Marco Moussanet, Il Sole 24 Ore 27/5/2014, 27 maggio 2014
ECCO LE CINQUE RAGIONI DELLA VITTORIA DI MARINE
PARIGI. Dal nostro corrispondente
Dopo settimane di sondaggi che assegnavano una vittoria al Front National - o quantomeno un testa a testa con l’Ump, il partito conservatore - nessuno si è stupito che il movimento nazional-populista sia diventato il primo partito francese. Ha stupito invece, e scioccato, la dimensione di un successo dovuto in parte all’eccellente lavoro fatto in questi anni da Marine Le Pen e in parte a fattori esterni, a partire dall’inconsistenza dei suoi avversari.
1 L’IMPATTO DELLA CRISI ECONOMICA
La Francia è arrivata quasi disarmata alla crisi del 2008. Basti ricordare che all’inizio degli anni duemila, mentre la Germania avviava delle difficili riforme strutturali, Parigi riduceva l’orario di lavoro settimanale a 35 ore (a parità di retribuzione). La sua industria si è quindi trovata a sopportare un costo del lavoro molto alto, a fronte di una produzione di qualità media e medio-bassa. Con grandi rigidità sul mercato del lavoro dovute a uno strapotere sindacale. La conseguenza è una disoccupazione record, con il 25% dei giovani senza lavoro, nonostante le decine di migliaia di posti assistiti. A questo si è aggiunto l’inasprimento fiscale degli ultimi quattro anni. Impoverimento della classe media e precarietà lavorativa hanno alimentato il voto di protesta. Come peraltro dicono chiaramente i dati sui flussi elettorali: hanno votato per il Fn il 30% dei giovani, il 43% degli operai e il 37% dei disoccupati.
2 LA DEBOLEZZA DEL PRESIDENTE
François Hollande si è palesemente dimostrato non all’altezza del ruolo, che in Francia assomiglia molto a quello di un monarca assoluto. Dopo aver promesso la bocciatura del patto di stabilità, lo ha di fatto accettato. Ha sottovalutato l’entità della crisi e deciso nuove tasse per circa 30 miliardi. Salvo poi rendersi conto che il Paese non era in grado di sopportarle e annunciare riduzioni fiscali pressoché equivalenti. L’opinione pubblica non ha capito nulla e si è convinta, non a torto, che manchi una strategia chiara. La guida del Governo è stata affidata a un premier grigio, Jean-Marc Ayrault, e di scarsa presa sull’opinione pubblica. Solo dopo il disastro delle comunali, due mesi fa, Hollande si è deciso a cambiarlo. Lo stesso vale per il partito socialista. A questi problemi di fondo si è aggiunto lo scandalo dell’ex ministro del Bilancio Cahuzac, che aveva un conto in Svizzera ed è stato a lungo difeso. Il risultato è che Hollande è il presidente più impopolare di sempre e i socialisti non sono mai scesi così in basso.
3 LE DIVISIONI NEL CENTRO-DESTRA
Dalla sconfitta alle presidenziali (e la parziale uscita di scena di Nicolas Sarkozy), il partito fa più notizia per le guerre intestine che per le sue iniziative politiche. Grazie alla crisi dei socialisti e al cosiddetto "fronte repubblicano" anti-Fn, ha vinto le elezioni municipali, dove prevalgono considerazioni locali. Ma alle europee ha pagato l’assenza di una leadership forte e chiara. Anche in questo caso aggravata dal profumo di scandalo che coinvolge il segretario Copé in una squallida vicenda di fatture false e utilizzo illegale dei fondi del partito.
4 L’EUROSCETTICISMO DEI FRANCESI
I francesi sono tradizionalmente eurocritici, per non dire euroscettici. Come dimostra la vittoria del "no" alla costituzione europea nel referendum del 2005. O il recente sondaggio di Le Monde dal quale risulta che la grande maggioranza della popolazione si sente «solo francese» o comunque «più francese che europea». La Le Pen ha quindi avuto gioco facile nello sparare a zero su Bruxelles. Tanto più che da anni quasi tutti i politici francesi - di destra e di sinistra - hanno trasmesso l’idea che quando una cosa funziona è merito loro e quando non funziona è colpa dell’Europa. E le vere e proprie campagne contro l’euro forte, contro i divieti agli aiuti di Stato, contro l’apertura dei mercati (cui viene imputato l’andamento in profondo rosso della bilancia commerciale) hanno contribuito a stendere un vero tappeto rosso alla signora del Front National.
5 LA METAMORFOSI DEL FRONTE NAZIONALE
Arrivata poco più di tre anni fa alla guida del partito fondato da suo padre nel 1972, ne ha completamente cambiato l’immagine. E in parte la sostanza. Ha cacciato, o marginalizzato, estremisti e nostalgici. Ha dato spazio a una nuova generazione di quadri, moderni e convincenti. Ha fatto in modo che il partito si radicasse sul territorio, dando grande attenzione ai temi locali (basti citare la difesa del commercio al dettaglio contro la grande distribuzione). Ma soprattutto ha privilegiato i temi sociali ed economici rispetto a quelli tradizionali dell’immigrazione e della sicurezza (pur senza accantonarli). Una strategia vincente, visto che i consensi al Fn salgono in parallelo con le percentuali di disoccupazione. In questa campagna elettorale ha giocato abilmente le carte della sovranità, della difesa degli interessi nazionali, del patriottismo economico e della protezione in tutte le sue declinazioni: delle imprese, dei consumatori, dell’agricoltura, delle frontiere, dell’identità, dei servizi pubblici. Un messaggio spesso demagogico e poco credibile, ma è quello che la gente voleva sentirsi dire.
Marco Moussanet, Il Sole 24 Ore 27/5/2014