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 2014  maggio 28 Mercoledì calendario

SUL CARGO DEL VINCITORE


Siccome, crocianamente parlando, “non possiamo non dirci renziani”, il carro del vincitore di Flaiano non basta più. Per raccogliere tutti i neofiti demorenziani travestiti da antemarcia che sbarcano da ogni dove alla spicciolata, a bordo di zattere di fortunarigurgitantidicarneumana,civuolealmeno un cargo. La Marina Militare pattuglia le coste per prestare ai profughi i primi soccorsi, nella nuova operazioneribattezzatadalViminale“MatteumNostrum”. La Protezione civile fa sapere che i richiedenti asilo al Nazareno e a Palazzo Chigi verranno alloggiati in strutture provvisorie di raccolta, i Cir (Centri identificazione e riciclaggio), in attesa di essere smistati in ministeri, enti pubblici, banche, municipalizzate, cda sfusi. Nel frattempo, si prega di non spingere.
IL QUINTOSTATO. La foto di gruppo del nuovo Stato Maggiore in versione Pellizzada Volpedo, scattata la Notte della Vittoria, cela alcuni renziani dell’ultim’ora, folgorati sulla via di Pontassieve fra il secondo exit poll e la prima proiezione: l’efebico ex bersaniano Roberto Speranza, lievemente scolorito per via della trielina usata per svaporare le ultime macchie di giaguaro; e il batracico ex bersaniano Nico Stumpo, opportunamente nascosto dietro una stangona. In prima fila si spellano le mani gli ex giovani turchi, ora neorenziani di mezza età, Orfini, Verducci e Fassina. Il terzo non è la moglie di Fassino, ma l’impavido dissidente antirenziano che dava a Matteo dell’“ex portaborse” un po’ “berlusconiano”; secerneva “vergogna per l’incontro Renzi-Berlusconi”; e lasciò il governo Letta quando Renzi lo chiamò “Fassinachi?”.Ora,opportunamentesedato,esaltail “Renzi valore aggiunto”, “la chiara leadership” del Caro Leader, “la squadra sui territori”, in vista della “missione difficile di grandissima responsabilità”. Quale? “La possibilità straordinaria di cambiare l’agenda della politica europea” verso “la svolta all’insegna dell’allontanamento dall’austerity e della crescita del lavoro”. Il suo, naturalmente. Un JobsAct personale: che s’ha da fa’ per campa’.
IN CHE STATO. Nel reparto CRSR (Convertiti al Rottamatore per Salvarsi dalla Rottamazione) svetta Dario Franceschini, che due anni fa cinguettava: “Bersani ragiona, Renzi recita”. Infatti, se ragionasse, non l’avrebbe fatto ministro della Cultura. Come disse Andrea Orlando, “basta passare con Renzi che si diventa nuovi, quando si passa con Renzi si diventa nuovi anche se non lo si è di curriculum”. Tipo lui, che ora fa il ministro della Giustizia. Il veltroniano (corrente Alitalia) e poi bersaniano Matteo Colaninno nota “un grande patrimonio del Pd che ora avrà una responsabilità ancora più grande di cambiare l’Italia e guidare una nuova fase dell’Europa” (sempre volando Alitalia). E Bersani, quello che “Renzi è un pazzo” e “ho salvato il cervello ma non lo do a Renzi”, che ne è di lui? “Complimenti a Matteo Renzi” e “adesso prendiamoci le nostre responsabilità in Italia e in Europa”. A Matte’, ricordate del mio cervello. E Max D’Alema, quello che “Renzi è ignorante e superficiale” e “non ha mai letto un libro in vita sua”? Ora “Renzi è un grande leader”, ma “non si arriva al 40% senza un grande partito”.  
Capotavola è sempre dove si siede lui. Specie se la tavola è la Commissione europea e Matteo non ci manda Letta. Le cambiali si pagano.
CUPIRLA. Il giovane vecchio Gianni Cuperlo fu già avversario di Matteo alle primarie, ma controvoglia. Rifiutò l’ingresso nella Segreteria renziana per gli inaccettabili “attacchi personali” del leader destrorso. Reclamò financo le dimissioni del neopremier da segretario. Ma – si scopre ora – lo fece obtorto collo. Anch’egli è un renziano della prima ora: prima clandestino, ora palese dinanzi al “risultato storico” e all’“ebbrezza del 4 davanti allo 0” (lui era abituato allo 0 senza il 4 davanti). Dunque Matteo torna un compagno, molto rosso fra l’altro: “Il Pd è la prima forza del progressismo e del socialismo in Europa”. Stringiamoci a coorte e “riapriamo il cantiere”, appena esce Greganti.
GIOVANI ITALIANE. Nella sezione Massaie Rurali, scintilla il sorriso pudico di Federica Mogherini. Non rideva così da quando esaltò la “straordinaria vittoria” (di Bersani alle prime primarie contro Renzi). Sentendo poi Matteo parlare di politica estera, twittò con l’hashtag “#terzaelementare”: “Ok, Renzi ha bisogno di studiare un bel po’ di politica estera... non arriva alla sufficienza, temo”. E ancora: “Confermo: Matteo, lascia stare la politica #estera e di #difesa, #Obama e #F35 compresi. Ti conviene, dai retta...”. Marianna Madia, appena vide Matteo in tv con Bersani, tagliò corto: “Solo Bersani statura da presidente consiglio”, “Voto Bersani, è il miglior premier che l’Italia possa avere”. Fortuna che poi arrivò Renzi, se no chi le faceva ministre? Sempre stata renziana pure Pina Picierno, fin da quando si laureò con una tesi sul pensiero politico di Ciriaco De Mita, poi passò a Franceschini e poi a Bersani, ma solo per finta, infatti twittava nel suo italiano malcerto: “Qualcuno dica a Renzi che l’Onu ha appena stabilito che deve studiare”, “Bella supercazzola di Matteo Renzi sui diritti”, “La soluzione per Matteo Renzi è più discoteche in Iran”, “Lo slogan Adesso di Matteo Renzi? Lo ha lanciato Franceschini nel 2009, mazza che svolta!”, “M’avanzano un sacco di cappellini della campagna di Renzi, che faccio li spedisco a lui o libero il mio garage?”, “Il pluripensionato Vespa andrebbe rottamato prima di tutti. Peccato che Renzi non la pensi così”, “‘Se perdiamo le primarie il partito non tocchi i rottamatori’, dice Renzi. Ma per chi ci ha preso, per Renziani?!”. Camuffamento perfetto, prima del coming out.
TRASCINATORI DI FOLLE. Pronti con le transenne: arrivano Alfano e Casini, noti frequentatori di se stessi. Dall’alto del 4,4%, Piercasinando spiega che lui più che altro fa parte del 41% di Renzi: “Questo voto ha premiato il governo e anche chi lo sostiene”. Angelino Jolie invece trova che il 4,4 è un trionfo: “noi siamo un pilastro del governo”, “ha vinto la speranza contro la rabbia, il polo del buongoverno contro quello della pura protesta”. Ergo “siamo tutti più forti” perché “il nostro mezzo punto percentuale è stato ben sacrificato”: “se avessimo preso lo zero virgola per cento in più tutti voi avreste parlato di un risultato più che soddisfacente”, ma in fondo “con le condizioni che si sono determinate – il Pd al 41% – lo consideriamo comunque un buon risultato”. Un po’ come se l’Atletico Madrid dicesse: “Se il Real non ci rifilava quattro gol, vincevamo facile con uno: dunque è andata di lusso”.
MOVIMENTO CINQUE RENZI. Se avanzano transenne, tenerne qualcuna da parte per la prorompente iniziativa politica di Luis Alberto Orellana e Francesco Campanella, candidati alla guida del neonato gruppo senatoriale degli ex grillini, quelli che promettevano di lasciare Palazzo Madama. E invece no, troppo forte la tentazione di passare alla Storia accanto della Rivoluzione Renziana: restano a pie’ fermo in poltrona e chiedono le dimissioni di Grillo, non si sa peraltro da che cosa. Il virile apporto dei renzastellati prenderà l’atletico e ginnico nome di “Democrazia Attiva”, e saranno dolori per tutti i passivi.
MINCULRENZI. La libera stampa, fiera e compatta, marcia patriotticamente come un sol uomo al fianco del suo Generalissimo. Nella conferenza stampa dopo il Trionfo, a un cenno convenuto del capo del Capo, scroscia fra i giornalisti il marziale e scattante applauso a Sua Eccellenza il Portavoce, al secolo Filippo Sensi.
Frattanto, su Twitter e Facebook, ritmano armonici e tacitiani i bollettini della Vittoria. Francesco Bei (Repubblica): “Stasera mi prende così. Malinconia. Sarà per aver gioito troppo?”, “A questo punto spero davvero che roberto gualtieri ce la faccia” (ma sì che ce la farà, daje). Annalisa Cuzzocrea (Repubblica): “Quando non sai più che pesci prendere, c’è la lettera al figlio di kipling”, “E stasera c’è anche #gazebo @welikechopin #ilgiornoperfetto”. Torna finalmente a rifulgere il sole sui colli fatali di Roma.
AGENZIA STEFANI. In linea con le veline del Ministero della Cultura Popolare e con i dispacci dell’Agenzia Stefani, si registrano con viva soddisfazione i sobri titoli dei principali quotidiani. Repubblica: “Il riformismo diventa maggioranza” (il 41% del 57% degli elettori, pari al 23%), “Dopo questi risultati nessuno ci può fermare”, “Gufi sconfitti e ora tutti al lavoro”, “È la Renzi generation”,“Vince D’Alfonso: ‘Ora l’Abruzzo potrà ripartire’” (per il Tribunale di Pescara), “I socialisti frenano l’onda populista” (infatti sono dietro al Ppe). Corriere: “La diga utile del premier”, “La fiducia del Colle su un governo più stabile”, “Renzi, telefonate ai leader europei; ora l’Italia può puntare in alto”, “Grazie a Matteo si è avverato il mio sogno della vocazione maggioritaria” (col 45% di non votanti). La Stampa: “La vittoria sorprendente della speranza”, “Matteo modello per i socialisti Ue”, “Svolta in Piemonte: vince Chiamparino” (il classico outsider), “Napolitano soddisfatto per il nuovo slancio che avranno le riforme” , “Il socialismo in versione scout”. Il Mattino: “Perché inizia un nuovo ciclo politico”, “Prodi: Renzi può cambiare la Ue”. Il Sola-24 Ore: “Il cammino per passare da De Gasperi a De Gasperi è ancora lungo, ma questa è la strada che la politica italiana dev’essere capace di percorrere”. Avvenire: “Renzi ‘superstar’, ora è un leader Ue. La valanga del Pd vale più della vittoria tedesca della Merkel” (ora glielo facciamo vedere noi alla culona), “Il trionfo di Matteo abbatte lo spread” (che invece, quando saliva, era colpa di Grillo). Il Tempo: “Renzi il Conquistatore”, “Ora Matteo detta la linea anche alla Ue”. Il Messaggero: “Evitare il super-ego e nessuna vendetta: il mantra del premier per il dopo exploit”, “Matteo incassa l’elogio del Colle”, “Primo atto del day after: riportare i bimbi adottivi del Congo in Italia”, “I renziani serrano i ranghi”. Per l’adunata del sabato renzista, con salto nel cerchio di fuoco, pancia in dentro, petto in fuori.
ROSSO ANTICO. Resta l’Unità, che lunedì si era improvvidamente scordata di Renzi: niente foto di Matteo (ma di Marine Le Pen sì) e titolo anonimo, “Europee vince il Pd”. Ieri la pravdina pidina ha precipitosamente rimediato con un cubitale “Effetto Renzi”, per giunta in rosso, e doppia foto, a pagina 1, 2 e 3. A Matte’, ricordate de l’amici! Segue lezione di politica di Maria Novella Oppo, che invita Grillo a controllare, la prossima volta, “dove tira il vento”: un programma di vita. Ottime e abbondanti anche le cronache locali. Ginnico e inequivocabile il titolo delle pagine romane di Repubblica: “Trieste-Parioli il quartiere più rosso”. Grazie agli 80 euro, infatti, pare che per un attico ai Parioli occorreranno appena 20 mila vite. Parioli presente! A noi!
I RENZUSCONIANI. Sul fianco destro (destr!) salmodiano i maestri cantori berlusconiani, finalmente liberati dal seccante fastidio di dover scegliere da che parte stare, col rischio di perdere contatto con il potere per qualche nanosecondo. Renzi consente loro di stare con la destra e con la sinistra (si fa per dire), ma non in rapida successione, come in passato: in contemporanea, con notevole riposo per le affaticate lingue. Sallusti, anche senza aspirapolvere, è ancor più giulivo di quanto vinceva padron Silvio: “Asfaltato Grillo” e “Le riforme o le fanno Pd e Forza Italia, o non vedranno la luce”. Sul Foglio, Claudio Cerasa, renzusconiano di ultima covata, può finalmente concentrare il muscolo involontario (sempre la lingua) su un solo destinatario: “Il governo Angela Renzi” (in lievissima contraddizione con le aspettative di un Renzi che rottama la Merkel e cambia l’Europa). Adriano Sofri, già difensore di B., Dell’Utri e Mangano ma sempre da sinistra, nonché autore di enciclopediche articolesse per sponsorizzare Bersani alle primarie, non ha “potuto fare a meno di fregarmi le mani” per il trionfo renziano. Giuliano Ferrara si fa una pista di coca con grande perizia manuale e nasale, vestigio di una lunga pratica, per festeggiare “le riforme di Renzi con l’appoggio di Berlusconi” e “il partito manettaro sconfitto” (a proposito: che ne è del candidato “garantista” del Foglio Giovanni Fiandaca?).
TGRENZI. Il Tg3 mostra i primi lavoratori in lacrime (ma per la commozione) che sventolano la pingue busta paga con gli 80 euro e s’interrogano confusi su come spenderanno tutto quel bendidio. C’è chi ha la testa che gli gira e immagina un resort ai Caraibi, chi progetta una vacanza a Bali, chi una terrazza ai Parioli da quando son diventati il quartiere più rosso di Roma. Chi sa far di conto invece è ancora incerto fra mezzo pacchetto di Marlboro al giorno e una scatola di mentine. E ora, ragazzi, intoniamo tutti insieme il nuovo Inno Nazionale, coniato dagli ormai celebri Balilla di Ragusa: Facciamo un salto/ battiam le mani/ti salutiamo tutti insieme Presidente Renzi./ Muoviam la testa/Facciamo festa/ a braccia aperte ti diciamo benvenuto.../ Siamo felici e ti gridiamo:/da oggi in poi, ovunque vai, non scordarti di noi/dei nostri sogni, delle speranze/ che ti affidiamo, con fiducia, oggi a ritmo di blues./Le ragazze, i ragazzi, tutti insieme/alle tue idee e al tuo lavoro affidiamo il futuro/e poi di nuovo ancora insieme/noi camminiamo/ci avviciniamo/e un girotondo noi formiamo sempre a tempo di blues”.

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 28/5/2014