consob e Ivass sono piene di tecnici bravi e onesti che vengono di regola puniti per questo e resi inoffensivi. La vicenda Unipol-Fonsai è costata cara a un dirigente dell’Ivass e a uno della Consob che, a differenza di molti loro colleghi terrorizzati, sono andati a raccontare tutto a Orsi.
L’uomo dell’Ivass si chiama Giovanni Cucinotta. Guidava una delle due sezioni della vigilanza, e aveva sotto la sua giurisdizione la Fonsai di Ligresti e le Generali. Mentre venivano al pettine i conti scassati di Fonsai e la strana vicenda dei rapporti tra le Generali e l’assicuratore ceco Petr Kellner, nel febbraio 2011 Cucinotta viene spostato senza preavviso all’altra sezione e sostituito dal suo vice, Roberto Roberti. Caso vuole che nella nuova collocazione deve occuparsi di Unipol. Nell’estate 2012, quando l’operazione Unipol-Fonsai entra nel vivo, Cucinotta scrive una lettera per intimare a Unipol di aumentare di 200 milioni le sue riserve per i sinistri. La lettera si ferma negli uffici dei vertici e Cucinotta non ne saprà più nulla, perché poche settimane dopo gli comunicano che l’Unipol, visto che sta acquisendo la Fonsai, viene spostata nella competenza dell’altra sezione. È in questi dettagli burocratici che si annida il cancro dell’etica: se Unipol compra Fonsai, non è più naturale che sia la società acquisita a traslocare sotto la competenza della sezione di vigilanza dove c’è la capogruppo?
La risposta a queste domande arriva per Cucinotta il 1 gennaio 2013: l’Ivass finisce sotto il cappello della Banca d’Italia e ne diventa presidente il direttore generale di palazzo Koch, Fabrizio Saccomanni, l’uomo che riuscì a protestare perché Mussari aveva comprato l’Antoveneta senza dirgli che non ne aveva verificato i bilanci. Il futuro ministro del governo Letta dà subito un colpo al cerchio: fa fuori il vicedirettore Flavia Mazzarella, accusata da Cucinotta per i rapporti amichevoli con il vigilato Cimbri. Poi dà il colpo alla botte: unifica le due sezioni di vigilanza e le affida a Roberti, l’uomo che ha approvato tutto l’approvabile di Unipol-Fonsai, facendo fuori Cucinotta.
Alla Consob c’è un dirigente talmente stimato da avere un cattedra alla Bocconi di nome Marcello Minenna. Dirige l’ufficio “analisi quantitative” a cui spetta, tra l’altro, stimare il valore dei titoli finanziari non quotati in Borsa e di difficile lettura, i cosiddetti “strutturati” o “derivati”. Tocca a lui stimare il portafoglio di Unipol, per capire che cosa ha in pancia la compagnia bolognese e quanto vale realmente.
Spiega a Orsi che i vertici Consob lo hanno ostacolato in tutti i modi. Occhio alle date. Il 20 dicembre 2012 Unipol e Fonsai approvano il progetto di fusione e fissano i concambi tra le rispettive azioni sulla base delle situazioni patrimoniali al 30 settembre 2012. Il giorno dopo Consob delibera la “non conformità” dei bilanci Unipol al 31 dicembre 2011 e al 31 dicembre 2012, e non dice una parola sui conti al 30 settembre 2012 su cui è stata fatta la fusione. Non solo: a Minenna viene chiesto di calcolare i valore dei derivati non al 30 settembre ma al 30 giugno. Quando poi il dirigente porta a termine il lavoro, stimando un buco da circa 600 milioni, le sue relazioni restano in fondo a un cassetto, e il presidente della Consob Vegas dichiara che quel lavoro è stato “inconcludente”. Per completare il lavoro, Minenna viene sottoposto a un procedimento disciplinare del tutto pretestuoso che naturalmente la Consob si affretta a definire privo di “nesso” con la vicenda Unipol.
Così le autorità vigilano sui loro vigili per assicurarsi che non vigilino. E che questa storia finirà male lo dimostrano le accuse che Consob e Ivass hanno cominciato a scambiarsi da mesi. E il comunicato con cui la Consob, una settimana fa, ha ricordato che la fusione Unipol-Fonsai è stata autorizzata dall’Ivass. Ne vedremo delle belle.

Twitter@giorgiomeletti

Giorgio Meletti, Il Fatto Quotidiano 28/5/2014