Ivo Caizzi, Corriere della Sera 27/5/2014, 27 maggio 2014
E L’ITALIA PUNTA AGLI AFFARI ECONOMICI O ALL’ANTITRUST
DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES — Per l’Italia si apre l’opportunità di contare di più in Europa, non solo promuovendo politiche di rilancio della crescita e dell’occupazione, ma anche conquistando ruoli influenti nelle euronomine in arrivo. Questo perché il largo successo del premier Matteo Renzi alle elezioni europee ha reso il Pd il primo partito del gruppo socialista dell’Europarlamento. E ha liberato lo stesso Renzi dall’immagine in Europa di premier non eletto, a poco più di un mese dall’inizio del semestre di presidenza italiana del Consiglio dei governi Ue. Anche l’arretramento del presidente francese François Hollande e del premier britannico David Cameron, colpiti dall’avanzata dei movimenti euroscettici, può spostare a vantaggio dell’Italia i decisivi equilibri con Germania, Francia e Regno Unito, gli altri tre grandi Paesi membri, nelle trattative per decidere chi dovrà ricoprire i ruoli più influenti in Europa.
Renzi ha anticipato che l’Italia ha intenzione di scendere in campo già dal summit dei 28 capi di Stato e di governo in programma stasera a Bruxelles, dove si inizierà a parlare anche di euronomine. Punta a un confronto «impostato non solo sui nomi, ma su cosa vogliamo far fare».
L’Italia non può proporsi per la presidenza della Commissione europea e del Consiglio dei governi, avendo ottenuto già la super-poltrona della Bce con Mario Draghi. Può ottenere un portafoglio importante per il nuovo commissario Ue, che va scelto rapidamente per l’uscita anticipata di Antonio Tajani (eletto con Forza Italia a Strasburgo). Può poi candidare un eurodeputato del Pd o di Forza Italia per la presidenza dell’Europarlamento.
Tra i ruoli più ambiti nella Commissione europea spiccano gli Affari economici, che includono il controllo sulle politiche di bilancio nazionali, e l’Antitrust. Gli Esteri danno diritto allo stesso ruolo anche nel Consiglio dei governi. In ballo può entrare la presidenza dell’Eurogruppo dei ministri finanziari. A Palazzo Chigi fanno sapere che è presto per indicare un candidato. Il successo elettorale può aprire ulteriori riflessioni allontanando le logiche compensatorie e di «appartenenza» sospettate dietro i primi nomi trapelati sui giornali (da Massimo D’Alema ed Enrico Letta, «rottamati» politicamente dall’attuale premier, fino all’ex ministro Enzo Moavero o all’ex Bce Lorenzo Bini Smaghi). Renzi potrebbe preferire una soluzione bipartisan di più alto profilo, che rispetterebbe la sua promessa di mandare a Bruxelles «il meglio» dell’Italia.
Per la presidenza dell’Europarlamento il Pd può schierare il vicepresidente uscente Gianni Pittella, l’ex capogruppo David Sassoli o l’ex leader della Cgil Sergio Cofferati, che coagulerebbe il consenso delle componenti sindacali dei partiti eurosocialisti schierati per rilanciare la crescita e l’occupazione. Tajani può correre per Forza Italia.
L’agenda del summit ufficialmente prevede la valutazione del risultato elettorale, che dà il via alle solite trattative post-voto per le alleanze destinate a influenzare un po’ tutte le politiche e le decisioni prese a Bruxelles. La cancelliera tedesca Angela Merkel, che nelle europee ha consolidato la sua leadership in Germania, vuole imporre nell’Europarlamento una «grande coalizione» tra il suo centrodestra (Ppe) e i socialisti (S & D) sul modello del suo governo a Berlino. Il patto potrebbe essere allargato al terzo partito per numero di seggi, gli euroliberali, per ridimensionare ancora di più l’avanzata dei movimenti euroscettici. Questi accordi naturalmente condizionerebbero l’assegnazione delle europoltrone. Il leader dei liberali, l’ex premier belga Guy Verhofstadt, potrebbe così correre per uno dei due mandati in cui in genere viene divisa la presidenza dell’Europarlamento.