Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 27/5/2014, 27 maggio 2014
LA FORZA IRRINUNCIABILE DELLA LETTERATURA
Tra le tante suggestioni che si ricavano dal libro di Marino Sinibaldi Un millimetro in là, intervista sulla cultura a cura di Giorgio Zanchini (Laterza), c’è solo l’imbarazzo della scelta. È un bel libro, una sorta di bilancio personale delle numerose esperienze di Sinibaldi, da bibliotecario a giovane militante politico (in Lotta Continua), a direttore di Radio RaiTre, dove ha fondato una rubrica quotidiana culturale di grande seguito e di eccellente qualità come «Fahrenheit». Ma anche un saggio critico sulla condizione attuale della cultura intesa nel senso più ampio. Personalmente, di questo libro-conversazione che spazia dalla letteratura all’invadenza digitale, ho apprezzato in particolare due o tre punti. Il primo è in apertura o quasi: «Io credo — dice Sinibaldi — che l’incidenza dell’economia sulla vita sia fortemente esagerata. Nel senso che una volta risolte le questioni minime di sicurezza del presente e del futuro, si dovrebbe pensare ad altro (…). Non sottovaluto certamente le condizioni materiali delle persone, ma penso alla cultura come lo strumento che le ridimensiona, le riduce: immagino il loro annullamento — se proprio devo immaginare qualcosa, immagino questo». Non c’è niente di snobistico nel pensiero di Sinibaldi, a cominciare dalla disponibilità per non dire fiducia verso la rivoluzione digitale e dalla preoccupazione costante di non cadere nell’equivoco passatista o nostalgico, più volte ribadita. Il secondo punto, che però mi pare quello centrale, tocca la rò mi pare quello centrale, tocca la questione annosa della lettura e dei libri al tempo di Internet, in sostanza il valore e il senso della letteratura, la sua imprescindibilità.
Dovuta a due elementi peculiari: «Io penso — dice Sinibaldi — che la cultura serva ad accrescere queste nostre potenzialità, ad allargare l’area della nostra coscienza, ad arricchire la nostra immaginazione, il nostro senso della possibilità, infine a immedesimarsi di più con gli altri». Sono due forze in tensione reciproca e persino in contraddi- zione apparente tra loro. La forza empatica ce la spiega bene lo scrittore israeliano David Grossman, che ne parla per di più da una condizione di guerra facendone una sorta di funzione sociale: «Quando abbiamo conosciuto l’altro dall’interno, da quel momento non possiamo più essere completamente indifferenti a lui. Ci risulterà difficile rinnegarlo del tutto. Fare come se fosse una “non persona”. Non potremo più rifuggire dalla sua sofferenza, dalla sua ragione, dalla sua storia. E forse diventeremo anche più indulgenti con i suoi errori». Dunque, una spinta centrifuga e una spinta centripeta: la lettura richiede una solitudine che libera la fantasia e insieme ti mette in contatto con il mondo, i personaggi, il passato, il presente e qualche volta il futuro. Rafforza e relativizza l’io. Ciò detto, i tedeschi della Repubblica di Weimar — ricorda Zanchini — erano il popolo che leggeva di più eppure non esitarono ad abbracciare il nazismo. Risposta: «Si può leggere anche male, e non sono in pochi a farlo, come dimostrano quasi sempre le classifiche dei bestseller (...). Ma se parliamo di immaginazione e immedesimazione, quello è il campo della letteratura, della grande letteratura. Molto dipende dai sensi che ogni linguaggio sollecita, da quelli che satura o lascia liberi».