Corrado Zunino, la Repubblica 27/5/2014, 27 maggio 2014
ARRESTATO CLINI SUI CONTI SVIZZERI DELL’EX MINISTRO I SOLDI PER L’IRAQ
A molti suonava strano un ministro dell’Ambiente filonucleare, convincimento ribadito con la tragedia di Fukushima ancora calda, pro-Ogm, serenamente “Sì Tav”, favorevole al Ponte di Messina e alle grandi navi nella Laguna di Venezia.
«Un efficiente ministro dell’Industria», disse di Corrado Clini il verde Angelo Bonelli quando tentò di spiegare l’attivismo feroce del medico di Latina — nel frattempo diventato ministro dell’Ambiente del governo Monti — per inertizzare le indagini dei magistrati di Taranto e lasciare aperte le cokerie dell’Ilva.
Sulla fabbrica siderurgica c’è sempre stata quella intercettazione tanto temuta e mai spiegata davvero. Il grande corruttore dell’Ilva per conto della famiglia Riva, il capo delle relazioni esterne Girolamo Archinà, nel 2010 disse al telefono: «Corrado è un uomo nostro». Clini è stato direttore generale all’Ambiente per vent’anni, ma sempre ha negato di essere lui quel Corrado. Poi, però, altre due telefonate sono emerse dai file di procura rendendo più difficili le spiegazioni. Ivo Allegrini, direttore per una vita dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr, a un certo punto consulente Ilva, rivelerà al confidente Archinà: «Ci pensa il nostro amico Corrado che adesso ha la delega su tutte le direzioni generali ». E in un’altra chiamata Allegrini aveva voluto sapere se il gruppo dirigente Ilva era stato informato degli interessi «dell’amico Corrado» in Brasile.
A 67 anni, quattro figli, per l’ex ministro sono arrivati i domiciliari nella sua casa dietro piazza Navona, centro storico pregiato della capitale dove ama ascoltare Freddie Mercury. È uno dei cinque immobili che Clini possiede, poca cosa negli anni di governo rispetto ai ventitré fabbricati del premier Monti e i novantasei del sottosegretario Guido Improta. Medico del lavoro specializzato in igiene e sanità pubblica, Senior research fellow a Harvard, oggi Clini è ancora il direttore generale dello Sviluppo sostenibile al ministero dell’Ambiente. A Venezia, dove iniziò nel 1978 a tessere, giovane socialista, la rete di conoscenze, lo ricordano protagonista alla fine degli Ottanta: migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi sversati in Libano da aziende lombarde stavano rientrando a Marghera con la nave Jolly Rosso. Clini rassicurava tutti: «Bruciando due copertoni si provocherebbero danni maggiori». Nel gennaio del 1990 accompagnò Giorgio Ruffolo nell’area Acna di Cengio, Savona industriale: i rifiuti dell’azienda di coloranti sono riemersi in queste stagioni nel Casertano di Gomorra. «Non esiste alcun ritardo nei lavori», disse il dirigente sulla bonifica in corso. La chiusura lavori è prevista per quest’anno, ne sono passati ventidue.
Da direttore generale, Clini ha gestito i 300 miliardi di lire per il risanamento dell’area Enichem di Manfredonia e nel 1993 ha dato corpo al suo curriculum di conflitti di interesse entrando nel consiglio di amministrazione dell’Enea, che da lì a poco avrebbe preso in carico diversi controlli ambientali. Nel 1996 la procura di Verbania lo ha indagato per l’inquinamento prodotto dall’inceneritore della svizzera Thermoselect. Un impianto pilota, non serviva autorizzazione preventiva dello Stato. I vertici dell’azienda vennero condannati in Cassazione per lo sversamento di cianuro nei torrenti vicini, il direttore Clini — difeso dall’avvocato Taormina — chiese e ottenne di trasferire il processo al Tribunale di Roma: archiviato. Nel 2007 il grand commis dell’Ambiente è stato pubblicamente sbertucciato da padre Alex Zanotelli, comboniano in missione in una baracca della discarica di Korogocho, Kenya: Clini aveva finanziato con 721 mila euro pubblici (solo per lo studio di fattibilità) una società italiana, la Eurafrica, per farle risanare trenta ettari di veleni. Il ministro Pecoraro Scanio scoprì che il direttore della società napoletana, zero dipendenti, era un mercante d’armi e fermò il progetto da 30 milioni. Clini trattò Zanotelli con disprezzo: «Forse disturbiamo the lords of pauperty, i benefattori di professione che vivono sulla miseria dei disperati».
Da ministro dell’Ambiente il dottore ha lasciato prosperare alle Finanze una società — Sogesid — utilizzata per le bonifiche. La Sogesid è riuscita a dare, solo nel 2011, 203 consulenze esterne per un costo di 4,5 milioni di euro. In trasferta in Calabria, confessò imbarazzo per la doppia veste in conflitto: «Sono qui e devo cercare di tenere due cappelli in mano». Clini era ministro e pure presidente del Consorzio per l’Area science park di Trieste: la sua società doveva formare trenta giovani calabresi e poi incassare 30 milioni dal suo ministero. Suggerito, un mese dopo avrebbe lasciato la presidenza privata. Pantagruelico, il ministro Clini è riuscito a portare in Brasile, alla tre giorni di conferenza Rio+20 del giugno 2012, una delegazione monstre , degna dei socialisti della sua gioventù. D’altronde il maestro politico, riconosciuto e rivendicato, è stato Gianni De Michelis.
Corrado Zunino, la Repubblica 27/5/2014