Anais Ginori, la Repubblica 26/5/2014, 26 maggio 2014
SESSO E FOLLIA. LE CARTE SEGRETE DI FOUCAULT
Appunti su Seneca, frasi scritte e lasciate a metà, il dattiloscritto corretto de La cura di sé. Il fascicolo s’intitola: «Sur le bureau de Michel». All’interno, sono raccolti i documenti che Daniel Defert ha trovato sulla scrivania di Michel Foucault, il giorno della sua morte, il 25 giugno 1984, trent’anni fa. È solo una minima parte dei preziosi materiali che il compagno del filosofo francese ha custodito gelosamente finora, senza permettere a nessuno di consultarli. Oltre cento cartoni riempiti di note, manoscritti, bozze di progetti, pensieri in libertà, corsi o conferenze da preparare.
Per trent’anni questo tesoro è rimasto sepolto nel caveau di una banca parigina. Dai primi appunti su Nietzsche, scritti negli anni Cinquanta su un volantino del partito comunista, fino all’inedito Les Aveux de la Chair, quarto tomo di Storia della Sessualità , mai pubblicato. Un archivio composto da 37 mila fogli che ripercorre oltre quarant’anni di riflessione intellettuale.
«Quante sorprese si nascondono in questi cartoni? Non lo sappiamo neppure noi. È un tesoro inviolato, ancora tutto da esplorare», confessa Bruno Racine, presidente della Bibliothéque Nationale de France che ha appena acquisito l’archivio di Foucault e ne rivela i primi contenuti. Da qualche settimana i faldoni sono stati portati nella storica sede di rue Richelieu, proprio là dove il filosofo amava studiare e trascorrere i pomeriggi, divorando libri di ogni epoca, in quella “archeologia del sapere” che gli ha permesso di spaziare dalla psichiatria all’universo carcerario, dalle forme di soggettività alla “governamentalità”, dalla violenza politica alla sessualità. Quasi un terzo della fucina in cui Foucault ha perfezionato le sue basi teoriche è composta da note di lettura, parte integrante della sua riflessione storica e filosofica. Più che sintesi, sono rielaborazioni personali che scaturiscono dai testi consultati. «Foucault », osserva il presidente della Bnf, «partiva da un’idea, da un’architettura nuda, e costruiva l’edificio con citazioni e fonti bibliografiche, in una costante interazione tra la lettura e pensiero scritto».
L’intellettuale aveva un posto riservato nel Palais Mazarin. Non ha mai smesso di andarci, fino a pochi giorni prima di soccombere a una malattia innominabile e ancora sconosciuta — allora l’Aids si chiamava Lav — all’età di cinquantotto anni. «Era in qualche modo naturale che il suo archivio personale tornasse qui», commenta Racine, prima di ammettere che non è stata un’impresa facile. Il presidente della Bnf, che dal suo arrivo nell’istituzione nel 2007, ha lanciato un’agguerrita politica di acquisizioni, si è messo sulle tracce dell’archivio nel 2010. Ha dovuto prima di tutto superare la diffidenza di Daniel Defert. Dopo aver ereditato l’appartamento di rue de Vaugirard e i preziosi documenti che custodiva, il sociologo compagno dell’intellettuale, con il quale la relazione era iniziata negli anni Sessanta, ha aperto un contenzioso fiscale. All’epoca i diritti delle coppie omosessuali non erano riconosciuti ed equiparati a quelli di altre coppie. Deluso dall’atteggiamento dello Stato e di numerosi politici, Defert ha temporeggiato prima di trattare con le autorità pubbliche. Due anni fa, Racine è riuscito finalmente a ottenere che l’archivio di Foucault venisse dichiarato “tesoro nazionale”, un modo di ottenere sgravi fiscali per l’acquisto, evitando anche che i documenti finissero in mani straniere. Avvicinato da alcune università americane, Defert ha esitato tra diverse proposte, creando un’asta internazionale conclusa al prezzo di 3,8 milioni di euro. Gran parte della somma (oltre 3 milioni) è stata pagata da mecenati privati.
«La raccolta dei fondi è stata faticosa», ammette il presidente della Bnf, «ma per fortuna abbiamo incontrato persone che hanno capito il valore di questo fondo di documentazione». La conservatrice Marie-Odile Germain è stata subito incaricata di catalogare l’immenso archivio. «Ci vorrà tempo», annuncia, «anche se sappiamo di dover rispondere all’impazienza di ricercatori e specialisti che vorrebbero già poter consultare i documenti». Nel Palais Mazarin, la conservatrice mostra alcuni fogli della tesi su Follie e Déraison che Foucault ha sostenuto alla Sorbona nel 1961. Ci sono frammenti dei manoscritti di L’archeologia del sapere, Sorvegliare e punire , molti testi sulla letteratura e la pittura, un reportage del 1978 sulla rivoluzione iraniana, ma anche il progetto su La Chair et le Corps , poi abbandonato. Sono raccolti anche i testi preparatori dei corsi al Collège de France, nelle università straniere, tra cui le famose lectures a Berkeley, e una lezione a San Paolo del 1965 che ha gettato le basi per Le Parole e le Cose. Il confronto tra la riflessione orale di cui Foucault era maestro, finora supportata solo da registrazioni e trascrizioni, e quella scritta nella fase preparatoria sarà oggetto di studio.
«L’archivio permetterà non solo di osservare il lavoro in divenire ma anche di risalire alle fonti del pensiero di Foucault», spiega la conservatrice della Bnf. Tra i materiali arrivati alla Bibliothéque Nationale c’è anche una sorta di “diario intellettuale”: un quaderno a spirale in cui il filosofo annotava quotidianamente concetti e letture. Per alcuni studiosi, racconta Germain, è stato uno choc scoprire l’esistenza di questo archivio segreto, mai aperto alla ricerca. Foucault buttava quasi tutto ciò che non era destinato alla pubblicazione e così per anni si è creduto che non fosse rimasto nulla della sua documentazione privata. Prima di morire, il filosofo ha preteso che non ci fossero opere postume. Un diktat in parte aggirato negli ultimi anni con la raccolta dei corsi al Collège de France e di alcune interviste e conferenze.
Ma davanti alla mole di documenti appena riemersi il dilemma sul futuro dell’opera di Foucault si annuncia più spinoso, in particolare per il quarto tomo incompiuto di Storia della Sessualità . A complicare ulteriormente la vicenda, c’è il fatto che l’erede morale, detentore dei diritti di pubblicazione, non è Defert, ma la famiglia di Foucault.
«La nostra missione è solo conservare e aprire alla ricerca questo nuovo fondo di documentazione», precisa Racine che non avrà voce nell’eventuale pubblicazione degli inediti. Come per Guy Debord, il cui archivio è arrivato qualche anno fa alla Bnf, ci potrebbe essere presto una mostra commemorativa che permetta al pubblico di avvicinarsi ai pezzi più importanti dell’archivio. «La curiosità è tanta ma prima dobbiamo catalogare e mettere in sicurezza tutto il contenuto dei cartoni che abbiamo ricevuto», conclude il presidente della Bnf, che si accontenta per ora di poter celebrare il trentennale della morte del filosofo con il suo “ritorno a casa”, dando ai tanti specialisti che ancora oggi studiano e riscoprono il pensiero di Foucault una nuova miniera su cui riflettere.
Anais Ginori, la Repubblica 26/5/2014