Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 27 Martedì calendario

LA FRANCIA S’È DESTRA PERCHÉ HA CAPITO LA CRISI


La Francia s’è Destra perché Marine Le Pen non solo ha saputo parlare alla pancia dei suoi concittadini ma ha anche capito cosa frullava loro in testa: la ribellione contro una moneta che distrugge il loro potere d’acquisto. È questa la principale lezione che arriva dal voto transalpino che ha visto il successo del Front National nemmeno tanto a sorpresa, visto il costante tracollo del consenso nei confronti del presidente, François Hollande.
Bastava ascoltare la bionda figlia di Jean Marie negli ultimi mesi per capire dove tirava il vento. «Ci sono tre modi per ritrovare la competitività: svalutare l’euro, abbassare i salari o smantellare lo stato sociale. Si sono scelte queste ultime due soluzioni. Francesi e italiani», ha affermato più volte la Le Pen, «devono prendere lo stesso salario di ungheresi e polacchi. In Francia l’80% dei posti di lavoro creati l’anno scorso è a tempo determinato: come si fa con un posto del genere ad andare in banca e chiedere un mutuo, come puoi comprarti un’auto o affittare una casa? Solo l’1% della popolazione europea ha guadagnato con l’euro, ma è la moneta che deve essere flessibile, nient’altro». Più chiara di così.
E il bello, il brutto per la sinistra francese, è che una tale fotografia della situazione l’avrebbero potuta scattare anche Romano Prodi, Alexis Tsipras o magari Paul Krugman. La nuova leader francese, che si pone come reale antagonista di Angela Merkel in un braccio di ferro tra rottamatori dell’euro e sacerdoti del rigore teutonico, è arrivata prima degli altri a questa conclusione: in Europa le persone, prima della moneta e delle banche, devono avere diritti.
Il successo della destra, visto ancora con sospetto e un po’ di paura dai mercati, spiega anche un’altra cosa: alla Francia poco è servito sforare i fatidici parametri europei. I cugini transalpini, dal 2008, hanno lasciato correre il loro disavanzo nella speranza che facesse crescita: il deficit nei loro conti pubblici si è innalzato sul pil del 3,3% nel 2008, del 7,6% nel 2009, del 7,1% nel 2010, del 5,3% nel 2011, del 4,9% nel 2012, del 4% nel 2013 e quest’anno dovrebbe essere ancora al 3,5% della ricchezza prodotta. Non che sia servito a molto. Negli stessi anni, il debito pubblico francese è comunque aumentato dal 68,2% del pil del 2008 al 94,8% del 2014 e il prodotto interno lordo veleggia tra lo zero di due anni fa e (forse) l’1% di questa annata. Anche la disoccupazione non si è mostrata intimorita dal laissez-faire di budget autorizzato da Bruxelles e Berlino. Sempre dal 2009, i senza lavoro sono cresciuti dal 9,5% all’11,1% previsti per il 2014.
Il successo del Front National e dell’Ump alle elezioni amministrative e poi europee nasce da questi numeri. La Francia è diventata il vero malato d’Europa e impressiona questo vagone sganciato dalla locomotiva tedesca. Servirebbe la grandeur perduta. E non solo ai francesi.

Roberto Sommella, MilanoFinanza 27/5/2014