Andrea Tarquini, Affari&Finanaza – la Repubblica 26/5/2014, 26 maggio 2014
JAIN, IL BANCHIERE INDIANO CHE PORTA GLI ARABI NELLA DEUTSCHE BANK “PRONTI AGLI STRESS TEST”
Berlino
Può far carriera volando, nelle grandi banche, chi sceglie il rischio come strategia. Ma come ogni scommessa, il rischio è pericoloso e non promette certezza del futuro. Questa è la storia di Anshu Jain, il cinquantunenne figlio d’un funzionario indiano di Jaipur, che talento e ambizioni, dagli studi in India agli Usa fino ad anni a Londra dove vive, hanno portato due anni fa a venire promosso co-presidente di Deutsche Bank. Insieme al tedesco Juergen Fitschen, certo, suo pari grado con una storia di carriera tutta in azienda, per rassicurare i piccoli azionisti più tradizionali e conservatori. Ma tra i due, uno, Jain appunto, appare più uguale (in chiaro: più potente) dell’altro. E in questi tempi duri per le banche tedesche, tra eurocrisi, nuove regole di capitalizzazione sicura (Basilea III) e stress test imminenti, in autunno in vista del lancio della sorveglianza centralizzata da parte della Banca centrale europea sui 124 principali istituti di credito dell’Eurozona, non è sempre detto che chi sta ai piani alti nei grattacieli di Francoforte sia da invidiare. L’ultima abile piroetta, Anshu Jain l’ha compiuta con lo spettacolare aumento di capitale, il secondo maggiore nella storia della banca che fu fondata ai tempi del Kaiser come supporto costitutivo dell’industrializzazione tedesca, e il terzo in meno di quattro anni, dopo quelli del 2010 e dell’anno scorso. Pochi giorni prima, proprio lui in persona aveva promesso il contrario. Aveva detto, citato dall’agenzia di stampa Dpa, da Spiegel online, Manager magazin online e dagli altri maggiori media tedeschi, che la “marcia della fame” a caccia di capitali era alla fine. Poi all’ultimo si era lasciato scappare, probabilmente non a caso, una piccola frase: la solidità del capitale deve essere prioritaria. Morale della favola, come le cronache degli ultimi giorni hanno raccontato: l’istituto delle nere torri gemelle di Francoforte ha lanciato un aumento di capitale per 8 miliardi. E si prepara a tentare di vendere altri 300 milioni di azioni sul mercato entro metà giugno, sempre che questa seconda operazione riesca. Cosa di cui non tutti gli osservatori nella metropoli finanziaria sul Meno sono sicuri. Dire una cosa e farne un’altra, assicurare che non si sarebbe andati a caccia di altra liquidità e poi procedere a un aumento di capitale così massiccio, non rafforza la credibilità del giovane supermanager indiano, come notava Manager Magazin all’indomani del colpo da otto miliardi. Ma forse proprio la sua spregiudicatezza è apprezzata, almeno da parte dei mercati. Spregiudicatezza tanto più evidente in questo caso, perché l’aumento di capitale come è noto ha portato in casa Deutsche Bank un ricchissimo alto esponente della famiglia regnante dell’emirato del Qatar, lo sceicco Hamad Bin Jassim Bin Jabor Al-Thani. Il quale, tramite la sua investment company Paramount Services, è diventato il maggior azionista singolo di Deutsche Bank, con una quota oltre il cinque per cento. Quota che potrebbe aumentare con l’operazione- atto secondo di emissione di 300 milioni di azioni. Lo sceicco è e resterà un socio determinante, ha detto Anshu Jain. Lo sbarco in Deutsche Bank fa parte, sicuramente, dell’assertiva strategia del piccolo, ricchissimo emirato del Golfo, così attivo sui mercati globali e sulla scena politica mediorientale e mondiale da impensierire la vicina potenza regionale, l’Arabia saudita. Ma questo è solo un dettaglio nella strategia di Anshu Jain. Il tranquillo padre di famiglia, che vive con la moglie Geetika (con cui è sposato da 25 anni, e da cui ha avuto due figli) nell’elegante zona londinese di Kensington, è peraltro un uomo che ha scelto di darsi discipline severe. E’ noto per il suo ascetismo. Adepto della religione del jainismo, è rigorosamente vegetariano, rifiuta ogni forma di violenza e non tocca mai un goccio d’alcol. Rigore imparato anche da mamma e papà. Ambuj e Shashi, che lo crebbero e lo educarono secondo principi molto tradizionali del ceto medio indiano, dalla casa della sua infanzia a Nizamuddin-West a sud di New Delhi, fino a Kabul dove il padre lavorò per lo Stato indiano e Anshu studiò in una buona scuola privata. Rigore, buoni studi, dall’università di Delhi all’Mba alla Isenberg School of Management del Massachusetts, poi la carriera. Investment banker negli Usa a Merrill Lynch, Anshu passò nel 1995 a Deutsche Bank. Vi lavorò a Londra dal 1995 al 2002, in quegli anni in cui la filiale londinese del primo istituto tedesco realizzò utili che (sommati per tutto il periodo sul Tamigi del nostro eroe) ammontano alla metà del totale degli utili 2005 di Deutsche. E nel 2012, quando il superbanchiere svizzero Josef Ackermann si è ritirato, è toccato ad Anshu, e a Fitschen, succedergli. E’ dunque un supermanager al timone da due anni, lo Anshu Jain che ha lanciato il maxi-aumento di capitale. Deciso sotto il pressing dei mercati e degli azionisti, senza poi convincere gli operatori (il giorno dell’annuncio il titolo Deutsche ha perso in Borsa tirandola giù), come se non bastassero altre accuse contro il giovane d’origini indiane. Da quelle di affari troppo a rischio e ora sotto inchiesta (inchiesta su molti istituti europei) per speculazioni ai margini della manipolazione del Libor, o investimenti speculativi che hanno creato grossi problemi di liquidità a clienti pubblici europei: per restare da noi, città come Milano, regioni come la Toscana. Fino ai problemi giudiziari della banca con gli eredi di Leo Kirch, e all’apparenza generale di una strategia che non porta da nessuna parte, nota Martin Hesse su Der Spiegel. È il principio della scommessa a rischio, appunto. Può riuscire, oppure no. Su un altro fronte, Deutsche Bank è prudente: non aumenta i dividendi. Ma il problema strutturale c’è tutto: la quota di capitale dell’istituto, prima dell’iniezione di 8 miliardi, era di appena il 9,5 per cento dei patrimoni a rischio, cioè crediti e titoli. Dopo l’aumento di capitale, è salita a un 11,8 per cento, cifra non eccelsa ma almeno giudicata molto migliore. E con un valore di Borsa di circa 30 miliardi di euro, Deutsche è ben al di sotto dei concorrenti anglosassoni. Come se non bastasse, continua a scommettere su una ripresa dell’investment banking (la specializzazione del nostro, dagli inizi della carriera) a livello internazionale. Una scommessa dall’esito quantomeno incerto, vista la situazione generale. Non importa, c’era troppa fretta di arrivare a un aumento di capitale prima che la pausa estiva contagiasse gli investitori. Perché proprio dall’estate comincerà il lungo, severo stress test dei controller ingaggiati dalla Banca centrale europea. L’operazione coinvolgerà appunto 124 banche europee, di cui 23 tedesche, e dovrà fornire garanzie o suggerire energiche misure di ricapitalizzazione in vista del varo della sorveglianza diretta da parte della Eurotower. E in vista dello stress test, le banche tedesche non appaiono davvero come primi della classe. Lo ha fatto chiaramente capire la BaFin, l’istituzione federale di sorveglianza finanziaria. In dichiarazioni pubbliche: “Per alcuni singoli istituti lo stress test sarà molto impegnativo e duro”, ha affermato Elke Koenig, la presidente di BaFin. Paradossale realtà: la prima potenza europea, fortissima nei comparti industriali e nelle eccellenze tecnologiche, non ha un settore bancario all’altezza dei suoi primati di export manifatturiero e di hi-tech. La boss di BaFin non chiama per nome le banche a rischio, ma lo Spiegel online ha accennato alla Hsh Nordbank e alla stessa Commerzbank, secondo istituto nazionale, che sull’onda della crisi del 2008-2009 fu salvata dall’intervento pubblico, e poi ha restituito gli aiuti. In questo senso, Ba-Fin ha accolto molto positivamente l’aumento di capitale di Deutsche Bank e l’arrivo del deus ex machina del Qatar. Ma i problemi, le debolezze strutturali degli istituti tedeschi – delle casse di risparmio e delle banche dei Bundeslaender, ma non solo – restano. Mentre la BaFin chiede loro anche più trasparenza in difesa dei consumatori. Auguri, mr.Jain, gli esami non finiscono mai. E il potere logora, anche se puoi goderti il week-end in famiglia e in meditazione a Kensington. Anshu Jain, copresidente della Deutsche Bank, che sta conducendo attraverso una laboriosa ricapitalizzazione, visto da Dariush Radpour.
Andrea Tarquini, Affari&Finanaza – la Repubblica 26/5/2014