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 2014  maggio 28 Mercoledì calendario

IL PAPA, NETANYAHU E LA LINGUA DI GESU’

La visita di Francesco in Israele e Palestina si è chiusa con una piccola, garbata, polemica con il capo del governo israeliano Netanyahu. Sui territori e sulle colonie? No, sulla lingua parlata da Gesù. Durante l’incontro Benjamin Netanyahu a un certo punto ha detto «Gesù è stato qui, in questa terra, e parlava l’ebraico». «Aramaico», ha subito corretto il Papa. Pronto a replicare il premier: «Parlava aramaico ma conosceva l’ebraico». Chi aveva ragione dei due? Secondo l’autorevole linguista Ghil’ad Zuckermann, avevano ragione entrambi. La sua opinione può essere condivisa.
Anche questa breve polemica tra il Papa e il capo del governo rimanda infatti alla complessa situazione che già allora esisteva in Palestina, provincia romana di status imperiale come tutte le terre di confine.
Il legato di Tiberio, Lucio Vitellio, superiore di Pilato, risiedeva ad Antiochia in Siria e disponeva delle legioni acquartierate presso di lui. Il più famoso Ponzio Pilato, suo sottoposto, amministrava la Giudea ed aveva la residenza ufficiale a Cesarea Marittima. Si trasferiva a Gerusalemme quando le circostanze lo richiedevano. Era per esempio nella città santa, per controllare da vicino la situazione, in occasione delle festività di Pesach (Pasqua ebraica) quando Gesù di Nazareth venne arrestato. A Gerusalemme si celebrò infatti il suo processo.
Come in tutti i territori occupati, allora e oggi, era consueta la presenza dei soldati romani la cui parlata ufficiale era il latino anche se molti di loro avevano una diversa lingua madre. Un paragone linguistico con la Legione straniera francese non è troppo lontano dalla realtà.
Gesù era un ebreo, secondo gli studiosi, è altamente probabile che parlasse il dialetto della sua regione, vale a dire il dialetto aramaico della Galilea. Però i vangeli ci dicono anche che frequentava le sinagoghe ed era in grado di leggere i testi biblici, dunque conosceva certamente anche l’ebraico, lingua nella quale è scritta la Bibbia. Quale diffusione avesse allora l’ebraico è materia di discussione. Alcuni studiosi sostengono che era una lingua corrente. Altri, invece, magari di tendenza antisionista se non proprio antisemita – spesso la politica confonde questi argomenti – tendono a sostenere che l’ebraico non era più una lingua parlata. In un campo dove non è possibile stabilire certezze assolute, è ragionevole immaginare la situazione come diffusamente multilingue, il che fa entrare nel novero delle possibilità linguistiche anche la lingua greca, considerata una certa ellenizzazione del Medio Oriente e della stessa Galilea. In ogni caso alcune tracce che si trovano nei vangeli sembrano indicare che Gesù usasse come lingua quotidiana corrente non l’ebraico, ma l’aramaico-galileo.
Gesù viveva in una situazione multiculturale in un paese occupato, ed era ben consapevole dell’importanza di questo dominio. Se non si tiene presente questo sfondo la sua azione diventa incomprensibile; per esempio la celebre frase che bisogna “dare a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare” si spiega solo considerando il peso che aveva l’esosa riscossione delle imposte dovute a Roma da parte dei vituperati “publicani”.
Tra la Giudea, regione di Gerusalemme, e la Galilea, nel nord del Paese ai piedi delle alture di Golan, esisteva una diversità di status. La Giudea si trovava sotto diretta dominazione romana mentre la Galilea aveva un suo re della dinastia degli Erodiani: il famigerato Erode Antipa, popolarmente noto per la danza della sua figliastra Salomè e la conseguente decapitazione del profeta Giovanni detto il Battista.
Al di là delle formali distinzioni di carattere giuridico, la situazione di fatto era di un Paese dominato dalla potenza romana della quale Erode stesso era un docile strumento, come del resto lo era il sommo sacerdote del Tempio (Cohen Gadol) che doveva la sua permanenza nell’incarico alla benevolenza del procuratore romano e, probabilmente, a qualche sotterraneo passaggio di denaro. È curioso notare che il sommo sacerdote Caifa e Pilato vennero dimessi dai rispettivi incarichi nello stesso anno (36 e.v.) Bisogna però anche dire che, quando Gesù era vivo, cioè durante i primi trenta anni del I secolo, non si ebbero episodi di rivolta antiromana come quelli che ci saranno nei quaranta anni successivi culminati, nel 70, con la distruzione di Gerusalemme e del secondo Tempio da parte delle truppe del generale
Tito.