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 2014  maggio 26 Lunedì calendario

LE DUE SORELLE

[Intervista ad Alba Rohrwacher] –

CANNES
È stata la prima persona che Alice ha chiamato appena saputo di aver vinto “un premio” e di dover tornare a Cannes: «Alba, vieni con me», le ha chiesto. Le sorelle Rohrwacher, regista una e attrice l’altra, hanno vissuto insieme l’attesa, la sorpresa, il trionfo a Cannes: il Grand Prix al loro film Le meraviglie.
«Un ricordo che porteremo con noi per tutta la vita», dice Alba il giorno dopo, a festa finita, in treno verso Firenze diretta su un nuovo set, mentre Alice è partita per Milano.
Alba, è stata un’emozione anche per lei questo premio?
«Sono ancora stordita. Come quando ricevi un regalo che non ti aspetti e ci metti un po’ a capire che cos’è. Maria Alexandra Lungu, la giovane attrice protagonista, è una ragazzina dura, forte. Quando ha visto per la prima volta il film a Cannes è stata come trafitta, piangeva a dirotto, attraversata da qualcosa che non riusciva decifrare. Ecco, vista da fuori al momento del premio, quella faccia era anche la mia. Perché vicino a me non c’era solo la regista con cui ho fatto il film ma una persona che è la mia vita».
Che hanno detto i vostri genitori?
«Stupore. Qualcosa di vivo e pieno di luce».
Cosa vuol dire per lei lavorare con sua sorella?
«Abbiamo girato vicino casa, a un’ora e mezza dai luoghi della nostra infanzia. Con la famiglia, gli amici, i paesani, che partecipavano ognuno a suo modo al film. Un set pieno di animali e bambini, faticoso e creativo».
Ha dato consigli ad Alice?
«Le ho dato il mio punto di vista».
Litigate?
«Siamo sorelle e tutti i rapporti forti, come il nostro, sono fatti di grande amore e grandi scontri. All’inizio non dovevo essere io il personaggio della madre nel film, poi mi ha voluto. Ci siamo dette, “vediamo che succede”. Temevamo che la relazione professionale entrando in quella personale potesse fare male al film. Invece no. Spero che lo rifaremo».
Tra voi ci sono solo due anni di distanza, 35 anni lei, 33 Alice. Che rapporto c’è tra voi?
«Ci siamo sempre sostenute. Nel lavoro e nella vita, anche da lontano. Ci compensiamo. Da ragazzina io ero quella sempre in azione, quella che ha fatto di più. In qualche modo più simile alla Gelsomina del film. Alice era quella più contemplativa. Poi con gli anni queste due caratteristiche si sono bilanciate. Lei è andata via di casa e ha fatto tante cose, io invece mi sono riavvicinata a quella casa da cui ero andata via prima di lei. Io sono stata in conflitto quando lei era in pace e lei è stata in guerra quando in pace ero io».
Ricorda un’avventura vissuta insieme?
«Ci piaceva andare in paese in bicicletta da sole. Dovevamo attraversare una pineta e poi la strada diventata asfaltata, fino a un grande incrocio che portava al paese. Io su una bicicletta davanti, Alice su quella dietro. Quando arrivavamo al punto del bosco che ci faceva più paura io le dicevo “svelta, fai la faccia brutta!”, e continuavamo la nostra marcia così, con le bocche storte, gli occhi bassi, trattenendo il fiato, pensando che nessuno avrebbe osato farci del male».
Come mai lo stesso amore per il cinema?
«Da ragazzine guardavamo poca tv. Soprattutto i film di Bud Spencer e Terence Hill, io tifavo Bud Spencer, Alice per Terence Hill. Siamo cresciute in campagna, nella cittadina più vicina, Orvieto, c’era un’unica sala. Il vero incontro con il cinema è stato negli ultimi anni di liceo. Andavamo a ogni rassegna o cineforum, senza pensare di poterci entrare dentro. E invece poi in una maniera forse istintiva, in qualche modo folle, l’approdo è stato lo stesso per entrambe. Io mi sono iscritta al Centro sperimentale, Alice lavorava alla radio, studiava sceneggiatura. È stato un percorso in parallelo, due strade diverse dalle quali però ci si poteva tenere d’occhio».
In che modo i vostri genitori vi hanno aiutato a diventare quel che siete oggi?
«La mia mamma e il mio babbo ci hanno lasciate libere di seguire quel che sentivamo, di sperimentare. Senza farci pressioni, solo stando a guardare e sostenendoci da lontano. Loro sono come le radici dentro di me e credo anche di Alice».
Che cosa è per lei Le meraviglie?
«Il film racconta quello che non c’è più. Che tutto finisce, che alle nostre spalle c’è un passato che non tornerà. Un sentimento struggente che altro non è che la vita, nella sua bellezza fugace e dolorosa».

Arianna Finos, la Repubblica 26/5/2014