Giovanni Audifreddi, Vanity Fair 28/5/2014, 28 maggio 2014
UN AMORE COSÌ GRANDE. INTERVISTA A PRANDELLI
Signora, la sento male, c’è un po’ di vento. «Scusi sa, ma mi sono rifugiata in terrazza per fumare di nascosto da Cesare. Se ha voglia chiacchieriamo, ma niente dichiarazioni, niente interviste».
La prima volta che ho parlato con Novella Benini, voce da donna capricciosa, è stato tre anni fa. Vanity Fair stava per pubblicare le immagini esclusive di una romantica vacanza a Panarea con l’allenatore della Nazionale, Cesare Prandelli. Lei camminava su pantofoline veneziane, si proteggeva dal sole con un panama e aveva una camicia bianca con i doppi polsi arrotolati: «Era dello smoking di mio nonno», mi ha detto, vagamente snob.
Col tempo la coppia si è cementata, nel silenzio. I paparazzi ci hanno preso gusto a pedinarli: Maldive, Zanzibar, le feste del 19 agosto a Bolgheri, per il compleanno di lui: «Perché se vuoi vivere la favola e sentirti una regina, devi far sentire il tuo compagno un principe azzurro». Lei, fotografata negli stadi di mezzo mondo, sempre muta e parecchi passi indietro. Anche nella notte di Kiev, quando l’Italia agli Europei le prese dalla Spagna, in finale.
Così, quando dopo una lunga sfilza di sms e telefonate me la ritrovo davanti – seduta allo specchio del trucco con indosso una vestaglia di seta scollata, le gambe nude accavallate, convinta a posare, per la prima volta, con il Mister – capisco. Per esempio, che cosa intenda Cesare quando mi dice, pieno di pudore: «Nella sua scompostezza ha un’eleganza che mi lascia sempre stordito».
Novella, mancano pochi giorni: è pronta per i Mondiali in Brasile?
«Carica di positività e di tensione da panico. Non scherzo: durante le partite respiro male».
La prima sfida dell’Italia?
«Contro l’Inghilterra, 14 giugno: in Italia sarà mezzanotte».
Lei sarà allo stadio?
«Dall’Armenia alle Isole Fær Øer, sempre sugli spalti».
Chi sono le altre avversarie degli Azzurri?
«Uruguay e Costa Rica. Girone D: il più duro».
Chi è il nostro capitano?
«Gigi Buffon».
Le piace il calcio?
«Non ci capisco nulla. Proprio non mi è scattata la scintilla».
E perché non resta a casa?
«Perché ogni giorno lo dedico a Cesare e a mio figlio. Così ho costruito e protetto il nostro amore. Esserci è il mio lavoro».
Prandelli ascolta e sorride. «Guardi, meglio così. Almeno con Novella posso staccare la spina. Anche se certi suoi commenti sul calcio sono interessanti».
Cesare, lo dice per galanteria?
«L’ambiente del pallone ha gli occhi stanchi, così immerso nei suoi stereotipi, ragiona per schemi. Noi ci concentriamo sull’aspetto tecnico mentre lei se ne esce con: “Quel giocatore mi sembra possa dare sicurezza”. Gli sguardi diversi non stonano, aggiungono armonia».
Oltre alla sua compagna, chi ascolta volentieri?
«Mi intrigano quelli che in una partita ci vedono dell’altro. Non mi piace l’Italia della faziosità esasperata con la quale mi devo misurare tutti i giorni».
Su Twitter le hanno dedicato un hashtag – #veritaprandelliane – per sfotterla sulla mancata applicazione del codice etico a Giorgio Chiellini dopo la gomitata a Pjanic nell’ultima Roma-Juventus. Il giudice sportivo l’ha squalificato per tre giornate, lei invece l’ha convocato.
«Le critiche sono legittime, non mi offendo. Ma guardo solo la maglia azzurra, troppi invece hanno sempre e solo in mente i colori del proprio club. E su Chiellini non cambio idea: non è stato un gesto violento, ma un blocco di gioco. Chissà quanti di quei tweet arrivavano da Roma? Quando Balotelli giocava in Inghilterra fece un fallo e fu squalificato per due giornate. Per me non era violento. E lo convocai. Tutti zitti, nessuna polemica sul codice».
Avrebbe davvero fatto saltare i Mondiali a Chiellini, il perno della difesa della squadra?
«Sarebbe stato un problema. Ma se doveroso, sì. Il giudice sono io e ho la coscienza a posto: le regole sono uguali per tutti».
Ha lasciato a casa tanti big. Le dispiace?
«La Nazionale è un gruppo dove si parla a viso aperto. Si comincia in 40, ma partono in 23. Se entrassi nelle camere di ciascuno a spiegare, o peggio a consolare, vorrebbe dire che non ho rispetto della loro professionalità».
Lei è un commissario tecnico un po’ atipico. Con la squadra parla di tutto, persino di omosessualità.
«Un gay nello spogliatoio non è un problema. Io scelgo i bravi, non chiedo l’orientamento sessuale. L’ho detto ai ragazzi: non dovete imbarazzarvi a parlare di queste cose. In un mondo civile non ci sono tabù».
Ha anche permesso alle famiglie dei giocatori di partire al seguito della squadra in Brasile, nello stesso luogo del ritiro.
«È una formula che abbiamo sperimentato con successo l’anno scorso in Confederations Cup. I Mondiali sono più importanti, c’è più tensione, un clima positivo aiuta a stemperarla».
Lei tifa per Matteo Renzi, vero?
«Sì, e anche Novella. L’ho detto in tempi non sospetti. Ho visto la sua sensibilità all’opera a Firenze. Prima che un politico, è una brava persona. Ora che è premier ne sono ancora più convinto».
Eravate insieme a Roma, alla finale di Coppa Italia che ha fatto scandalo. Parlerete di violenza negli stadi?
«È un momento molto difficile per il Paese. Mi amareggia vedere che non abbiamo ancora capito: lottare tra di noi rischia solo di affossarci di più. Mi rifiuto di chiamare sport quello che abbiamo visto».
Ha un’idea contro la violenza allo stadio?
«Convegni e seminari non servono più. Se non ci auto-puniamo con regole serie, ho paura che un giorno le istituzioni del calcio, Fifa e Uefa, possano decidere di buttarci fuori, costringendoci a campionati regionali».
Vorrebbe leggi più severe?
«No. Anzi, toglierei tornelli e barriere. Credo che le armi giuste contro i violenti siano lo sdegno e il recupero del senso civico».
Torniamo a voi: ci sarà qualcosa che non sopporta di Novella.
«Succo di cavolo nero e cetrioli di prima mattina. Una schifezza che cerca da tempo di farmi ingurgitare. Dice che fa bene alla pelle. Alla sua, forse: della mia non mi interessa molto».
Eppure ha l’aspetto di un uomo raffinato.
«Merito del sarto che mi ha presentato la mia fidanzata».
Che un giorno diventerà moglie?
«Viviamo insieme, non abbiamo mai parlato di matrimonio».
Dieci anni fa, quando la malattia di sua moglie Manuela – scomparsa nel 2007 – si aggravò, lei lasciò la panchina della Roma e il calcio per starle vicino.
«Non sono un eroe. Quanti mariti vorrebbero fare lo stesso, ma le condizioni economiche non glielo permettono? Sono stato fortunato a viverla fino in fondo».
Quella vicenda è una presenza nella vostra nuova vita?
«Alla base della storia con Novella c’è grande serenità. Ne abbiamo parlato tra noi, l’imbarazzo c’è solo a farlo pubblicamente. La mia situazione familiare coinvolge molte persone, e ciascuno ha sofferto a modo suo».
Com’è riuscito a ricominciare?
«Non ho avuto paura di rivivere qualcosa di importante. Far finta di non percepire l’amore non fa per me: ti batte il cuore forte, e pensi solo a proteggere quell’emozione».
Proteggere?
«Avere l’opportunità e la voglia di vivere fino in fondo la coppia è una cosa rara: può generare gelosie. Noi siamo una famiglia. Bonaccorso, il figlio di Novella, che ha 10 anni, è come se avesse due padri. I rapporti con il suo ex marito e con la nuova compagna sono ottimi. I miei figli Nicolò e Carolina hanno compreso, perché abbiamo aspettato che tutti avessero il tempo di apprezzare questo nostro sentimento. E lo condividiamo con loro il più possibile. Siamo una grande vera famiglia che si vuole bene».
Sul divano accanto a lui, Novella gli stringe la mano. Stanno insieme da più di quattro anni e soltanto ora escono veramente allo scoperto. «Cesare non è sempre stato così. Era chiuso. Eppure mi ha conquistata parlando e camminando a zonzo per Firenze. Abbiamo una passeggiata segreta: passa davanti a una nuova casa che è il nostro sogno. Il suo equilibrio, la sincerità, l’educazione fanno breccia. Oggi siamo come ancorati, il rapporto tra noi è un impegno che ci fa vivere bene».
Mister, che donna è Novella?
«All’apparenza aggressiva. In realtà ha una fragilità emotiva che la mette a disagio. Si è costruita un personaggio finto burbero, ma la sto stanando un po’ alla volta. Mi impegno molto, poi però finisco per darle ragione».
Perché?
«La guardi. Non è facile dirle di no».
Un regalo di cuore che ha fatto a Novella?
«Una tela di Felice Antonio Botta che raffigura una sua passione: la chiesa di Santo Spirito».
E uno che ha ricevuto da lei?
«Quando ha compiuto quarant’anni, è andata in un centro per smettere di fumare. E ci ha portato anche me».
Collezionista d’arte, le piace la cucina, gioca a golf. Che altro condividete?
«C’è chi gioca al Fantacalcio, noi abbiamo il passatempo del Fantacasa. Quando siamo in un posto, ospiti di una villa, al ristorante, in albergo, cominciamo a sognare come lo potremmo trasformare. Qui una lampada di... Là delle tende leggere. Lì invece sbaracchiamo tutto e mettiamo solo una libreria... Andiamo avanti così per ore, a nostro gusto».
Siete un coppia che va anche a fare la spesa al supermercato?
«Se promette di non lasciarmi solo. È una rovina: non so dire di no a selfie e foto coi tifosi».
E che cosa finisce nel carrello?
«Lei fa la salutista, vorrebbe essere vegana e poi davanti al foie gras si tuffa. Io non resisto al salame. Ma devo stare lontano dal sesamo: Novella una volta mi ha portato d’urgenza in ospedale per una violenta reazione allergica».
La Federazione le ha già proposto un rinnovo del contratto di due anni. Senza neppure aspettare il risultato dei Mondiali. Non era mai accaduto.
«È un gesto di stima che mi rende orgoglioso. Ho dato la mia disponibilità a restare».
L’Italia in una parola che cos’è per lei?
«Qualità».
E la sua Nazionale?
«Sono un romantico. Vorrei che per tutti fosse Un amore così grande, la canzone cover dei Negramaro che accompagna l’avventura azzurra in Brasile».
Come andrà?
«Godiamocela. Il mio slogan è: non siamo i migliori ma possiamo vincere contro i migliori».
Ci stiamo salutando, Novella mi offre una delle sue gallette di verdura pressata. Cesare da dietro mi lancia una smorfia schifata. La guardo bene negli occhi. E finisco per dare un morso.