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 2014  maggio 27 Martedì calendario

SCAPPARE IN TRENO A 80 ANNI COME UN RAGAZZO CAPRICCIOSO


Lev Tolstoj era più moderno di noi che ci vantiamo di rinnegare ogni giorno quello precedente. La nostra è minima evoluzione tecnologica, quello vissuto a pieno da Tolstoj è stato il grande stravolgimento che ha mutato insieme il quotidiano e la storia.
Lo scrittore è un ponte tra il passato distante solo cinquant’anni, ma già lontano, che aveva raccontato in Guerra e pace, e un presente dominato dallo sviluppo della società industriale, dalla diffusione del capitalismo, dall’esplosione delle grandi città e dall’aumentare delle disparità sociali. Un mondo che diventava sempre più complesso e che forse ispirò un sogno al ventenne Tolstoj: scrivere un racconto che contenesse tutte le impressioni e i pensieri di una giornata. Lo farà qualcun altro, ottant’anni dopo.
Tolstoj era un moderno. Per questo risulta particolarmente indovinata la scelta della copertina di Fuga dal paradiso. La vita di Lev Tolstoj, un’estesa biografia scritta dal giornalista letterario russo Pavel Basinskij uscita nel 2010 in occasione del centenario della morte di Lev e oggi tradotta da Cinzia Cadamagnani per Castelvecchi (pp. 350, euro 35). È una foto del vecchio Tolstoj, quello che più ci è familiare, con la barba bianca da patriarca, sugli scalini di un treno.
Il treno è l’elemento con cui la modernità irrompe tanto nella Russia degli zar quanto nella vita e nella letteratura stessa di Tolstoj. Quando lo scrittore, dopo le ricostruzioni storiche di Guerra e pace sceglie di affrontare il realismo contemporaneo di Anna Karenina, fa morire la sua eroina suicida sotto un treno. Una morte moderna che lui non inventa, ma per la quale trova ispirazione nella cronaca, perché la vita reale cambia più velocemente della letteratura.
E il treno avrà un ruolo importante anche nella sua stessa scomparsa. È l’episodio con cui si apre questa avvincente biografia: gli ultimi dieci giorni di vita di Lev che fugge di casa chiedendo di non essere cercato. Come un adolescente. Però Lev ha ottant’anni e scappa, ancora una volta, da otto figli (altri cinque erano morti precocemente) e dalla moglie Sofia. Fugge in treno e muore nella casa di un capostazione ad Astapovo.
La notizia della fuga, trasmessa dal telegrafo, viene ripresa immediatamente dai giornali che sguinzagliano i cronisti sulle sue tracce. Sembra cronaca dei nostri giorni, pare di vedere i furgoni con le antenne paraboliche e l’esercito di inviati raggruppati davanti a Jasnaja Poljana, la grande tenuta che lo scrittore aveva ereditato dalla madre, quel paradiso cercato sin da piccolo e da cui cerca spesso di fuggire.
È c’è un fondo di autocompiacimento in quest’ultima fuga. Lo stesso che si percepisce leggendo gli epistolari di personaggi celebri, quando quelle lettere troppo curate paiono essere state scritte pensando a una pubblicazione in volume. Allo stesso modo il vecchissimo Tolstoj, mentre fugge prima dell’alba, tra le strade piene di fango, trascinando i bagagli e rischiando di cadere, annota tutto sul suo diario. Non è quello che farebbe chi davvero vuole fuggire e scomparire nel nulla.
Da chi scappava una delle personalità più famose non solo della Russia, ma del mondo intero? Ancora una volta dalla moglie, Sof’ja Andreevna, la donna che aveva vissuto per 48 anni al suo fianco, che gli copiava in bella scrittura i romanzi, i racconti, i saggi. Quella che gli amministrava i beni, ai quali Tolstoj si disinteressava sempre più, soprattutto quando si lasciava andare allo sconforto vedendo come in Russia i pochi ricchi vivessero ignorando lo stato di miseria del popolo (non è cambiato poi molto). Allora pensava di rinunciare ai diritti sulle sue opere, di vendere tutto il superfluo, di far vivere la sua grande famiglia in tre stanze e di distribuire il ricavato tra i bisognosi.
Lev era un uomo difficile, Sof’ja non era da meno. La loro vita matrimoniale fu sempre contrastata e anche dopo la morte dello scrittore Sof’ja dovette subire gli attacchi dei fanatici che trovavano nel Tolstoj delle grandi riflessioni tra mistico e sociale un maestro spirituale e aprivano in suo nome comuni che Lev non vedeva di buon occhio. Per questi esaltati, Sof’ja aveva tra le tante la colpa quella di plagiare le scelte del marito, dissuadendolo dalla svolta pauperista, da decrescita felice, diremmo oggi. Odiata come una Yoko Ono, quasi cent’anni prima. Ancora un segno di quanto fosse moderno il mondo di Tolstoj.