s. sca., la Repubblica 27/5/2014, 27 maggio 2014
L’ASCESA DI PIPPO, L’AMICO DI FAMIGLIA
MILANO
Fin dal primo giorno alla guida della Primavera l’approdo naturale di Pippo Inzaghi era già un passo avanti. Due anni da candidato in pectore alla panchina della prima squadra. Diversi i rivali, uguale il copione. Prima Allegri, poi Seedorf hanno dovuto fare i conti con l’ex attaccante che non a caso ha sempre preferito limitare al massimo le dichiarazioni pubbliche, perché ogni parola poteva essere travisata pensando alla successione. Lo stesso tempismo mostrato in area col numero 9 sulle spalle ha guidato questa progressiva marcia di avvicinamento, sostenuta da Adriano Galliani. Sempre in giacca e cravatta in panchina, filiforme come quando giocava e si teneva in forma con i biscottini plasmon e la bresaola, Inzaghi ha vissuto il suo momento di gloria grazie alla vittoria all’ultimo Torneo di Viareggio, non a caso festeggiato dal club come fosse una Champions League. Inzaghi è uno di famiglia e come un parente affidabile diventa il riservista ideale per questo ennesimo passaggio cruciale di questo lunghissimo momento di transizione. Non può pretendere un ingaggio elevato o un mercato faraonico. Non ha impegni da sciogliere e non è un costo aggiuntivo. In più è popolarissimo. I tifosi rossoneri stravedono per lui perché è l’uomo dei gol nelle serate europee. Un serbatoio di consensi preziosissimo all’indomani del tracollo elettorale più consistente nella storia politica di Berlusconi. Dopo una domenica così, meglio puntare sul nome più amato dalla gente milanista. Perché se sbaglia lui è comunque Pippo Inzaghi.
Se avesse fallito Unai Emery sarebbe stata la conseguenza di una scommessa su un tecnico che in fondo ha vinto solo un’Europa League ai rigori col Benfica. Vuoi mettere col centravanti che rivaleggiava insieme a Raul sul trono dei cannonieri continentali a suon di gol a Real e Bayern. Elettrico anche in panchina: Super Pippo gesticola molto, urla e carica i suoi giocatori con decisione per vedere i movimenti giusti del suo modulo preferito, il 4-3-3. Ha rimediato tre espulsioni in due anni a causa della partecipazione con cui vive le partite. Ma il momento più delicato è andato in scena lontano da un impegno ufficiale: la litigata con Allegri al centro sportivo delle giovanili rossonere, frutto dell’insofferenza del livornese per le continue voci su un possibile avvicendamento. Due giorni dopo, la pace forzata davanti alle telecamere. Non deve essere stato facile convivere con l’ombra di Inzaghi che si è subito materializzata anche sul profilo di Seedorf, un tempo autore di assist deliziosi per Super Pippo. Emblematica la presenza di Abate, Bonera, Montolivo e Poli in tribuna a seguire il playoff Primavera tra Milan e Udinese. Un quartetto di giocatori non proprio vicini a Seedorf in questi mesi. Quel giorno andò a male al Milan sconfitto per 3-1 in casa e fuori dalla Final Eight. Ma nulla può eclissare la stella di Inzaghi, prudenzialmente fermato da Galliani sulla strada di Sassuolo a gennaio dopo l’esonero di Allegri. C’era un altro allenatore da tenere sulla graticola per qualche mese. Inzaghi ha infilato in pole position anche la griglia della successione per il dopo-Seedorf, poi ha dato l’impressione di perdere terreno a favore di Donadoni, Spalletti e Unai Emery. Ma era solo uno di quei movimenti che fanno i centravanti d’area per scappare alla marcatura dei difensori avversari. Poi in un secondo ricompaiono a porta spalancata e segnano. Inzaghi l’ha fatto per tutta la carriera. E sembra non aver perso il vizio.
s. sca., la Repubblica 27/5/2014