Andrea Satta, l’Unità 26/5/2014, 26 maggio 2014
INTERVISTA SU DUE RUOTE – [PAOLO CONTE A UNA TAPPA DEL GIRO D’ITALIA RACCONTA BARTALI, GELATI, DONNE E BAOBAB]
Frizzante? Faccio legando la bici a un tavolino bagnato. «Questa è la domanda? Frizzante? No, liscia, liscia». Pioviggina in Piazza Alfieri. Mi sono fatto la cronometro al contrario, da Barolo a Barbaresco. Paolo Conte sorride sorpreso.
Vino bianco? Rosso? aggiungo mentre mi siedo
«Ma, i bianchi è molto più difficile trovarli buoni, i rossi si difendono ancora un po’, ma non si tratta più dei vini di una volta. Fumi? I taste vin di oggi hanno nozioni che imparano nelle università del vino, sono giovani e non hanno mai bevuto davvero e quindi non potrai mai spiegare loro che il vino ha un altro gusto».
Notte o giorno?
«Sono stato sempre ... come metabolismo, per la notte».
Sereno o nuvoloso?
«Da giovane preferivo il nuvoloso, adesso il sereno».
Torino o Genova?
«Alla pari, sennò qua...»
Miles Davis o Chet Baker?
«Chet Baker».
Anch’io. Topolino o macchina americana?
«Anche questa è una bella partita, perché le macchine americane erano belle, però direi Topolino».
Due gusti di gelato, oltre al limone?
«Mirtillo e mela».
Beh, Coppi o Bartali?
«Ti devo dire Bartali».
Per contratto?
«Per contratto, per abitudine e per tutto. Ma il Campionissimo era il Campionissimo».
Bartali o non Bartali, tuo papà ti portava ad aspettare il Giro?
«Qualche volta, ma raramente il Giro passava di qui. E noi si faceva il tifo solo per radio».
Bartali, invece … non l’hai mai incontrato.
«No, no, io l’ho incontrato. Una prima volta in una trasmissione televisiva ed era un po’ sulle sue. Nella mia canzone, che lui conosceva nella versione di Jannacci, c’erano parole malandrine»Poi ci siam fatti una bella chiacchierata. Venne ad un mio concerto in Toscana in compagnia di un cantante anni cinquanta, molto all’italiana, ma simpaticissimo, un bell’uomo, grande e grosso, come si chiamava...».
Tu gli hai dato molto, lo hai rinfrescato ...
«Una bella riverniciata».
Perché Marina era una ragazza mora, ma carina?
«E questo me lo son chiesto, anch’io! Probabilmente lì era questione di metrica».
Certo, questo “ma” negli anni ha preso un peso ...
«Ha preso un peso, come a dire “Viva le bionde a tutti costi”! Anche se poi mi pare che la salvi verso la fine ... “O mia bella mora ...” e lì la recupera».
Quando hai capito che le tue canzoni erano qualcosa di vicino alla poesia?
« Se ti dico che non l’ho capito ancora adesso … ma qualche volta mi sono detto che un pochino di poesia c’è, anche se non hai la libertà della pagina bianca, c’è la metrica della musica da rispettare e io scrivo sempre prima la musica».
Tre cose dalle quali ti allontani istintivamente?
«Le malattie, il cretinismo, la slealtà».
E una che ti attrae nonostante tutto?
«Il fascino».
Già il fascino. Hai mai conosciuto Leo Ferré?
«Di persona, mai».
Dimmi una cosa che ti è piaciuta di lui
«Avec le Temp, è una gran canzone».
Ce la farai una tua versione di «Avec le Temp»?
«Ma con la voce che ho, non mi permetterei mai di toccare materiale altrui … però me la posso canticchiare in bagno...».
Dei grandi francesi scegli?
«Aznavour. Piaf era una grandissima cantante con un bellissimo repertorio. Poi c’erano gli antichi, i primitivi, Vincent Scotto di Marsiglia era un compositore degli anni venti, la musica del popolo, l’essenza della Francia, quella che Ravel Stravinsky andavano a cercare».
Hai paura del mare … a Genova?
«Mi piace molto nuotare, star dentro l’acqua, no non ne ho paura».
Quando dipingi hai voglia di far vedere alle persone che ami quello che hai fatto?
«Non faccio vedere proprio niente, viene tutto messo in fascicoli e non se ne parla più, a parte che mi sono lasciato andare con Razmataz … neanche le canzoni faccio sentire. Lì poi c’è la seconda crisi, l’imprimatur e mille pentimenti, mille errori che girano per la testa».
Sai che Sergio Staino fa la vignetta per L’Unità e tutti i giorni la sottopone a Bruna …
«Ecco anche io di queste bocciature familiari ho paura, capito? Perché le donne son terribili...».
È difficile pensare all’estate senza «Azzurro». Ma l’oleandro e il baobab ce l’avevi davvero nel giardino di casa?
« No. Il mio giardino c’entra per modo di dire … cioè sono immagini ...».
Perché, l’oleandro può essere, Paolo, ma il Baobab... Facciamo che è stato un volo?
«Un bellissimo volo estivo, Andrea».
E il prete per chiacchierare?
«Quello c’era, anche se non è che frequentassi l’oratorio».
Senti, non ti sorprende il successo che ha la bicicletta nelle nuove generazioni? Dopo che era stata definita come lo strumento dell’Italia povera, adesso è ripartita …
«Bella questa osservazione, mi stupisce perché non è più la bicicletta di allora che aveva un altra sagoma, però oggi viene comodo. La bicicletta è ecologica ed economica».
Qual era la favola con cui ti addormentavi da piccolo?
«Il Gatto con gli Stivali».
Ma è quella che io racconto a mia figlia Gea che ha tre anni!
«Che bel personaggio è il Gatto, con quegli stivali, un po’ guasconi!».
Ti piacerebbe disegnarlo?
«Ma io so fare bene i cavalli e ho sempre fatto tanti cavalli. Mi vengon bene le case e faccio case. Non affronto mai il paesaggio esterno perché è una cosa intoccabile che non riuscirei a fissare. Poi ho disegnato molti suonatori, perché, mi piace. Però la musica la trovo molto meno colorata. E lì dipende sempre dal tavolo che hai davanti, se hai tanto spazio e hai a disposizione tanti colori...».
L’arte nasce dalla necessità?
«Già».
Paolo, non so come dirtelo, ci siamo messi, qua ad Asti, al bar come fossimo in cima a un paracarro e ci siamo sbagliati. Ci siamo sbagliati, perché il Giro non passa di qua, e l’ho capito solo ora. Ma il temporale se ne è andato e le nubi sono già più in là.