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 2014  maggio 26 Lunedì calendario

VINCE ALLA PANTANI ARU, CAMPIONCINO MARE E MONTI


Dove vinsero Hinault e Pantani, poi trionfatori nei loro rispettivi Giri d’Italia, ieri il mondo del ciclismo ha scoperto un futuro campione. Sul traguardo di Plan di Montecampione, dove osano le aquile, un uomo solo al comando. Si chiama Fabio Aru, 23 anni. Nel suo palmares non ci sono grandi risultati, anzi: fino a ieri non ce n’erano proprio, nei quasi 2 anni di professionismo. Eppure sulla salita finale della 15a tappa ha stroncato corridori che hanno vinto un Tour de France, come Evans, l’hanno sfiorato, come Quintana, o sono arrivati secondi alle Olimpiadi e al Giro, come Uran. Un’impresa che ha ricordato quella di Nibali (suo compagno di squadra nell’Astana, qui assente), l’anno scorso sulle Tre Cime di Lavaredo. Aru è ancora distante 2’24" dal suo sogno rosa e dal confermato leader Uran, ma da ieri non è più solo una promessa. Può essere la variabile impazzita di questo Giro, il black horse come fu alla stessa età Damiano Cunego, proprio 10 anni fa, perché in quest’ultima settimana ci sono ancora quattro arrivi in quota e tante salite lunghe, quelle che piacciono ad Aru.
«Vincere il Giro? - si schermisce lui -. Non ci penso, per me è già importante esserci». L’umiltà è il suo credo, forse perché col ciclismo cominciò tardi, a 15 anni, dopo tanto calcio e tennis anche a discreti livelli. «Ma usavo sempre la bici per spostarmi», a San Gavino Monreale, Medio Campidano, Sardegna. Poi le prime corse. «Nel weekend i miei genitori mi pagavano l’aereo per andare a gareggiare in Continente, appoggiandosi a una famiglia di Bologna che mi accompagnava. Ma la domenica sera tornavo in Sardegna, perché la mattina dopo c’era la scuola». Liceo classico, che gli ha lasciato buona cultura, letture impegnate e un motto di Orazio: «Carpe diem», cogli l’attimo. Come ha fatto ieri.
«Non sapevo come sarei andato, ho sentito che salivo bene e sono partito. Che emozione arrivare lassù da solo». Come Pantani. «Un fuoriclasse che emozionava le folle». Ma il suo idolo di oggi è un altro. «Contador, il migliore». Conobbe il Giro d’Italia nel 2005 alla tv, tappa sul Colle delle Finestre che consacrò in rosa Savoldelli. Poi lo ammirò come spettatore nel 2007, partenza dalla sua Sardegna. L’anno dopo lasciò l’isola per fare il corridore. «Sei anni a Palazzago e Ponte San Pietro, nel Bergamasco, ma mi mancava la Sardegna. Stavo ore al telefono con mamma, piangevo, fui sul punto di smettere e tornare a casa».
Invece ieri è diventato l’uomo nuovo del Giro. «Sacrifici? Non li chiamerei così. Farli è un piacere. E’ da novembre che preparo il Giro, non ho perso un giorno di allenamento. Ho fatto due periodi in altura sul Teide, un altro a Sestriere dove è venuta anche Valentina, la mia ragazza. Gli affetti sono la cosa più preziosa». Papà Alessandro è agricoltore, mamma Antonella insegna alla materna, il fratello Matteo studia al liceo classico. «Ma li sento spesso. E quando posso torno da loro in Sardegna». Sta a 40 km dal mare, la sua passione. «Non potrei farne a meno, mi piace molto anche andare a pesca». Sport di solitudine, come il ciclismo. Un corridore di montagna innamorato del mare. Come Pantani.

Giorgio Viberti, La Stampa 26/5/2014