Paolo Tomaselli, Corriere della Sera 27/5/2014, 27 maggio 2014
ARU: «SONO SARDO E HO LA TESTA DURA IL MALTEMPO PUÒ ESSERE UN ALLEATO»
DAL NOSTRO INVIATO PASSO DEL TONALE — Fabio Aru, 23 anni, da Villacidro alle Dolomiti. Dopo la vittoria di domenica a Montecampione in cui ha guadagnato 52’’ sulla maglia rosa Uran, cosa le hanno detto i suoi genitori?
«Hanno pianto tutti! Mia mamma e la mia ragazza si sono sentite al telefono, ma piangevano troppo e hanno dovuto riattaccare».
Adesso arriva la tappa più dura. Con Gavia, Stelvio e salita in Val Martello. Cosa si aspetta?
«Che il maltempo la possa rendere ancora più dura».
Se ha staccato gli avversari domenica può farlo anche oggi?
«Quel capitolo è chiuso. Ora se ne aprono altri. Sono concentrato sulle tappe decisive. Da quando ho perso una corsa a 200 metri dall’arrivo ho imparato che fino all’ultimo può succedere di tutto».
Ma andrà all’attacco?
«Non ho esperienza e non conosco ancora bene gli avversari...».
È vero anche il contrario però.
«Sicuramente...».
Da dilettante ha già vinto a Cima Grappa, dove giovedì c’è la cronoscalata...
«È una salita che mi piace molto. Lo Zoncolan invece l’ho fatto solo in macchina: è duro anche così».
Quando è emigrato per fare il ciclista a Bergamo e telefonava a sua madre dicendole che voleva smettere, qual era il problema?
«Ho sofferto tanto la distanza da casa. Venivo dal ciclocross, un ambiente più familiare e nel ciclismo su strada ho fatto fatica ad adattarmi. Poi i miei genitori mi hanno convinto a resistere, anche perché il mio d.s. diceva che sarei potuto andare lontano».
Cosa le mancava?
«Oltre alle persone, il mare. I primi anni i sacrifici sono veri, adesso non li vedo più come tali. Prima mi pesava non uscire al sabato con gli amici. Poi capisci che sono rinunce che fai per arrivare a un obiettivo».
È vero che lei è il cocco del d.s. Martinelli e che si arrabbia se i compagni dicono così?
(ride) «Sono sardo e quindi sono un po’ permaloso. Ma sto migliorando...».
La prima bici l’ha comprata coi suoi risparmi, è vero?
«Sì, ho messo da parte i soldi. Ho speso 1.100 euro e adesso corro con lo stesso costruttore».
Un corridore che ha fatto ciclocross cosa ha in più?
«L’abitudine alle temperature basse e alla neve. Mi torna utile anche qui al Giro, temo».
Un ciclista col diploma di liceo classico ha qualcosa in più?
«In questo mestiere, ma anche nella vita, la cosa più importante è avere la testa, riuscire a ragionare in certi momenti è più importante di avere buone gambe».
Un sardo in bicicletta cosa ha più degli altri?
«Siamo un po’ testardi e quando ci mettiamo in testa un obiettivo andiamo fino alla fine per cercare di realizzarlo».
Ritiro in altura fa rima con clausura, ma se lei ci va con la fidanzata non vale, le pare?
«Me la sono portata a Sestriere. Siamo assieme da ottobre, è una ragazza che mi ha dato tranquillità sotto tutti i punti di vista. Mi aiuta anche a curare l’alimentazione ma a volte le chiedo di comprarmi qualcosa di più calorico. Mi dicono sempre che sono un falso magro».
Lei è giovane e nessuno le chiede di vincere il Giro, ma sa anche che tutti adesso si chiedono se può vincerlo.
«Vivo alla giornata, ho tantissimo da imparare e ho delle persone a fianco che mi insegnano».
Ha detto di ispirarsi a Djokovic, ma anche a Federer e Nadal: non sono in contraddizione?
«Se devo scegliere, dico Nadal. Ma sono tutti grandi campioni che hanno fatto tanti sacrifici ed è questo che mi colpisce di più».
Proprio Nadal fece polemiche sui controlli antidoping al mattino. Che ne pensa?
«Siamo pagati per fare questo mestiere e se la regola dice che possono farceli alle 6 di mattina non c’è problema. È lavoro».
Ma è vero che rispetto a un tempo, in questo ciclismo i giovani hanno più possibilità di emergere?
«Faccio il mio esempio. Facendo delle rinunce, allenandosi bene, mangiando bene, si ottengono risultati. E questo è il fattore più bello, che ha migliorato il ciclismo».